IL CONTESTO Notizie dall'America Bruno Cartosio Una quarantina d'anni fa, stando a quello che scriveva Gore Vidal sul "Manifesto" del 29 gennaio, l'allora segretario di stato John Foster Dulles affermò che, nella corsa agli armamenti con l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti l'avrebbero infine spuntata se fossero stati più ricchi del rivale. Grossomodo è andata proprio così ..Ma come più recentemente diceva Isaac Asimov, riferendosi ai fantascientifici progetti della Strategie Defense Initiative: "Non penso che le guerre stellari siano fattibili e penso che nessuno le prenda sul serio. Si tratta di un marchingegno per fare andare in bancarotta i russi. Ma anche noi andremo in bancarotta"·. Asimov si sbagliava soltanto nel ritenere che nessuno avrebbe preso sul serio l'SDI. L'hanno fatto in molti; l'ultimo, come sappiamo, è stato Bo1is Eltsin nell'incontro recente con George Bush. Asimov non sbagliava, invece, quando prediceva la bancarotta anche per gli Stati Uniti. Su questo. è tuttavia opportuna qualche precisazione. La guerra fredda, con la sua corsa agli armamenti e gli enormi stanziamenti per la difesa, era stata per decenni un affare di dimensioni colossali. Su di essa l'economia degli Stati Uniti era cresciuta fino ai primi anni Settanta e di tale crescita avevano beneficiato in molti (non tutti, perché il benessere è stato sempre distribuito in modo molto ineguale). L'enorme vantaggio che gli Stati Uniti avevano sull'URSS all'uscita dalla seconda guerra mondiale e la rete delle interdipendenze costruita con le succes: sive alleanze in tutto il mondo sono state il piedestallo su cui il paese americano ha fatto poggiare la sua costante superiorità. La crisi è cominciata quando gli sconfitti della guerra sono ridiventati protagonisti sulla scena mondiale e quindi, inevitabilmente, concorrenti degli Stati Uniti. Quelle interdipendenze, che si nutrivano .della produttività e del bisogno sia di mercati, sia di alleanze politico-militari degli Stati Uniti, hanno finito per determin'are il ridimensionamento delle quote e dei pesi relativi tra i partners. In altre parole Germania e Giappone, di cui era stato necessario ricostituire appetiti e forze vitali e che perciò erano stati avvicinati alla torta, se ne sono progressivamente presi fette sempre più grandi, ridimensionando propòrzionalmente la parte disponibile agli USA E ora che la torta del mercato mondiale si allarga con )"'apertura" dell'Est, Germania e Giappone - e Europa, Corea eccetera - si trovano in condizioni di grande, inedito vantaggio. Questa situazione apre nuovi problemi. È infatti in rapporto con il proprio declino sulla scena economica che gli Stati Uniti hanno dichiarato sempre più apertamente la loro intenzione di riservarsi comunque il ruolo di tutore supremo dell'ordine mondiale: prima della guerra con l'Iraq, con quella guerra e ancora, ripetutamente, in seguito. Dichiarazioni abbastanza allarmanti in tal senso erano già venute dal capo di stato maggiore Powell il 4 febbraio. Poi, 1'8 marzo 1992, il "New York Times" anticipava il contenuto di un documento programmatico del Pentagono, in cui il ruolo di unica superpotenza mondiale veniva non solo rivendicato per sé ma, a scanso di equivoci per alleati e non, affermato come necessario per "scoraggiare" i paesi industriali avanzati "dallo sfidare la nostra leadership o dal cercare di rovesciare l'ordine politico ed economico costituito". Lungi dal pensare ad una sua riduzione, il Pentagono continua 4 a ritenere l'arsenale nucleare come deterrente indispensabile nei confronti della eventualità stessa che si 1ipresenti sulla scena, dopo la scomparsa dell'URSS, "una rivitalizzata o imprevista minaccia di dimensioni globali"; in altre parole, che Russia o Giappone ridiano vita ad ambizioni imperiali. Gli Stati Uniti sono pronti ad intervenire in ogni situazione sia come parte di una coalizione sotto l'egida delte Nazioni Unite, sia con altre coalizioni ad hoc, sia autonomamente. Quello che è importante è che tutti devono avere "la sensazione che l'ordine mondiale poggia in ultima istanza sugli Stati Uniti". Forse, in questa teorizzazione ancora senza nome poco è assolutamente nuovo: già quasi un secolo fa il primo Roosevelt aveva teorizzato l'impiego del bastone, il big stick, nei confronti dei vicini riottosi a subire l'abbraccio dello "zio" statunitense. Rispetto ad allora, però, il concetto di vicinanza è cambiato: tutto il mondo è ora "vicino". Inoltre, la qualità della deterrenza è alquanto più preoccupante. Infine, l'ansietà con cui aWashington si pensa oggi al futuro della nazione è molto lontana ormai da quella ottimistica sicurezza sui propri destini imperiali che caratterizzava i dirigenti statunitensi di inizio secolo. Nel 1992, il secolo presente è già stato e forse ha anche già smesso d~essere il "secolo americano". E da oggi in poi si può solo temere la reazione alla propria crisi di una nazione che rischia di perdere i privilegi su cui ha costruito il proprio modello di vita e la sua potenza. Oggi, mentre la superpotenza americana è impegnata a pensarsi centro di un nuovo ordine mondiale, gli alleati-concorrenti continuano a fare affari. Ma lo fanno sotto l'occhio crucciato dello Zio Sam, e la prospettiva che nasce da questo stato di cose non è rassicurante, soprattutto se si considerano, per esempio, le crescenti ostilità verso il Giappone riscontrabili ormai in tutti gli ambiti di rapp01to, da qµelli diplomatici a quelli economici a quelli dell'ideologia diffusa. Più che alleati o concorrenti, i giapponesi stanno diventando sempre più dei nemici per milioni di statunitensi convinti che qualcun altro sia responsabile del fatto che le cose vanno male. È in atto, infatti, un processo di colpevolizzazione (che è tutt'altro che senza precedenti, è opportuno dire subito) interamente fondato sulla malafede, suila strumentalizzazione ideologica e in parte anche sul pregiudizio razziale. L"'invenzione del nemico" è un· processo che include sia la endemizzazione della paranoia sociale, sia la sua canalizzazione verso l'altro da sé. Non ha quasi.nulla a che fare con la realtà. È un fenomeno pericoloso di oscurantismo. È il segno che indica l'avvenuto imbocco della galleria che conduce alla mobilitazione delle masse. Per quanto strano possa sembrare a chi non conosce la storia degli Stati Uniti, lo "stile paranoico", per dirla con Richard Hofstadter, è un tratto tipico e ricotTente dell'ideologia politica delle classi dominanti di quel paese. t in tutta la sua storia una sola volta, con il Proibizionismo, il nemico è stato visto come appartenente ali' intimo sociale della nazione invece che come qualcosa di esterno ad essa. Perfino gli antagonismi sociali e di classe, così • intimamente connessi con la stessa crescita industriale ed economìca, sono sempre stati fatti risalire a chi "non era americano". Le grandi repressioni del dopo-1886, della prima guerra mondiale e
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