DENTRO LA SCUOLA anzi, cerca di indurre il maestro a consentirgli di esercitarsi il più possibile, allo scopo di imparare meglio e più rapidamente. c) Analisi degli errori e delle inadeguatezze nelle prestazioni degli allievi. Commettere errori o comunque produrre prestazioni inadeguate è qualcosa che lo studente medio nella situazione scolastica media cerca di evitare in ogni modo, per un solo e semplice motivo: perché porta ad un cattivo voto. Poco male se la cosa avviene in un esercizio svolto a casa e non corretto; ma se si tratta di un compito in classe, allora son dolori. Dal lato degli insegnanti prevale la curiosa convinzione che la valutazione di una prova dello studente consista nel (e si riduca a) rilevare e sommare gli errori fatti: nessun errore = massimo dei voti, pochi errori = voto alto, molti errori = voto basso. Correzione degli errori e valutazione vengono facilmente ritenute sinonimi: e questo è abbastanza naturale in un ambiente in cui "gli allievi sono oggetto di attenzione solo quando devono essere criticati. Non esistono gli elogi e i riconoscimenti ..." Sia che l'errore venga solo rilevato, sia che venga anche corretto dal docente, allo studente non viene quasi mai chiesto di fare nulla, di compiere nessun tipo di lavoro sui propri errori: ci si aspetta che prenda nota di averli commessi e quindi (sembra così semplice) non li commetta più. Gli errori degli studenti sono però, nella conversazione informale-scherzosa fra insegnanti, materia di diletto e ricreazione: uno dei riti più diffusi (e meno descritti) della sala insegnanti, consiste proprio nel raccontarsi a vicenda le più colorite e buffe "castronerie" commesse dai propri studenti, quasi non fosse autodenigrazione ... Del tutto non diffusa fra i docenti l'idea che gli errori commessi dagli studenti abbiano una loro "logica razionale" da cui l' insegnante possa apprendere qualcosa di utile per insegnare più efficacemente. Nella situazione informale di apprendimento ad ogni passo, come si è visto, vengono svolte frequenti prove pratiche. Il maestro si aspetta come cosa ovvia che esse rivelino varie inadeguatezze: non si insegna a guidare l'auto a uno che sa già guidare benissimo. Ad ogni prova, pertanto, egli interviene per farle rilevare all'allievo: lo scopo non è quello di accumulare voti su un registro (che non c'è) bensì quello di indicare all'allievo in quale direzione concentrare la sua attenzione per migliorare, cercare insieme le cause dell'errore, mostrare per contrasto come dovrebbe essere la prestazione adeguata. In senso pieno l'errore è una risorsa che viene impiegata per imparare meglio: talvolta accade che sia il maestro stesso a "mimare" l'errore (per es. nello sci) , in modo tale da renderlo più visibile all'allievo e più facilmente superabile; altre volte l'allievo è invitato ad osservare con molta attenzione gli errori fatti. La stessa definizione di errore cambia rispetto all'accezione scolastica (risposta inesatta, conoscenza mancante, norma violata): qui si tratta di un "non sapere/non saper fare ancora qualcosa", di un tentativo approssimativo ma utile. Nessuno ha interesse ad occultare questi "non sapere ancora": essi sono infatti la ragion d'essere della situazione di insegnamento/ apprendimento in atto. d) Metodi di classificazione delle prestazioni e livello di sufficienza. Nella scuola, come è noto, i docenti hanno a disposizione dieci gradi su una scala ordinale; ma vi è chi (forse invidioso dei 31 gradi universitari) s'ingegna ad introdurre ulteriori e più sottili distinzioni (cinque e mezzo, sei meno meno, cinque più, ecc. ). Il giudizio su una prova scritta o orale si limita di solito al voto in decimi: ove la sufficienza è data dai 6/ 10. A quale standard di adeguatezza corrisponda il 6 non è però quasi mai chiaro: certi docenti danno la sufficienza solo se è stato risolto l' 85% degli esercizi, altri si limitano al 60%, altri fanno la media aritmetica dei risultati, altri vanno "a occhio". Gli studenti, per parte loro, imparano presto a distinguere prof. "stretti" e "larghi": essi, con questa distinzione, constatano un fatto, ma non per questo comprendono il criterio fondante dei due diversi metodi. Tutto questo sistema, nella sua abitudinarietà tramandata, sembra talmente ovvio ai più da far sì che non ci si ponga la domanda se sia anche efficace. Nella situazione informale di apprendimento una moltiplicazione di gradi valutativi è una complicazione del tutto inutile. Di solito il maestro usa tre tipi di apprezzamenti sulle prestazioni dell'allievo: inadeguato ("così non va"), accettabile ma non proprio brillante ("così comincia ad andare bene, ma devi ancora migliorare"), decisamente brillante ("così va bene; passiamo a qualcosa di più difficile"). Il giudizio è sempre discorsivo e, più che la scrupolosa esattezza della misurazione, importa invece la spiegazione del che cosa non è stato fatto bene, del motivo dell'errore, del che cosa dev'essere fatto per superare quell'errore. I livelli di sufficienza-adeguatezza sono di solito chiaramente legati a riscontri esterni (cosa sia guidare male e in modo pericoloso è abbastanza evidente, per es.). I progressi vengono sempre sottolineati con notevoli apprezzamenti; si viene spesso rimproverati quando l'errore è stupido o frutto di mancata concentrazione. e) Valutazione al termine del ciclo d'insegnamento. Gli scrutinii finali, con cui si conclude ritualmente l'anno scolastico, seguono un copione di regole ben precise (alcune fissate per legge, altre abitudinarie): è interessante notare come i "vizi di forma" in base a cui è possibile invalidare uno scrutinio (assenza di un docente, presenza di una persona che non è membro di diritto, mancanza di certe firme in certi posti, ecc. ) nulla hanno a che fare con gli aspetti sostanziali dell'efficacia delle decisioni prese; - vige la segretezza: i motivi in base ai quali i docenti hanno deciso di promuovere/ LATERRA 25 rimandare/respingere uno studente non devono essere resi noti allo stesso; - il "voto finale" di ogni materia viene perlopiù deciso sulla base della media dei voti conseguiti nei mesi precedenti: un 4 a febbraio, un 5/6 a marzo, un 5+ ad aprile, un 7+ a maggio, fanno, vediamo un po' ... - lo studente apprende gli esiti fiuali leggendo un tabellone affisso sui muri della scuola; in quel momento i docenti sono altrove; - un esito positivo comporta il diritto ad iscriversi alla classe successiva, uno negativo comporta il diritto a rifrequentare la stessa classe (ma il 50% circa degli studenti non lo fa); chi ripete due volte non può farlo una terza (nella stessa scuola). Nella situazione informale di apprendimento, come si è visto, di solito non vi è un vero e proprio momento formalizzato che conclude il periodo d'insegnamento: a un certo punto il maestro si rende conto che l'allievo ha raggiunto livelli adeguati e che la fase d'insegnamento vero e proprio può avere termine. A partire da quel momento l'allievo non ha certo raggiunto i massimi liveli i conseguibili: ciò che si riconosce è che è in grado di svolgere autonomamente quella attività, senza rischi per gli altri o per sé, producendo prestazioni mediamente ritenute accettabili nella vita sociale. La segretezza dei criteri di decisione e particolari formalismi non hanno senso alcuno in questi contesti. Se l'allievo apprende con difficoltà il periodo d'insegnamento potrà allungarsi molto (e viceversa); se è proprio "negato" (ma accade di rado) dopo un po' si lascia perdere. La "media dei voti", in questo contesto, farebbe solo ridere: al maestro non interessa far pesare all'allievo gli errori commessi nelle fasi iniziali o intermedie d'insegnamento; ciò che importa è vedere dove è arrivato adesso: se adesso risulta adeguatamente capace ed ha le conoscenze necessarie, non c'è altro da dire. Senza dubbio è vero che non tutte le condizioni proprie della situazione informale d'apprendimento sono riproducibili a scuola: quasi sempre si insegna a singoli individui (non a classi); di solito il maestro non ha potere formale ma solo l'autorevolezza conferitagli dalla sua esperienza; assai spesso l'allievo è un adulto, o comunque ha scelto liberamente di voler imparare. C'è però un 'ultima, lapalissiana, differenza da evidenziare: nelle normali circostanze della vita sociale i processi d'insegnamento riescono, hanno successo: i maestri riescono ad insegnare, gli allievi imparano davvero, e ciò è motivo di soddisfazione per entrambi. Nella scuola, invece, in un elevatissimo numero di casi, i processi d'insegnamento falliscono: ed accade non di rado che i docenti e le scuole che non riescono ad insegnare ad un elevato numero di studenti siano per ciò stesso ritenuti particolarmente seri e prestigiosi. Cosa ci suggerisce questo confronto? Per ora due "pulci nell'orecchio": - i riti, le norme, le abitudini mentali < ! = .. ;: .. e: z >
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