1 2 VISTA DALLA LUNA <!'. o::: o::: t:: <!'. ....:i assolutamente indifferenti. Facevano continue domande sulla tecnica della ribattitura e non davano pace ai capi: volevano provarsi personalmente in quel lavoro, che è, nel campo delle costruzioni, il più pericoloso, e il più remunerato. È difficile trovare chi sia disposto a farlo e ancor più chi sappia farlo, e ci sono momenti in cui non si dispone di un numero sufficiente di operai specializzati. Decidemmo dunque che sarebbe stato un vantaggio per tutti mettere alla prova gli indiani, ne scegliemmo alcuni, li addestrammo, e non tardammo a scoprire che indiani e chiodi erano fatti gli uni per gli altri. (...) Terminate leopere del Canadian PacificBridge, laD.B.C. . iniziò la costruzione di un ponte articolato noto come Soo Bridge, che, attraverso due canali e un fiume, congiunge le due città gemelle di Sault Ste. Marie, nell'Ontario, e Sault Ste. Mari e, nel Michigan. Ci vollero due anni a costruirlo. Il vecchio Jacobs, il patriarca della comunità, racconta che le squadre dei ribattitori passarono direttamente dalla costruzione del Canadian Pacific Bridge ai lavori del Soo Bridge e che ogni squadra portò con sé un apprendista.( ...) I ragazzi indiani fecero del Soo Bridge la loro università racconta il vecchio. Erano organizzati in modo che appena uno aveva superato brillantemente i I periodo dell'apprendistato, ne faceva venire un altro dalla riserva. E a furia di nuovi arrivi c'erano abbastanza uomini per formare una nuova squadra, tutta di indiani. ( ...) Questa strana proliferazione si ripeté a ogni nuovo lavoro: nel I 907 gli operai specializzati nella costruzione di ponti erano più di 70. Il 29 agosto del 1907, durante la costruzione del ponte di Quebec, che attraversa il San Lorenzo nove miglia a nord del centro della città, una arcata crollò uccidendo novantasei uomini, trentacinque dei quali erano Caughnawaga. (...) Tra il 1915 e i I 1916 un costruttore di ponti caughnawaga a nome John Diabo si avventurò fino a New York e trovò lavoro nelle opere dello Hell Gate Bridge (o Porta d'inferno). Era uno spettacolo curioso; lo chiamavano Joe l'indiano: ci sono due vecchi caposquadra che ancora lo ricordano. Lavorava da qualche mese con una squadra di irlandesi, quindi altri tre Caughnawaga lo raggiunsero e insieme formarono una squadra per conto proprio. Ma dopo qualche settimana di lavoro comune avvenne che Diabo mise il piede in fallo, camminando sul ponte pensile, cadde nel fiume e annegò. Era bravissimo e la mossa falsa che gli costò la vita rimase un mistero, tanto che un Caughnawaga, discutendone qualche tempo fa, diede questa spiegazione: Deve essergli capitato un fatto strano: ha inciampato in se stesso. Gli altri tre Caughnawaga ne riportarono le spoglie alla riserva e non fecero più ritorno. Secondo i ricordi dei vecchi della comunità, nessun altro Caughnawaga andò a lavorare a New York fin dopo il '20. Nel 1926, attratti dal ritmo vertiginoso dell'industria edilizia, tre o quattro squadre di Caughnawaga vennero al sud. Sempre secondo i vecchi, esse lavorarono dapprima al la costruzione del Fred F. French Building, poi al Graybar Building e al numero uno della quinta strada. Nel 1928 giunsero altre tre squadre che trovarono lavoro nella costruzione del George Washington Bridge. Negli anni '30, quando si iniziò la costruzione del più possente degli edifici in acciaio di tutto il paese, ossia il Rockefeller Center, altre sette squadre, se non più, di Caughnawaga raggiunsero New York. I componenti di queste varie squadre si iscrissero, al loro arrivo, alla filiale di Brooklyn del sindacato dell'acciaio, la International Associati on of Bridge, Structural and Ornamental lron Workers dell' American Federation of Labor. Perché scegliessero la filiale di Brooklyn e non quella di Manhattan, nessuno è in grado di ricordare. La sede della filiale di Brooklyn si trova in Atlantic Avenue, nell'isolato compreso tra Times Plaza e Third Avenue; i Caughnawaga cercarono alloggio in camere ammobiliate o in alberghi economici del quartiere di North Gowanus, a due passi dalla sede. All'inizio degli anni '30 qualcuno si fece raggiungere dalla famiglia trasferendosi in vecchie o nuove case d'affitto dello stesso quartiere. Durante la guerra l'afflusso dei Caughnawaga continuò. Molti dei nuovi venuti si iscrissero alla filiale di Manhattan, ma tutti si stabilirono a North Gowanus. (...) A New York i Caughnawaga lavorarono in genere per le grandi compagnie, la Bethlehem, l' American Bridge, la Lehig Structural Steel Company e la Harris Structural Steel Company. Tra le grandi strutture d'acciaio in città e nei dintorni, alle quali hanno lavorato in gran numero sono: il R.C.A. Building, il Cities Service Building, !'Empire State Building, il Daily News Building, il Chanin Building, la Banca del Manhattan Company Building, il City Bank Farmers Trust Building, il George Washington Bridge, il Bayonne Bridge, il Passaic River Bridge, il Triboough Bridge, lo Henry Hudson Bridge, il Little Gate Hell Bridge, il Bronx-Whiteston Bridge, il MarineParkwayBridge, il Pulasky Skyway, il West Side Highway, il Waldorf Astoria, la London Terrace e il Knickerbocker Village. (...) Decisi di andarmi a nascondere tra i boschetti del cimitero cattolico( ...) mi faccio strada tra i cardi e la gramigna e mi siedo sulla pietra della tomba di un mio zio, Miles Diabo, che era il grande specialista in urli di guerra della Ranch Wild West Show, e che morì di polmonite nel 19 I6 a Wheeling, in Virginia. Zio Miles fu uno degli ultimi indiani caughnawaga a lavorare in un circo. Mia madre è sepolta in quel cimitero, e mio padre, il vecchio Nazareth Diabo che conobbi appena. Lo chiamavano Nazzry. Fu uno dei pionieri della carpenteria in acciaio. Era quasi sempre via da casa e morì nel disastro, quella volta che il Quebec Bridge crollò. Centinaia di carpentieri sono sepolti là sotto. Quelli che caddero sul lavoro, non hanno pietre tombali; le loro tombe sono indicate da travi d'acciaio unite in forma di croce. E c'è una foresta di quelle croci lassù. ( ...) Gli operai che lavorano all'erezione di strutture d'acciaio, sia di ponti sia di edifici, sono divisi in tre specialità, i montatori, i carpentieri, i ribattitori. L'acciaio giunge sul luogo della messa in opera già tagliato e lavorato in forma di montanti, aste, e correnti: i montanti sono gli elementi verticali, mentre le aste e i correnti costituiscono la struttura orizzontale. Ogni pezzo presenta uno o più gruppi di fori per l'inserimento di bulloni e chiodi, ed è marcato con un segno convenzionale in gesso o vernice a indicare la sua esatta posizione nella struttura. Usando una gru o un paranco, i montatori sollevano i vari pezzi, li mettono in posizione e li uniscono l'uno all'altro inserendo in alcuni dei fori un certo numero di bulloni, che hanno funzione provvisoria. È questo il momento in cui intervengono i carpentieri che si dividono in appiombatori e bullonisti. Gli appiombatori congiungono i pezzi, dopo averli messi perfettamente a piombo mediante controvenature e saettature. I bullonisti inseriscono altri bulloni provvisori. Interviene quindi la squadra dei ribattitori; la squadra dei montatori e quella dei carpentieri danno lavoro a più squadre di ribattitori. Ognuna di queste ultime è costituita da quattro uomini, il primo arroventa il chiodo, il secondo lo inserisce, il terzo lo tiene in sede, il quarto lo ribatte. L'addetto alla forgia stende sulle travi alcune tavole di legno, costruendo così una specie di piattaforma d'appoggio per il fornello portatile a carbone nel quale arroventa i chiodi. Gli altri tre uomini sospendono con funi un'impalcatura di legno alle strutture a cui devono lavorare. Normalmente il ponte pensile è formato da sei tavole due per dieci, tre per parte, così che vi è a mala pena lo spazio per lavorare: un passo falso e buona notte ai suonatori. I tre uomini si calano con i loro attrezzi e si sistemano sul ponte pensile; di solito l'inseritore e il battitore prendono posto da un lato, mentre il ribattitore sta in piedi o in ginocchio dall'altro. L'addetto alla forgia afferra con le sue pinze il chiodo rovente e lo lancia all'inseritore che lo raccoglie al volo in un recipiente metallico. A questo stadio della lavorazione il chiodo ha la forma di un fungo con una grossa testa ed un gambo. Nel frattempo il bullonista ha svitato ed estratto uno dei bulloni provvisori di giunzione. L'inseritore toglie con le pinze il chiodo dal recipiente e lo infila nel foro spingendolo fino a che la testa non aderisca al piano della struttura d'acciaio e i I gambo non sporga dalla parte opposta, dove è il ribattitore. L' inseritore a questo punto ha compiuto il suo lavoro. Il bullonista applica allora alla testa un controstampo che ne assicuri l'aderenza. Ed ecco che il ribattitore preme la testa a calotta del martello pneumatico contro il gambo sporgente del chiodo che è ancora rovente e malleabile, e lo mette in azione sagomando il chiodo a foggia di capocchia. Questa operazione viene ripetuta finché in ogni foro accessibile all'impalcatura non sia stato inserito e ribattuto un chiodo. Poi il ponte pensile viene spostato, mentre la piattaforma su cui lavora l'uomo alla forgia rimane nello stesso posto fino a che il lavoro nel raggio di trenta o quaranta piedi non sia finito. Gli uomini sul ponte pensi le conoscono ognuno la specialità dell'altro e sono interscambiabili; il lavoro del ribattitore è estenuante, sfibrante, spesso qualcuno dei compagni gli dà il cambio. Prima dell'invenzione del martello pneumatico il ribattitore usava due strumenti: uno stampo a forma di coppa e un mazzuolo di ferro; applicava lo stampo al gambo del chiodo rovente e lo ribatteva con il mazzuolo finché non l'aveva forgiato in una seconda testa.( ...)
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