INCONTRI/ELLISON quella del surrealismo, come è sembrato a qualche critico: forse la profonda consapevolezza delle deformazioni di una società in continuo mutamento mi ha portato agli stessi risultati. D'altra parte c'è stato tra l'Europa e gli Stati Uniti uno scambio culturale più rapido e più fluido di quanto non si sia inclini a credere. Pirandello, per esempio, è un'altra delle mie letture illuminanti. Quanto all'esistenzialismo l'ho scoperto attraverso Unamuno e Malraux, non attraverso Sartre. Credo di aver subito profondamente il fascino dei narratori russi dell'Ottocento perché la società che essi descrivono è una società in mutamento rapido, come l'America d'oggi. C'è stato un progresso nella condizione dei negri americani dall'epoca in cui cominciò a scrivere il suo romanza? La condizione umana dei negri è profondamente mutata dopo la fine della seconda guerra mondiale e le decisioni della Corte Suprema contro la segregazione hanno contribuito a incoraggiare le nostre speranze. Questo progresso reale, tuttavia, ha reso più urgente per i negri d'America lanecessità di decidere quali elementi della propria tradizione essi vogliano conservare, dato che, come gruppo culturale di minoranza, dovranno fatalmente affrontare una nuova fase della loro storia. Amio avviso, ci sono nel nostro patrimonio alcuni valori degni · di essere salvati, benché la loro origine risalga agli anni della schiavitù e il loro pieno sviluppo a quelli della pseudocittadinanza americana. Non intendo dire soltanto che la musica e la danza e il folklore non devono scomparire, ma che sarebbe bene che avessero nuovi sviluppi, che venissero compresi e tramandati per la loro ricchezza di valori umani, perché essi rappresentano il nostro tentativo di opporci a quella sistematica distruzione di valori che è inevitabile in ogni società democratica. Il Sud e Harlem mi sembra siano i due centri emotivi del suo romanza: pensa che esista una differenza effettiva nelle condizioni di vita che offrono al negro americano? Sì, direi che c'è una differenza di qualità di vita. Nel Sud il problema razziale si rispecchia drammaticamente nelle insegne dei bar, delle sale d'aspetto, quasi ovunque. I rapporti tra le due razze sono regolati da un minuzioso galateo che tende a sottolineare brutalmente l'inferiorità sociale e la presunta inferiorità umana della mia gente. La posizione morale che ispira questo rigido codice rappresenta un ostacolo insormontabile per quei bianchi che in altre circostanze non esiterebbero a esprimere simpatia per i negri, o a scegliere tra essi i propri amici: l'iniziativa personale si rivela in questo campo molto difficile. Nel Nord esiste la segregazione, è vero, ma è più facile dimenticarla. Harlem ha i suoi tuguri e la sua desolazione, ma il singolo negro aNew York si sente libero: esiste una legge contro la discrinùnazione nelle case e negli impieghi, e la coscienza sociale dei cittadini è naturalmente contraria all'oppressione illegale delle minoranze. Non si può dire, con questo, che il Nord abbia la coscienza a posto nei riguardi dei negri, ma l'uguaglianza è rispettata, mentre nel Sud si teme soltanto che un inevitabile processo storico porti a un sia pur minimo miglioramento delle condizioni dei negri. So che molti considerano Harlem un ghetto vero e proprio, ma qualche volta la vicinanza di abitazione è il risultato di una scelta naturale: personalmente io godo di questa vicinanza con la mia gente; in fondo riprodurre poeticamente il loro linguaggio quotidiano fa parte del mio lavoro. 36 E penso inoltre che la dispersione eccessiva possa col tempo distruggere le nostre virtù. Essere se stessi per volontà, non per forza, mi sembra la cosa migliore. In che senso il grande successo del suo romanza in America e in Europa ha influito sulla sua carriera letteraria? Mi è difficile dirlo. Credo che una delle ragioni per cui la critica si è occupata di me vada ricercata nelle preoccupazioni tematiche del romanzo: il problema della ricerca dell'identità, che ne costituisce il tema fondamentale, è profondamente sentito in America. Ma penso che, tutto sommato, questo interesse dei critici non abbia avuto influenza sul mio lavoro. Le difficoltà incontrate nello scrivere il secondo romanzo, ancora non finito, derivano più dalla natura della materia che ho scelto che dalle raccomandazioni dei critici. Non vorrei mai scrivere un brutto libro, ma il coraggio di continuare a scrivere non mi manca. Sono uno scrittore lento, ecco tutto, e scrivo meglio che posso. Quando cominciò a lavorare al primo romanza era sicuro che sarebbe stato pubblicato? Quale peso ha avuto lapubblicazione - il passaggio dal privato al pubblico - sul suo lavoro letterario? Ero sicuro che il mio primo romanzo sarebbe stato pub- blicato nella misura in cui può esserlo chi abbia in mano un contratto. Non avevo scritto fino allora che articoli e racconti, ma durante la guerra il futuro editore di Uomo invisibile mi diede un anticipo su un romanzo ancora non scritto. La pubblicazione ha sconvolto la tranquillità della mia vita privata rendendomi più difficile lavorare senza interruzioni. Mi ha costretto, inoltre, a difendermi dall'etichetta di portavoce dei negri americani che alcuni critici hanno insistito nell'accollarmi, mentre personalmente credo di non avere il diritto di parlare per nessun altro che per me stesso. La critica le è mai stata utile ? E che cosa pensa della critica contemporanea in America? Alcune critiche al romanzo mi furono utili, se non altro perché mi dimostrarono che ero riuscito a comunicare la mia visione dell'uomo, attraverso la rappresentazione di un'esperienza lirnitata, quella negra. Ma penso che critici e romanzieri si propongano obiettivi diversi. Io sono naturalmente contrario a quei critici che tentano di dettar legge agli artisti, e naturalmente sospettoso verso la critica in genere; pure mi ritrovo ad ammirare l'opera di un uomo come Edmund Wilson, che nel corso di lunghi anni - anni di profondi mutamenti politici e letterari - non ha mai perduto la sua originale consapevolezza delle fonti storiche e sociali deHa letteratura americana e ha sempre intrepidamente cercato di legare il presente alla storia del passato. Tra i critici della giovane generazione stimo Alfred Kazin e Richard Chase, tra gli "analitici" Kenneth Burke. Ma, a parte questi casi, ho la sensazione che la critica contemporanea sia impegnata nello sforzo di codificare il romanzo americano del passato, proprio mentre il romanzo del presente sta subendo un faticoso processo di metamorfosi. Come spiega il fatto di aver scritto un solo romanza in un mondo in cui i romanzi vengono prodotti a un ritmo vertiginoso, come se, per sopravvivere, uno scrittore dovesse pubblicare un libro dopo l'altro? È una domanda che mi sono posto anch'io e che, a dir il vero,
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