Linea d'ombra - anno X - n. 70 - aprile 1992

INCONTRI/ AMELIO Gian Maria Valanté in Porle Apert~ (fata di scena di Umberta Mantirali) Enrica La Versa e Valentina Scabici in Illadrodi bambini (fata di scena di Claudia ·rannane). · Valentina Scabici e Gianni Ameliò sul set di Illadrodi bambini. 66 televisionè. E proponga una specie di valore aggiunto, un coefficiente diverso. Però a me sembra che questo "di più" ,· bisogna farselo suggerire dalle cose, al di fuori diOgnipregiudizio o condizionamento formale. Questo significa privilegiare l'aspetto documentaristico del cinema. Bisogna intendersi sul termine "documentario". Non c'è niente che documenti meno di certe riprese fatte dal vivo nei telegiornali, tanto per fare un esempio. Penso invece a un certo modo di guardare e proporre la realtà passando magari per il massimo dell'invenzione. Murnau. ha fatto grandissimi "documentari" anch_egirando film molto scritti e ri_cchidi plot come Aurora. Rossellini ha fatto, secondo me, i suoi più grandi documentari non con le produzioni televisive dell'ultimo periodo, ma con Viaggio in Italia o Europa '51. È straordinario quello che ha detto Renoir. La realtà che si rappresenta con la macchina da presa va protetta il.piùpossibile dalla realtà vera, ma nel momento di filmare bisogna fare in modo che, casualmente; si dimentichi aperta una finestra, in modo che possa sempre entrare qualcosa capace di sconvolgere quello che avevi previsto. Il vero linguaggio del cinema nasce momento per momento e sono sempre le cose a suggerirlo. Ciò non toglie che il lavoro maggiore vada fatto prima, in fase di progetto, lavorando per esclusione piuttosto che per accumulo, tenendo fermo un sentimento, un'idea, che le contaminazioni successive potranno semmai arricchire, non cancellare. Una volta, al Centro Sperimentale, mi venne da dire che la regia è un iceberg, che il set, le riprese, sono la parte emersa, visibile. Chi sa che non sia vero. La tradizione del cinema detto politico non ti appartiene; anche se sei entrato nel "genere" (uno dei due generi portanti del cinema italiano insieme alfilone comico o di commedia) con due film come Colpire al cuore, che parlava in prima istanza del terrorismo e con Porte aperte t!atto da Sciascia e sul tema della pena di morte, negli anni del fascismo, in un luogo canonico del cinema politico com'è la Sicilia. Come hai cercato di "entrare" nel genere e di piegarlo alle tue esigenze? In effetti non mi sono mai posto il problema, e penso che i due film citati in quel "genere" entrino un po' di straforo; Colpire al cuore soprattutto, che ha in primo piano un conflitto più sottile, ed è un film più personale dell'altro, un mio soggetto, una mia scelta. Raccontava un mio disagio di quel momento e il terrorismo era l'aria del momento. In quel caso, detto un po' rozzamente, si trat_tavadi far entrare il terrorismo nel conflitto di caratteri che a me interessava (un padre e un figlio, il loro dialogo, il loro confronto). Nel caso di Porte aperte (libro di Sciascia, tema già "imposto") la volontà era piuttosto di allontanare, sfumare, l'invadenza dell'argomento, facegdo' emergere quelli che io . definivo i tempi morti della coscienza, lavorando sulle digressioni, imponendo una fisicità ai personaggi, contro la rappresentazione tutta ideologica del racconto. di Sciascia. Non è un caso che in Colpire al cuore non si vedano mai in azione i terroristi e che in Porte aperte sia dato molto spazio ai tre omicidi, ai familiari del giudice, alle figure di contorno. E la Sicilia (come la Milano dell'altro film) è vista dall'interno, non descritta, non sottolineata.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==