"sessuati" soprattutto bambini. Di Il ladro di bambini colpisce che egli, attento da sempre alle ragioni dell'infanzia e a quel "rimosso" fondamentale degli adulti che è l'infanzia, elabori, nel suo giro d'Jtalia da Nord a Sud, due grandi scene consecutive che preludono alla fine del viaggio e ne esplicitano il senso. L'una è grigia della normalità disastrata del nostro tempo e del nostro paese (la casa-ristorante incompiuta, in un paesaggio sconciato e in trasformazione furiosa, instancabile, distruttiva, con l' 01to assediato dalla strada, la natura daU'automobile,J' antico dal denaro, la dignità dalla volgarità) e ci mostra l'intervento di una banale, "normale" cattiveria, anche sollecitata dai media, degli abitanti -degli italiani - nei confronti dei bambini (cioè del futuro). Il mare è sul fondo, oltre la strada, e lo si immagina sporco, è sporco. L'altra scena è di vacanza, di pulizia. Il mare è bello, è il mare di sempre (cioè di una volta durata millenni), i sentimenti si sciolgono, il giovane carabiniere e la bambina che la madre prostituiva e il suo scontroso fratellino non si difendono più, si lasciano andare, ritrovano una infanzia di tutti, si capiscono, si vogliono bene. Anche l'arrivo delle due turiste CONFRONTI francesi -con quel che comporta di attrazione fisica non dichiarata con il protagonista - non disturba quest'armonia, conquistata lentamente nel corso del viaggio, non crea gelosie e paure. Ma contano i tre, nell'acqua e sulla spiaggia -come i quattro (gli sposi, il vecchio, il ragazzo) di L'Atalante di Vigo, o i cinque (la ragazzina, l'uomo, il negro, il prete, il vecchio) di Lajoven di Bufiuel, in uno spazio libero, ai margini della civiltà, la chiatta o l'isola - e il faticato accordo che si è creato tra loro. Senza sessualità, con amore: una strana famiglia che si sente vera, possibile, nuova, ma cheil mondo e la legge (l'Italia) non può accettare. Finisce male, Il ladro di bambini, questa famiglia ha chances molto minori di esistere che quella di Ombre e nebbia, e l'azzurra solarità dell'utopia ameliana non ha neanche gli spazi che questa civiltà concede alla piccola sacra famiglia in bianco nero e grigio, tuttavia più rispettosa dei canoni e della norma: l' adulto, l'adulta, il bambino hanno più possibilità, insieme, che due bambini e un adulto bambino che sanno ritrovare l'infanzia. La prima utopia è accettabile e attuabile, ma è piccola, minima; l'altra è inaccettabile, è sconfitta, e per questo forse, occorrerà ragionarne ancora e di più. Populismoamericano. Il vero cielo di Christopherlasch Filippo La Porta L'elogio vibrante della gente comune, degli strati infimi della piccola borghesia, che da noi evoca soprattutto ideologie ambigue o regressive, non è insolito nella migliore tradizione democratica americana. Un elogio del genere è il leit-motiv dell'ultimo libro di Christopher Lasch, The true and only heaven (che esce da Feltrinelli a fine aprile). Si tratta di una riflessione appassionata (legata ad un percorso molto personale) sul populismo americano dell'Ottocento, sulle sue critiche al progresso, sulla sua straordinaria (e poco nota) ricchezza etica, e sulla sua insospettata "attualità" rispetto alle questioni più urgenti del presente. Forse questaapologiadel populismo radicale e dell'uomo qualunque risulta sociologicamente meno plausibile della requisitoria contro l'ideologia "progressista", illusoria e pericolosa (un'etichetta assai ampia, che qui abbraccia sia i liberal che la destra reaganiana). Eppure il discorso di Lasch, che appartiene al genére da noi poco frequentato della storia delle idee conserva sempre un carattere di utile provocazione (per certi versi assimilabile al Pasolini "luterano"). The true and only heaven si presenta come un'avvincente carrellata teorica che parte dal Sei e Settecento, dalla traciizione liberale clasChristopher losch in uno foto di Ken HowKins (Archivio Feltrinelli). sica e da quella repubblicana ("virtù" come autorealizzazione, rifiuto del compromesso), da Locke (che paventava gli effetti collaterali della ricerca del benessere), dai puritani e calvinisti, per attraversare l'Ottocento, l'ambigua mitologia del West, Emerson e Carlyle (con la loro idea che l'essere umano non controlla il proprio destino), William James (che vedeva nell'inaridimento un pericolo ben maggiore che la superstizione), i movimenti sindacali di contadini, artigiani e piccoli proprietari, e arrivare così alla "disciplina contro il risentimento" di Niebuhr (tra teologia liberale e motivi ebraico-cristiani), alla non-violenza di Martin Luther King ( il peccato non semplice "ritardo della natura", progressivamente eliminabile, ma realtà perenne), ad una originale rilettura delle figure contrapposte di Kennedy e Oswald, fino al permissivismo di Benjamin Spock, alla controcultura, al femminismo e al dibattito sulla caduta dei "valori tradizionali". Uno studio meticoloso, ponderoso (più di 600 pagine), ma mai oziosamente accademico; una ricerca interdisciplinare (tra storia, sociologia e filosofia morale), corredata da dati statistici su classi sociali, fasce di reddito, indici occupazionali etc. (una scrupolosità ormai desueta presso i nostri sociologi moraleggianti). Lasch, con la sua consueta verve polemica ed il suo rigore intellettuale, contrappone quella che definisce la "sensibilità" populista sia alla miopia (e strumentalità) della destra, sia alla sterilità dottrinaria e alla stucchevole retorica della sinistra (in definitiva accomunate proprio dalla fede nel "progresso", che nascerebbe non dal millenarismo cristiano, ma dalla rivoluzione scientifica del Seicento). Contenuti e caratteri di fondo di questa sensibilità (anche definita "piccolo-borghese" in mancanza di un termine adeguato contro le nuove classi medie, contro lo snobismo e il paternalismo dei "liberali da limousine") . sono i seguenti: diffidenza per ogni visione progressista della storia e prossimità al senso comune (che sa bene come l'esperienza di sconfitta e di perdita costituisce il tessuto della vita quotidiana), critica alla tecnologia e tensione egualitaria (ed è proprio l' identificazione di democrazia e progress9 che impedisce di vedere come "il movimento democratico dell'Ottocento prese forma nell'opposizione all'innovazione"), un fondamentale riconoscimento del limite (la "virtù" intesa calvinisticamente, e contro l'interpretazione di Weber, come "gratitudine" dell'uomo e sua spontanea autolimitazione di fronte ad un potere trascendente), valori di fedeltà e lealtà, rispetto per l'abilità tecnica e per un elemento di "vocazione" legato al lavoro, conservatorismo sulle questioni morali (famiglia, antiabortismo) e opposizione alla produzione su grande scala, localismo e solidarietà di piccoli gruppi, affermazione della bellezza della vita senza negarne il carattere tragico, senso del destino, fastidio verso i media ( e la loro ossessione per tutto ciò che è giovane, affascinante, celebre, ricco e potente). Come si vede, un' "area" di sentimenti, idee e umori molto variegata e anche contraddittoria: lo stesso Lasch ne sottolinea opportu27
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