I personaggi di bambini e adolescenti hanno un posto importante nel tuo cinema, alcuni film li hanno a protagonisti. L 'infanziaèforse il rimossoper eccellenza, lecuiferitecontinuano a influire sul destino adulto. Di dove nasce il tuo interesse per l'infanzia, quanto vi è in esso di "teorico", di "sociale"? Niente di premeditato, niente di più lontano dal sadismo edificante del cinema sui "problemi" dell'infanzia o da qualunque appello al telefono azzurro. Il protagonista vero è sempre l'adulto, spesso il bambino è la maschera dell'adulto non cresciuto, comunque più duro e intransigente dell'adulto, meno disposto a patteggiare. Direi che bambini e ragazzi sono specchi più o meno deformati dell'adulto che hanno di fronte, penso addirittura che lo spettatore bambino o adolescente faccia fatica a riconoscervisi. In Porte aperte ho avuto bisogno. per raccontare meglio i due personaggi del giudice e dell'assassino, di dar loro due figli molto piccoli, di metterli a confronto. Sono le parti del film che preferisco. Tu hai insegnato al Centro Sperimentale, ti sei assunto la responsabilità di "educare" dei giovani. Cosa pensi che . bisognerebbe consigliare a un giovane che voglia fare cinema oggi? Ci sono giovani registi che apprezzi particolarmente? · La regia è una cosa che s'impara ma che non s'insegna. Guai ali' aspirante regista che si metta nella condizione di "ricevere" anche una semplice informazione da qualcun altro. Il regista deve _lui stesso chi_edere, interrogare, incuriosirsi, rubare quand'è il caso. Invece per forza _dicose in una scuola c'è quel tanto di passività da parte dell'allievo che si finisce per fargli pi~ male che bene. Perciò ho "insegnato" il meno possibile. Ho cercato di non farli accontentare della tecnica, di diffidarne, perché spesso la tecnica è una trappola, è la morte dell'espressione. Ed è facilissima da imparare, i giovani da questo lato sono bravissimi. Ho cercato di accostarli piuttosto al linguaggio che è sempre in movimento, sempre inafferrabile e sempre significativo anche nel cosiddetto film "commerciale". Ho imparato col tempo a non separare il cosiddetto cinema d'autore dall'altro definito di consumo, ma piuttosto a rièonoscere -il cinema furbo, ammiccante, ipocrita, anche se tecnicamente e spettacolarmente "riuscito". A un giovane regista poi consiglierei qualunque antidpto contro il cinismo, malattia molto diffusa in Italia e che, cinematograficamente parlando, dà frutti aberranti. Di giovani ce ne sono parecchi interessanti. Per restare ai debutti, aspetto con molto interesse quelli di Martone e di Aurelio Grimaldi. Gli attori sono in Italia poco duttili, salvo forse gli ignoti, i marginali. Come lavori con loro? · È importante scegliere l'attore giusto per quel dato ruolo. Dopo è tutto più facile, si possono convertire in pregi, anche i suoi eventuali difetti. Altro esempio: lavorare sull'attore e non solo sul personaggio, cioè partire sempre dall'attore, dal suo modo di essere come persona, e fare in modo che il personaggio si avvicini all'attore e non il contrario.L'eccesso di composizione, la "bravura mostruosa" in genere mi mettono a disagio e a quel punto cerco sempre un elemento che scomponga, che prenda in contropiede, per far nascere qualche sorpresa sullo schermo. · La società italiana di questi anni ha il cinema che si merita INCONTRI/ AMELIO ridanciano, superficiale,· televisivo. Il tuo se ne distaçca radicalmente, e quello di pochi altri. Hai pensato di lavorare altrove che in Italia? Direi che il cinema oggi soffre degli stessi mali dappertutto. . Il ruolo stesso del cinema è can;ibiato completamente ovunque, è un'altra cosa rispetto agli anni in cui ci siamo formati. Chi non è vissuto prima della televisione non conosce la bellezza del cinema, verrebbe da dire. Ma forse non è del tutto vero. Negli ultimi -anni è accaduta una rivoluzione totale, sconvolgente per chi vive ancora nel mito dèlla sala cinematografica. Le videocassette, i laserdisc, la possibilità di tenersi un film nello scaffale, come un libro, come la musica, hanno modificato inesorabilmente il nostro modo di essere spettatori. E il "film" ha perso molto della sua vecchia idèntità, del suo blasone. Il cinema sembra in effetti meno importante di una volta, magari lo è per noi che continuiamo a credere nella sua "centralità", lo è molto meno per il pubblico, che ormai segue altri stimoli o altri surrogati. Cercando un margine di sopravvivenza nel mercato, è chiaro che fare cinema ha ancora un senso proprio oggi e proprio in Italia, magari con le opportune distanze. Per quanto mi riguarda penso che nel futuro immediato non cercherò nemmeno più l'alibi del film in costume. Se tutto va bene, farò un film proprio sull'Italia di oggi. Ambientandolo tutto in Albania. Mensileplurale. 67
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==