ascoltava la voce che dal palco riempiva lo spazio ristretto del locale e le ricordava tanto se stessa che decise di voler parlare alla cantante più giovane, gli venne voglia di offrirle da bere, poi avrebbe tenuto un po' stretta la mano della ragazza invece di stringere soltanto le proprie come adesso e così le scrisse un bigliettino invitandola al suo tavolo. Crow Jane lo diede al cameriere. La cantante lo lesse e con un'alzata dì spalle lo bu_ttòdietro il piano, E anche questa è andata a cavolo, disse Crow Jane dentro di sé, belle foglie di cavolo lesse, nel momento in cui si spappolano e puzzano più forte, una puzza che più forte non si può, lungo tutti gli infiniti corridoi puzzolenti di cavolo del mondo con una ragazzina che pare una bambola di pezza che pedala il suo triciclo che fa bzzz bz~z fino alla finestra cieca e sporca che c'è in fondo e che dà su nient'altro che vicoletti, una ben magra vitaccia, ragazzi, col papà che si scola il whisky che gli tiene gli occhi accesi senza posa, occhi che prima di morire gli sono schizzati dalle orbite aforza di cercare quello che non ha mai trovato, sola con lui che non fa altro che starsene seduto tutto il pomeriggio coi capelli sempre impiastrati di roba per stirarseli, e mi guarda e mi dice, sta a sentire Dolcezza, se sei nera, in nulla spera, se sei bruna puoi aver fortuna ma se sei bianca hai un bel conto in banca e poi ride di sé in q(!el suo modo aspro di ridere e certe volte, quando stavo insieme a quella bianca, pensavo che aveva proprio ragione lui perché quando la vedevo lì sdraiata su un fianco con la luce dell'abat-jour che le sfiorava l'anca mi rendevo conto che lei era bella e io no, perché le volevo bene é poi a quei tempi nero non era ancora bello, baby, il paradiso dei negri era ancora di là da venire, c'era solo mio padre ormai vecchio che se ne stava seduto sulle chiappe arrugginite ad ascoltare Salt Park Blues da un vecchio 78 giri, i capelli stirati dalla varecchina sotto un cappuccio di calza e anche allora, non avevo nemmeno dieci anni, eppure mi rendevo conto che un uomo grande e grosso con una.vecchia calza da donna arrotolata in testa come un pezzo di rete chirurgica era uno spettacolo un po' strano, poveraccio, cercava di azzimarsi per guadagnarsi un posto nella terra dell'anima di lino goffrato, potere sbiancante artico, ecco cos'è che cercava di fare e perciò s'è sbronzato fi!noa diventar cieco come un sasso e m'ha lasciato sola, una ragazzina che inghiottiva aria il giorno che è morto, che s'è spento come s'accende la luce, la luce si riaccende sempre anche per quella ragazzina lassù che canta così bene Ho un ragazzo giù in città che mi tratta da regina, ed ecco che ora scende, appoggiandosi alla mano di un giovanotto smilzo col baschetto di lana in testa che si pavoneggia con un bastone dal manico d'argento e una maglietta su cui è scritto POTERE NERO. A Crow Jane la cosa andò a genio. Mi piace, mi piace, e rise, con dentro una gran voglia di conoscere quei due, ma ormai era ora di chiudere e la gente cominciò ad alzarsi e a trascinarsi verso l'uscita e Crow Jane ebbe di colpo l'impressione che il suo passato le stava uscendo tutto dalla testa, lasciandola sola nel suo tavolo d'angolo a fissare il ruvido soffitto.dipinto di nero, con i tubi dell'acqua e le condutture del riscaldamento a vista, E quella volta che non so perché scelsero proprio me, ma misero la mia foto sul giornale, una grossa foto della mia faccia mentre cantavo à un festival giù all'isola, ero così contenta che dissi, Papà, lo so che sei morto e sottoterra ma eccomi qua, questa sono io, grande come un fulmine sulla pagina per far vedere a tutti chi sono perché ce l'ho fatta, Crow Jane è riuscita a cantare la sua canzone, ha finito di fare bzzz bzzz e allora ritagliai l'articolo dal giornale e tra mee me dissi, EveLynn, STORIE /CALLAGHAN dovunque tu ti nasconda in questo .schifo di città coi tuoi sei marmocchi o quello che hai, eccomi qua grande come una casa e ti guardo nelle palle degli occhi, sono la regina della città nera e magari non rrre la sto proprio godendo un mondo ma ancora me la cavo, e siccome la volevo ancora più grande presi un paio di forbici e ritagliai quella mia foto e la portai giù in uno di quei posti dove fanno gli ingrandimenti e dico al tizio, ragazzo, voglio farla ingrandire per metterla in cornice e appendermela a capo del letto proprio sopra la mia testa, sessanta per novanta, gli ho detto e allora lui ha alzato le spalle e quando vado a ritirarla, eccomi là, montata su cartoncino, ma per quanto mi sforzi non riesco a vedermi, la mia faccia è diventata tutta una massa di punti grigi e neri allora io gli faccio, ma che fine ho fatto?, cavolo, non riesco a vedermi per ·niente e lui mi fa questo è quello che capita quando si fanno gli ingrandimenti dalle foto dei giornali, finisci tutta a puntini, sorella, perché se ci dai un'occhiata più da vicino t'accorgi che quello eri sin dal principio e perciò ora l'unica cosa che le restava da fare era di andarsene a casa, ma aveva ancora una gran voglia di prendei-e la mano di quella cantante·e tenersela vicino alla guancia, sentire il sudore e il profumo sul éollo di quella ragazza, guardarla negli occhi come guardasse in uno specchio ma quando Crow Jane le passò vicino e rallentò il passp, fu come se quello specchio fosse senz'anima, vuoto, e la cantante la guardò come fosse trasparente, lasciando Crow Jane di colpo sola sulla soglia, con davanti a sé nient'altro che l'oscurità della strada nell'aria fresca di primo mattino. S'avviò di nuovo lungo Spadina Avenue. Una grande autobotte piena di latte le sfrecciò accanto rombando. Crow Jane passò davanti un ristorante chiuso in cui un tizio panciuto puliva il pavimento tutto da solo, con indosso una canottiera sfettucciata e i pantaloni pieni di strappi; le fece un cenno di saluto con la mano e quando lei alzò le spalle infastidita e sprezzante, quello mosse le labbra al di là del vetro per mandarla a quel paese. La nebbia si stava levando dal lago e Crow Jane sentì i propri passi risuonare nelle strade vuote. Copyright Barry Callaghan 1991 Bambini canadesi in una foto di David Levine (Archivio Centro Culturale Canadese, Roma). 59
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