Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

DENTRO LA SCUOLA gnante, che contesta gli aspetti di potere insiti nel proprio ruolo, si poneva (talora la giovane età lo facilitava) come un "quasi pari", al massimo come un tecnico-esperto della materia e basta, rifiutando la parte del giudice. La motivazione allo studio, in ogni caso, non doveva nascere dalla ricerca del 6 o dalla paura del 5, ma dall'interesse autentico per gli argomenti studiati. In questa interpretazione del ruolo, accanto alle evidenti acquisizioni positive (la principale è un truismo: la scuola serve ad apprendere e si apprende meglio se lo si vuole liberamente) permane un modo riduttivo d'intendere la valutazione: identificata con il voto (il giudizio sommativo-ordinale) essa viene vista come causa della selezione classista operata dalla scuola. Se la si riduce a un voto che discrimina e seleziona, allora è da eliminare. Fra le tante conseguenze di questa impostazione vi è anche il fatto che agli studenti non vengono dati precisi riscontri di realtà rispetto a ciò che hanno fatto e sanno fare: un certo 6 in matematica può significare che A sa fare le equazioni di secondo grado; un altro 6 può significare che B non le sa fare affatto, ma si è impegnato molto ... Agli occhi degli studenti la presa di coscienza (sovente spiacevole, ma necessaria) delle proprie effettive capacità e performance si allontana e si sfuma. Il modello di riferimento sociale potrebbe essere quello dello psicologo o dell'assistente sociale (o un certo modo d'intenderli): chi si interessa ai tuoi problemi, ti aiuta nelle difficoltà, ti evita i traumi. I requisiti della buona valutazione sono due: dato che non può mai, per definizione, cissere "buona", essa è sempre cattiva, quindi deve essere assente. Questi tre modelli di insegnante-valutatore convivono tranquillamente nella scuola italiana d'oggi; senza volerne negare le evidenti differenze, vorrei mettere in evidenza quattro elementi di continuità e di somiglianza: a) la valutazione viene intesa come elemento esterno al vero e proprio processo di apprendimento: essa interviene quando questo è concluso; b) pertanto essa è, e non può essere altro che, sommati va: il giudizio finale su quanto gli studenti sanno e quanto no; c) la valutazione è, e non può che essere, un'operazione di ordinamento su una scala di gradini successivi, una graduatoria ordinale; chi usa cifre, chi ad esse oppone aggettivi, ma la sostanza non cambia; d) il momento della comunicazione del giudizio è sottovalutato e inteso in modo semplicistico: lo studente deve passivamente prendere nota dei voti (o giudizi) ricevuti. 4. Qualcosa può cambiare? Non è il caso, certo, di farsi illusioni: il clima della scuola italiana d'oggi evolve certo, ma in senso chiaramente restaurativo. D'altra parte ... d'altra parte da un lato non sono poche le situazioni locali in cui si cerca di lavorare bene, d'altro canto non costa nulla fare l' eserLATERRA cizio mentale di chiedersi quali condizioni dovrebbero darsi affinchè la valutazione potesse essere qualcosa di meglio di ciò che, nella grande maggioranza dei casi, è oggi. Alcuni segni sembrerebbero indicare che qualcosa si sta muovendo in direzione positiva. Sia nei nuovi materiali didattici che vanno comparendo sia in numerosi corsi d'aggiornamento attivamente richiesti dagli insegnanti, vediamo comparire esigenze pratiche e strumenti che sembrerebbero andare in direzione positiva: - tassonomie di obiettivi cognitivi a carattere trasversale-generale, che vorrebbero essere applicabili a tutte le materie; - la pratica della "task analysis", ossia della specificazione degli obiettivi in termini comportamentali e la loro accurata graduazione in termini di difficoltà crescente; - il diffondersi dell'accertamento dei livelli iniziali degli studenti, di prove strutturate e/o test oggettivi diversi dai tradizionali "compiti in classe"; - tecniche di misurazione dei risultati ottenuti dagli studenti spesso raffinate ed utili (come i sistemi per calcolare la distribuzione-dispersione dei risultati entro i1 gruppo-classe) . L'impatto di queste innovazioni tecniche sulle effettive abitudini didattiche dei docenti è tuttavia incredibilmente piccolo e riduttivo: è veramente notevole la proteiforme capacità della istituzione scolastica di sopravvivere e .. e: z ,.

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