INCONTRI/ELLISON TUffl GLI INVISIBILI Incontro con Ralph Ellison a cura di Marisa Bulgheroni Le interviste con Ralph Ellison e James Balwin sono state fatte a New York nel 1959 e pubblicate in appendice a Il nuovo romanzo americano, 1945-1959, di M. Bulgheroni, Schwarz, Milano 1960 (N.d.r.). Ralph Ellison (Oklahoma City 1914) è l'autore di un capolavoro, ritenuto il più importante romanzo scritto da un nero americano sulla condizione dei neri americani (e, più in generale, su alcuni fondamentali aspetti del razzismo nel nostro tempo): Uomo invisibile ( 1952, ed. i tal. Einaudi 1956). Nipote di uno schiavo, appassionato di jazz, studente in una università per gente di colore, nella sua formazione fu determinante l'incontro con Richard Wright, l'autore di Ragazza negro, nel lavoro redazionale della rivista "New Challenge" alla fine degli anni Trenta. Il tema della "invisibilità" del nero ha avuto grande influenza nella formazione di una coscienza intellettuale nera. Dopo quel romanzo Ellison ha pubblicato solo una raccolta di saggi, Shadow andAct (1964), alcuni dei quali autobiografici, e qualche raro racconto, ma anche, di recente, un frammento del romanzo cui lavora da anni, And Hickman arrives. Alla fine degli anni Cinquanta risiedette per qualche tempo in Italia, a Roma. Come è giunto a scoprire la sua vocazione di scrittore? Ero scrittore prima ancora di scoprirlo. Ho sempre letto molto, e durante gli anni di scuola mi accorsi di avere un certo talento per la letteratura, ma studiavo musica- volevo fare il compositore - e non avevo conoscenze nell'ambiente intellettuale. La terra desolata fu per me una grande rivelazione, al tempo dell'università: per capire Eliot cominciai a leggere i critici che si erano occupati delle sue opere - da Wilson a I. A. Richards - e finii con l'interessarmi alla critica letteraria in genere, tanto da capire le ragioni _ela struttura della poesia e del romanzo moderni. Anni dopo, a New York, incontrai Richard Wright, che allora dirigeva "New Challenge". Wright mi chiese di scrivergli qualche recensione per la sua rivista e mi incoraggiò a tentare il racconto. Fu così che cominciai. L'idea del romanzo mi venne durante la guerra: scrissi il primo episodio quando tornai in America, nel '45, e lo finii soltanto nel '51. 34 Il fatto di essere negro ha avuto un 'influenza sulla sua formazione letteraria? Poiché ho esordito in un periodo culturale in cui si tendeva a dare grande rilievo, nell'opera d'arte, agli elementi mitici e ritualistici, la mia condizione di negro americano mi ha permesso di interpretare il nostro folklore alla luce delle nuove tendenze letterarie. Ma essere negro mi ha aiutato anche a scoprire i contrasti profondi della vita americana, la sua fondamentale ironia, e ha contribuito, negativamente, al formarsi della mia coscienza sociale. Avendo trascorso gli anni dell'adolescenza nel Sud-ovest e nel Sud, sono stato privato, naturalmente, in quanto negro, dei vantaggi di una buona preparazione culturale. In quale misura Uomo invisibile è autobiografico? Malgrado l'uso della prima persona, le vicende del protagonista differiscono dalle mie. Il romanzo è un tentativo di ricreare l'esperienza su un piano artistico. È difficile spiegare i metodi di trasposizione dei quali si serve la fantasia, ma io intendevo suggerire una visione nata dalla realtà attraverso una serie di episodi, o incidenti, organizzati artisticamente; proiettando l'esperienza personale in situazioni totalmente differenti, travisandola, mi proponevo di salvarne e di chiarirne il significato ultimo. Molti critici hanno identificato il partito comunista con la Fratellanza, senza margini di diversità, ma io volevo dire molto di più. Nel suo romanzo la condizione del negro americano è identificata, per la prima volta, con la condizione dell'uomo moderno nella civiltà industriale: questa identificazione è stata il risultato di un'operazione poetica, o piuttosto l'espressione letteraria di una protesta personale contro la segregazione? Di un'operazione poetica, direi. Perché io vedo nel problema della segregazione soltanto uno dei molti aspetti di un fenomeno piu vasto, e, benché ci sia indubbiamente nel romanzo un forte elemento di protesta, io volevo scrivere un'opera d'arte e non un libro polemico. Lo scrittore non può ignorare le ingiustizie della società in cui vive, ma la protesta più durevole e più valida è, a mio avviso, quella che si esprime nell'opera d'arte. Come è arrivato alla definizione di questa nuova "categoria", l'invisibilità? Cercavo un concetto che descrivesse l'impossibilità della comunicazione tra gli uomini e che al tempo stesso fosse un simbolo poetico della tensione razziale in America: lo scoprii semplice,- mente, non so come, ma per un'illuminazione, lavorando. E esperienza comune, nel Sud degli Stati Uniti, che una persona venga giudicata, e catalogata, non per quello che vale, per le sue qualità reali, ma per il colore della sua pelle, così come nel Nord si è catalogati in base agli abiti che si portano, o agli amici che si frequentano. L'uomo vero, carne.e ossa, si cela spesso dietro l'astrazione. Dall'osservazione di queste semplici realtà sono partito per arrivare alla categoria dell'invisibile. L'odissea dell'uomo invisibile-sempre ricacciato in se stesso - non sembra lasciare speranze nel rapporto tra l'individuo e la società. Si tratta di un'esagerazione drammatica, o di una sua convinzione?
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