l'autrice che parla di sé nella introduzione ai racconti, ripercorrendo brevemente la propria esperienza di indiana espatriata, prima inCanada poi negli Stati Uniti, dove scopre un senso diverso del suo essere straniera: "Ero passata dalla condizione di membro di una minoranza visibile ... a quella di immigrata, una fra i tanti. Da una posizione di privilegio, l'orgoglioso isolamento dell'espatrio ali' esuberanza dell'immigra-zione". La capacità dell'autrice di condividere il destino degli altri emigrati, di riconoscersi nei loro casi e di identificarsi nei vari personaggi è il maggiore elemento di forza delle sue storie, che spesso parlano in prima persona, con la voce ora sofferta ora alienata di donne, ragazzi, uomini, confusi nel loro senso di appartenenza: individui di una "nuova razza", come li definisce, includendo se stessa, lagiovane sposa di un dirigente industriale indiano inCalifornia, nel racconto intitolato Visitatori. Respingendo con garbo uno studente indiano appena arrivato che tenta di sedurla, Vinita gli spiega che in America bisogna comportarsi in maniera diversa, da "indiani moderni": "Qui non c'è posto per i sentimenti! Apparteniamo entrambi a una nuova razza, sperimentiamo sentimenti ignoti su nuovi campi di battaglia. Eppure dobbiamo piegarci ai vincoli del vecchio mondo". La sua è una filosofia pratica della vita basata sulla necessità continua degli immigrati di adattarsi alle circostanze comunque ostili del vivere sociale, per potere CONFRONTI godere la novità e il senso di libertà offerti dal "nuovo mondo". Bharati Mukherjee, che ha già pubblicato in America e in Inghilterra tre romanzi e due raccolte di racconti, si inserisce così a pieno titolo nella letteratura dell'emigrazione, quella letteratura che ha in Chiamalo sonno (1934) di Henry Roth una delle sue punte più alte. È infatti a questo romanzo che l'autrice si collega idealmente, dichiarando nell'introduzione di volerlo "aggiornare", e dedicando inoltre la raccolta a Bemard Malamud, altro grande scrittore ebreo americano. Non si tratta tuttavia solo di un collegamento formale, perché esso risulta evidente nella ripresa delle tematiche centrali di questo tipo di narrativa: l'opporsi e il sovrapporsi n:élla mente dei personaggi del passato al presente o del qui all'altrove, e nel confronto tra un tipo di immaginazione esuberante e orgogliosa e la cultura occidentale. Ne risulta un linguaggio ricco di interessanti commistioni, che bene si adatta al to"no tragicomico di molti racconti e che ricorda Malamud piuttosto che Naipaul, altro maestro ideale dell'autrice. Tali scelte formali e di contenuto si precisano nell'ampliamento di prospettiva della raccolta successiva The Middleman and Other Stories, del 1988, che le ha valso inUSA un importante premio letterario - il National Book Critics Circle Award - e del romanzo Jasmine, del 1990, l'avventura di sopravvivenza di una donna del terzo mondo, di prossima uscita presso Feltrinelli. Cisono ancora,gli eroici veni'anni. IncontroconCarloBrunie 11 Areapiccola" a cura di Goffredo Fofi Unpiccolo gruppo teatrale dlPerugia, "Area piccola", porta in giro per l'Italia in questi mesi un piccolo spettacolo, Degli eroici, che è tra le cose più vive che si possano vedere sulle nostre scene. Tra poesia e prosa, tra biologia e storia, tra contingente e generale -è una rappresentazione dei dilemmi, delle tensioni, delle aspirazioni di un'età della vita, con dati che possono essere di sempre e altri che sono proprio di questo tempo. Se ne apprezzano tante cose, ma soprattutto la capacità di restare "a mezz'aria", una leggerezza pensosa priva di superficialità e priva di volgarità, un movimento e un'azione che dicono alludono mostrano, e che non impongono. Oggi capita di vedere più spesso di quanto non accadesse in passato dei buoni spettacoli teatrali con un peso specifico più giusto, più necessario. Ma non capita mai di vedere degli spettacoli di e sui giovani, e quando capita sanno difalso, di scuola, di televisione, di isteria ripiegata o esibita. Degli eroici dà molto da sperare: è uno spettacolo di e sui giovani che della gioventù mostra e canta la parte d'anima più poetica e morale. Così abbiamo voluto incontrare e interrogare il regista e autore di Degli eroici e tre degli attori del gruppo (assenti Loredana Oddone e Michele Nucci). Come è nato questo spettacolo? Carlo Bruni. Degli eroici è nato da un incontro, e da quest'incontro sono scatmite due esigenze: Ja piima, l'approfondimento del mio lavoro d'attore, e la difficoltà per me di riuscire a farlo con altri, con la conseguenza di fingermi in qualche modo maestro, guida; la seconda, un'esigenza che potremmo dire poetica, nata dal bisogno e dalla difficoltà di comunicare con i ventenni, persone così vicine e nello stesso tempo così distanti, e dunque dalla constatazione che c'era una parte di me, di memoria, che si andava perdendo, la memoria dei miei vent'anni. È nato un laboratoiio durato pochi giorni, per esercizi tecnici di composizione che partivano da quell'esigenza, mentre quella poetica partiva da una frase di Carmelo Bene, dalla "nostalgia delle cose che non ebbero mai cominciamento". Su questi due temi ho raccolto l'interesse di una quindicina di persone che per dieci giorni hanno deciso di attribuirmi il ruolo di guida... Nel gruppo era già presente un sottogruppo, "Area piccola", quattro attori e un regista che è diventato collaboratore alla drammaturgia di Degli eroici, Luca Labari le, e poi una presenza femminile, Loredana Oddone. Nei nuovi racconti, Mukherjee estende il campo di indagine alle storie di immigrati provenienti da diversi paesi dell'Europa dell'Asia e dell'Africa in America, mostrando con autenticità di linguaggio e di sentimenti la condizione dolorosa di vite precarie, le difficoltà di assimilazione tra individui di diversi gruppi etnici, e il difficile processo di integrazione nella società americana. Senza alcuna concessione sentimentale, Mukherjee riesce ogni volta a mostrare in poche pagine una storia tipica del nostro tempo, in cui l'idea di nazione e di identità hanno assunto significati sfuggenti e sempre più problematici. La protagonista di uno dei racconti di The Middleman, A wife 's story, ad esempio, si trova in un teatro di Broadway in cui si rappresenta una commedia di David Mamet. È una donna emancipata, che ha lasciato il marito in India per prendere un dottorato in America, e qui gode di un senso di libertà finora sconosciuto. Ma le risate del pubblico per alcune insultanti battute sulle donne indiane le squarciano all'improvviso il velo della compiacenza facendole vedere nei facili stereotipi sull'indiano all'estero l'altra faccia del razzismo: "Non è Mamet che odio. È la tirannia del sogno americano che mi fa paura. Prima, non esisti. Poi diventi invisibile. Poi sei divertente. Poi sei disgustoso. Gli amici americani mi dicono che l'insulto è quasi "accettazione", eppure a tutto questo, ali' ambiguità della situazione postcoloniale, sente di preferire l'odio, l'odio puro e semplice, partigiano e brutale. Come hafunzionato il rapporto tra un trentenne, rappresentante di una generazione precisa, e un gruppo di ventenni? Ci sono state difficoltà particolari, problemi di supinità o contrasto? Degli eroici è uno spettacolo poco definibile, è sull'utopia, sull'adolescenza, sulla memoria, qualcosa a cavallo tra un passato che si conosce male e un futuro che non ha tinte definite, sulla difficoltà stessa di definirsi, sfuggente, eppure molto concreta nelle sue connotazioni psicologiche e nella sua esperienza. Francesco Rossetti. Le reazioni allo spettacolo sono state indicative, a seconda dell'età del pubblico. I trenta-trentacinquenni per esempio, è come se scopiissero allora la nostra generazione, ma sentendola anche molto distante dalla loro, per esempio quando affrontiamo il discorso sul passato, sugli anni Settanta, sulla politica e sul terrorismo ... È evidente che lo spettacolo doveva dar conto della nostro confusione, non solo di idee, ma anche emotiva, di desideri, di età; però va chiarito che non avevamo assolutamente l'intenzione di fare uno spettacolo generazionale, sulla nostra generazione, anche se poi è possibile leggerlo così. Bruni. All'inizio ho avuto il sospetto che i ventenni di oggi non rappresentassero quello che era il mio universo dei vent'anni, poi ho invece verificato che era possibile trovare con loro, nel gruppo, dei temi, delle esigenze, delle passioni, dei desideri in rapporto diretto con ciò che sentivo io dieci anni prima. Quanto alla confusione... io spero che dallo spettacolo emerga non solo la difficoltà del definirsi che è di un'età, ma anche il suo ribaltamento, l'esigenza di definire,
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