Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

26 VISTA DALLA LUNA ~ t:: ::i tipici della scuola, rischiano forse di farci dimenticare il "buon senso"; - il buon senso, che ciascuno di noi più o meno ha in base alla propria esperienza di vita, sembrerebbe suggerire che la valutazione ha una precisa ragion d'essere: è un mezzo utile per far sì che chi deve imparare impari meglio: a più alti livelli, più agevolmente, più rapidamente, più - perché no? - piacevo]- mente. 3. Il ruolo sociale del docente-valutatore. Giudicare l'operato di un'altra persona senza esserne richiesti, senza un preciso rapporto d'intimità o di autorità istituzionale, è qualcosa che nella normale vita sociale non si fa certo con frequenza e "non sta bene" fare (e per ottimi motivi, non per formale etichetta). Eppure questo è ciò che l'insegnante deve fare spesso e che rende per molti la valutazione un momento delicato e imbarazzante. Vi sono però alcuni contesti sociali "forti" e "visibili" nei quali soggetti autorizzati producono giudizi sull'operato di altri soggetti: qui il giudizio può avvenire perché è inserito in un rappo110di ruoli ben individuato e precisato nei suoi scopi e nelle sue modalità di esercizio. Ora, il problema degli insegnanti in rapporto alla valutazione è in buona parte: in che ruolo mettersi? Che parte fare? Che tipo di relazione sociale istituire con la persona valutata? Ripercorrendo a grandi linee alcuni modi tipici di porsi come valutatori da parte dei docenti, che si sono storicamente succeduti negli anni (ma che di fatto risultano oggi compresenti), non è difficile vedere come gli insegnanti, per una sorta di mimesi implicita e inconfessata, abbiano finito per utilizzare come termine di paragone e modello alcuni ruoli istituzionali diversi dal proprio. - In principio era il "giudice severo ma giusto". Figura di docente-valutatore certamente familiare a tutti noi, incarna in qualche modo la tradizione (non ho nulla contro le tradizioni, sia chiaro) e fornisce valutazioni essenzialmente costituite da voti in decimi: giudizi sintetici (non analitico-descrittivi) su una scala ordinale, una sorta di classifica. Ma non è questo l'aspetto essenziale epeculiare. Inquesta accezione della valutazione non è così importante che essa sia esattissima, precisissima, in termini di osservazione-misurazione della prestazione, ciò che è decisivo è invece che essa sia "saggia" e "giusta", almeno in due sensi principali. Da un lato il docente si sforza di tenere conto, intuitivamente, di tutto ciò che è in qualche misura rilevante nella prova dello studente (impegno, progressi fatti, stile personale con cui ha lavorato, ecc.). Può fare ciò anche perché non valuta in base a rigide griglie preordinate di obiettivi, quindi è in qualche misura più ricettivo a prendere atto di una gamma di aspetti del comportamento dello studente ampia e comprensiva. D'altro canto questo insegnante cerca appunto di stabilire una classifica fra i diversi studenti che possa essere percepita come equanime e giusta: se Tizio ha fatto due errori e Caio tre, non darà 9 a Tizio e 6 a Caio. È un docente che giunge ai suoi giudizi sintetici pervia intuitiva, basata su un'esperienza di lavoro ampia e non codificata in modo preciso; non saprebbe, probabilmente, rendere del tutto espliciti i criteri valutativi seguiti, tanto i giudizi emessi gli sembrano ovvii ed evidenti. Il sapore dei suoi giudizi è, nel migliore dei casi (ove si tratti davvero di una persona saggia, che ha fatto tesoro della sua esperienza), quello di sentenze emesse da un oracolo insondabile ma che ci azzecca. Perché definisca come pertinenti certi obiettivi, che peso rispettivo dia ai vari tipi di prestazioni, con che criterio stabilisca la sufficienza, sono tutti elementi non chiari e non chiariti agli studenti. In compenso stabilisce classifiche abbastanza giuste, è un giusto mezzo tra "strettezza" e "larghezza" di voti, intuisce abbastanza bene le diverse caratteristiche dei diversi studenti. Il modello di riferimento sociale di questo insegnante è, così sembra, i I ruolo del giudice: il quale accerta e soppesa equanimamente colpe e meriti, prove ed attenuanti, ed infine assolve o condanna, premia o punisce. In questa accezione della valutazione i requisiti essenziali della buona valutazione sono due: che sia "saggia" e che sia "giusta". - Arriva poi il docimologo-misuratore. La ventata docimologico-curricolare che comincia a giungere in Italia all'inizio degli anni '60 mette in qualche modo in crisi il precedente modello ideale di docente-valutatore, muovendo alcune critiche e sollevando alcune esigenze: a) la valutazione intuitivaglobale è inevitabilmente soggettiva, impressionistica e in definitiva arbitraria: non "obiettiva", insomma; b) per valutare bisogna sapere cosa si valuta: essere in grado, prima delle prove, di precisare la lista degli obiettivi da raggiungere in termini osservativi ed operativi di prestazioni fornite. Basta con le fumosità inverificabili, tipo lo "spirito critico". Nasce così una nuova figura di docente-valutatore: il misuratore scientifico. In negativo, questo insegnante vede come il fumo negli occhi ogni riferimento a dizioni umanistico-spiritual-generiche di obiettivi (per es. "acquisizione di gusto per la lettura") ed ogni pericolosa mescolanza fra gli elementi interni dell'obiettivo cognitivo da misurare e problematiche psico-socio-affettive dello studente come persona complessiva (che non sfuggivano invece, in qualche misura, alla precedente figura). Non nega che questi aspetti esistano, ma non ritiene pertinente calcolarli in sede di valutazione. In questa accezione la valutazione è, infatti, essenzialmente· misurazione di una prestazione osservabile e osservata. Scrupoloso in massimo grado, non di rado questo modello di docente è assai impersonale nel rapporto valutativo: i giudizi non scaturiscono (come nel caso del "giudice") da lui come persona, promanano piuttosto dai dati di fatto obiettivi costituiti da una certa prestazione e dagli strumenti utilizzati perosservarla-misurarla. DENTRO LA SCUOLA In questa svolta sono presenti innegabili elementi di progresso: sacrosanta tutta la polemica contro l'impressionismo-soggettivismo valutativo; decisivo l'accento posto sull'esigenzadi esplicitare inmodoprecisogli obiettivi, il che fra il resto comporta un maggior controllo da parte degli studenti sulla valutazione ricevuta, i cui parametri divengono trasparenti e intersoggettivamente controllabili. Ma anche di regresso. Preoccupato com'è di espungere tutto ciò che non è osservabile né misurabile, questo insegnante rischia di non "vedere" due realtà essenziali; da un lato gli obiettivi non strettamente misurabili in ambito scolastico o non strettamente cognitivi; d'altro canto quegli aspetti delle performance degli studenti che interessano prestazioni o capacità non predefinite anteriormente alla prova. Fruitore entusiasta di test oggettivi, egli utilizza spesso scale di valutazione più raffinate e complesse: ma rimane il fatto che nella maggioranza dei casi i suoi giudizi permangono di natura ordinale, sintetica e sommativa. Non particolare importanza viene conferita al momento della comunicazione discorsiva allo studente: se la misura della prestazione è esatta, cos'altro vi sarebbe da dire? Il modello di riferimento sociale è i I ruolo dello scienziato (o meglio, una certa immagine vulgata di esso): scienza = osservazione empirica= obiettività= matematizzazione = certezza. È ciò su cui non si danno sterili discussioni fra opinioni diverse: "i fatti sono fatti". Due i requisiti essenziali della buona valutazione: deve essere "obiettiva" ed "esatta". -Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 compare una nuova figura di docente-valutatore, "l'amico che non ti stanga". Il sessantotto e gli anni che seguono pongono la valutazione scolastica al centro di critiche piuttosto pesanti: il voto viene indi viduato come strumento di discriminazione sociale (selezione scolastica = selezione di classe) e come mezzo per creare fra gli studenti un clima di competizione, sviandoli dall'interesse autentico per ciò che studiano. Compare una nuova figura di docente che - rispetto alla precedente - allarga di molto il ventaglio di dati cui si interessa: iI retroterra sociale e psicologico dello studente, i modi del suo inserimento sociale nel gruppo-classe, i suoi interessi e le sue motivazioni, l'impegno, i progressi fatti, e così via. Punta, per intenderci, su tutto ciò che può creare un interesse attivo per l'apprendimento. Posto di fronte agli espletamen!i valutativi, questo docente si trova in notevole imbarazzo e finisce per muoversi grosso modo nella seguente direzione: se i livelli richiesti sono stati raggiunti, bene; se non sono stati raggiunti ma lo studente ha fatto grossi progressi, bene lo stesso; se, pur mancando sia l'impegno che i progressi, l'allievo aveva però grossi "problemi personali", un "bene" d'incoraggiamento. Ciò che è chiaro è che non deve esservi selezione, o il minimo possibile. Nel rapporto con gli studenti questo inse-

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