MA NON È UNA COSA SERIA Incontro con Augusto Monterroso a cura di Josefina e lgnacio Solares e di Elda Peralta traduzione di Elena Liverani L'opera di Augusto Monterroso, guatemalteco resident~ in Messico, nato nel 1921, rappresenta una delle più alte espressioni della narrati va latinoamericana. La prosa intransigente, concisa, trasparente, lontana da qualsiasi eccesso ed euforia verbale; la densità concettuale, la polisemanticità che rendono indispensabile una lettura ripetuta e attenta; ]'irrinunciabile rigore morale e la severità d'analisi offrono la misura di questo fustigatore della stupidità umana, partecipe e non impietoso. Lontano dal tropicalismo, dalla vivace ei;uberanza narrativa e dall'ampiamente vulgato realismo magico latinoamericano, Monterroso ha scelto di operare sulla linea complementare del barocchismo letterario, facendo così della brevità, dell'incisività delle riflessioni, dell'ironia, del gustoper ilparadossoe laparodia i suoi stilemicaratteristici. Tale vena umoristica, sul cui registro Monterroso organizza tutte le sue storie e che ha fatto la sua fama, rischia di essere un topico fuorviante e generalizzatore in quanto l'umorismo monterrosiano non consente al lettore di liberare la risata catartica: nasce come realismo portato al1'estremo·ed è pertanto potenzialmente autodistruttivo. Garcfa Marquez sostiene che Monterroso vada letto "con le mani in alto: la sua pericolosità si fonda sulla sa~gezza dissimulata e sulla bellezza mortale della mancanza di serietà". E, tuttavia, un atteggiamento non violento, benevolo e mai sterilmente sarcastico, più indulgente che cinico. Comica per Monterroso è la vita stessa, copione di falliti tentativi di sottrarsi alla stupidità. Una prosa dunque scevra da sentimentalismi, che rifugge solennità e moralismo, ma non per questo frutto di sadico accadimento: dietro la voluta intransigenza con cui ogni pagina è ridotta alla struttura ossea, c'è un'intensa partecipazione, nutrita anche dall'indignazione di esule politico (dal 1954), di cittadino angosciato dal ciclico perpetuarsi di inaccettabili condizioni di vita per i popoli del suo continente. Col lettore Monterroso cerca costantemente di stabilire un dialogo, un contatto empatico: citazioni, allusioni, luoghi comuni, detti, lemmi, epigrammi, autentici e apocrifi, profusi qua e là rii:nandanoall'esperienza di fruitori di una cultura comune. E con gli anni, si accentua sempre di più questa valenza metaletteraria. Monterroso ha ecletticamente affrontato diversi generi mistificandoli, fondendoli e ricreandoli con l'impronta inconfondibile del suo stile terso. Dopo il folgorante esordio nel 1952 coi racconti di Opere complete (e altri racconti),· paradigmatici per la sconcertante ironia in cui si stemperano frustrazioni e sconfitte, Monterroso passa al bestiario con gli apologhi di taglio classico di la pecora nera e altre favole ( 1969; trad. it. Sellerio, 1980), dove trovano spazio il sovvertimento della morale basata su luoghi comuni e una lucida e arguta analisi del comportamento umano nella sua banalità quotidiana. Con Movimento perpetuo ( 1972) si arriva alla relativizzazione estrema, all'impossibilità di ascrivere a un genere letterario concreto l'opera, audace esempio di arte combinatoria: "Il saggio del racconto del poema della vita è un movimento perpetuo". Il resto è silenzio (1978) è la biografia a più voci dell'erudito Eduardo Torres, personaggio fittizio vissuto e sentito come reale nell'immaginario collettivo dei lettori di Monterroso, che dietro a• lui si è celato proiettando, in un sottilissimo gioco tra verosimiglianza e inattendibilità, ansie e timori della classe intellettuale. In la parola magica (1983) e la lettera e ( 1987) Monterroso riversa le sue riflessioni a tutto campo; quelle di ordine letterario trovano un valido compendio in Viaggio al centro della favola ( 1981) - raccolta di interviste da cui sono tratte le due che l'autore - timido, schivo e pertanto desideroso che non gliene venisse inflitta una nuova - ha consigliato di tradurre. È imminente la pubblicazione di varie opere in italiano, che offriranno la possibilità di familiarizzare con una voce ·unica, in un viaggio letterario fecondo e affascinante. (Danilo Manera) Secondo Lei, la letteratura adempie un fine sociale, politico? La letteratura è un prodotto sociale e a volte si propone di avere un fine politico. Dobbiamo comunque partire dal · presupposto che la letteratura di per sé non ha utilità alcuna, né, tanto meno, serve a trasformar e qualcosa, Foto di Giovanni Giovonnetti !Effige) sempre ammesso che qualche scrittore si proponga sinceramente di cambiare qualcosa, si tratti della società o dell'uomo. La trasformazione dell'uomo è troppo problematica per poter essere affrontata qui; per quanto riguarda la società, modificarla è compito di quanti, politici o uomini d'azione, possono tradurre le idee in pratica. La letteratura propriamente detta (la poesia, il romanzo, il racconto, questo genere di cose) è tanto innocua da poter persino diventare dannosa; è l'oppio della classe media e, come il cinema, è una fabbrica di sogni; di rappresentazioni campate in aria. Non so perché goda di tanto prestigio, né perché si chieda agli scrittori, e in molti casi si pretenda da loro, di scrivere romanzi come editoriali o poemi che facciano cadert: dittature. Un altro discorso è se il romanziere, il poeta o il saggista lo vogliono fare, convinti che, come si suol dire, (e proseguo col tono colloquiale che ho usato finora) sognare non costa nulla. Per esempio, la prolifer~zione negli Stati Uniti di libri violenti, di libri di protesta (otto o dieci best seller all'anno) fa sì che la gente, leggendoli, si immagini di partecipare all'azione. Ma è più efficace che un giovane rompa o bruci la cartolina di chiamata alle armi, piuttosto che leggere, o addirittura scrivere, questi otto libri. Se qu_esti libri e i milioni di dischi con canzoni di protesta venissero proibiti e dovessero essere letti o ascoltati in qualche specie di catacomba, allora servirebbero a qualcosa. L'illusione che si vada avanti a forza di canzoni che dicono che si va avanti camminando, è nefasta. D'altronde ogni classe ha.l'oppio che si merita. È possibile separare l'atteggiamento politico di uno scrittore dalla sua creazione letteraria? No, non è possibile. Già sappiamo che ogni atteggiamento è di per sé politico. Ovviamente, le modalità sono molteplici. Per 73
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