una struttura. Poi alla fine mi resi conto che nella storia c'era un'ordine naturale e che semplicemente non ero riuscita a vedere i punti di connessione. Alla fine, eliminai molto di quanto avevo originariamente scritto con tanta esuberanza, perché una gran parte era ripetitiva e, oltretutto, scritta in modo troppo elaborato. Il meccanismo di usare capitoli alternati per comunicare il punto di vista africano e quello europeo non mi sembra del tutto soddisfacente, ma non so come avrei potuto ottenere lo stess9 effetto in un altro modo. Anche ali' epoca, avevo respinto l'idea che il narratore potesse essere in grado di enti-areed uscire dalla mente di più di un personaggio alla volta - quel particolare metodo mi è sembrato sempre inapplicabile. Penso sia stato davvero necessario alternare i capitoli, soprattutto perché i punti di vista africano ed europeo erano tanto diversi. Per quanto riguarda la voce, oggi penso che iIromanzo contenga troppi monologhi interiori di Nathaniel. In realtà mi chiedo come abbia avuto il coraggio di immedesimarmi nella mente di un africano e suppongo che se avessi davvero saputo quanto era difficile l'.impresa che stavo tentando, non mi ci sarei mai provata. Non sono del tutto dispiaciuta di averla tentata e infatti, da vari commenti di recensori africani, credo che almeno alcune parti dei capitoli africani abbiano una certa autenticità. Ma forsè nÒntanta quanta un tempo credevo. In realtà non riesco più a tornare su un libro una volta che è stato pubblicato, ma pensando a questa conferenza, ho riletto parti di Thi3 Side Jordan. Mi sono stupita a scoprire che non sono stati i capitoli africani a resistere meglio alla prova del tempo (n:ientre scrivevo il romanzo, erano i miei prnferiti) ma piuttosto quelli europei. Alla fine penso di essere riuscita a capire meglio gli europei, anche se la mia simpatia per i colonialisti era davvero minima se non addirittura inesistente. Il romanzo The Stone Angel (L'angelo di pietra) presentò un gran numero di problemi di forma e di voce. Avevo deciso che non sarei mai riuscita a penetrare abbastanza profondamente nelle menti degli africani - o, almeno, che ero arrivata al massimo delle mie possibilità di non-africana - e avevo\ un gran desiderio di tornare a scrivere di persone appartenenti ·al mio stesso background, persone il cui pensiero e linguaggio mi fossero familiari. Hagar era una donna di novant'anni e mi sembrava impossibile comunicarne in modo soddisfacente i pensieri inespressi, la rabbia contro il destino se non scrivendo il romanzo in prima persona. Credo sia legittimo pensare _chenon c'è molta differenza trà la difficoltà di scrivere un romanzo secondo il punto di vista di una novantenne e scriverne uno nell'ottica di ·un insegnante africano, ma io non considerai il problema sotto questo aspetto. Hagar era della generazione dei miei nonni - sentivo di conoscerla molto bene, anche se non è stata basata su nessuna persona reale. Mentre scrivevo The Stone Angel, mi sentivo molto convinta dell'autenticità della voce di Hagar e ho provato uno strano piacere nel riscoprire un linguaggio che quasi non sapevo di conoscere, mentre i modi di dire dei miei nonni. continuavano a tornarmi in mente. Certo, una narrazione in prima persona può essere limitante ma in questo caso mi ha fornito un'opportunità per rivelare al lettore riguardo ad Hagar pi_ùdi quanto ella stessa conoscesse di sé, dato che le sue opinioni sul mondo sono condizionate in modo molto evidente e percepibile. SAGGI/LAURENCE La forma del romanzo mi ha dato più problemi della voce. Decisi che lo avrei scritto al presente, con dei flashback in cùi avrei usato il passato. Questo metodo sembra un po' rigido, ma avevo· anche a che fare con un personaggio rigido. In realtà, l'uso del flashbàck non mi piaceva molto e Dio solo sa se non è stato fin troppo usato - e questa è probabi Imente la ragione per cui sempre meno scrittori lo usano oggi. Ma non riuscii ad escogitare nessun modo alternativo per comunicare la qualità degli eventi che caratterizzavano il lungo passato di Hagar. In un certo senso, penso che in The Stone Angel questo metodo non abbi"adato cattivi risultati semplicemente perché Hagar è tanto vecchia, vive molto nel proprio passato e - come molte persone anziane - irÌ realtà ricorda più facilmente il passato remoto piuttosto che gli avvenimenti recenti. Nei romanzi, gli episodi tratti dal passato dovrebbero seguire una sorta di ordine cronologico? Di solito non è così che funziona la memoria umana. Sotto certi aspetti mi sarebbe piaciuto che i ricordi di Hagar seguissero un ordine casuale. Mi resi conto però che, considerando il vasto arco di tempo che tali ricordi avrebbero coperto, tale metodo avrebbe reso il romanzo troppo confuso per il lettore. Non sono ancora sicura di aver deciso per il meglio risolvendomi a presentare i ricordi di Hagar in ordine cronologico. Questo è un punto molto delicato. Qualcuno potrebbe obiettare che il metodo da me scelto diminuisce la somiglianza del romanzo con la vita, ma d'altra parte la scrittura - per quanto consapevolmente disordinato sia il suo metodo - non è mai caotica come la vita. L'arte, infatti, non è la vita. Non è mai paradossale, caotica, complessa o viva come la vita. Tutti i ricordi di Hagar sono provocati da un evento·nel presente e penso che ciò sia legittimo e che questo.tipo di reazione accada anche nella realtà. Comunque, la coincidenza degli avvenimenti ·nel presente che, convenientemente, provocano dei ricordi in sequenza, probabilmente richiede al lettore una grande prova di fede. Oggi penso che il romanzo sia forse troppo ordinato, ma · quello mi sembrò l'unico modo per scriverlo. Lottiamo contro i difetti, ma non sempre possiamo fare qualcosa per evitarli.D'altra parte la connessione tra il passato ed il presente di Hagar dà una necessaria unità al libro e riesce a comunicare almeno qualcosa dell'immediatezza del passato all'interno della sua mente. Un altro problema che mi sono trovata ad affront~e in The Stone Angel riguardava la legittimità o meno che una donna come Hagar avesse pensieri in cui luoghi ed avvenimenti erano parzialmente descritti in termini di immagini poetiéhe. Le descrizioni della foresta, ad esempio, o della prateria durante la siccità - tutte le descrizioni che mi vennero spontanee scrivendo il libro- in realtà . erano di Hagar o erano mie? Me ne preoccupai moltissimo, perché non volevo che Hagar avesse pensieri che non appartenevano al personaggio e riconosco che questa è una delle difficoltà della narrazione in prima persona - la·mancanza di un punto di vista esterno, di fatto l'abolizione del narratore. D'altra parte, non riuscìvo a credere che quelle descrizioni fossero veram~nte incongrue con il personaggio. Non so perché avessi quest~ 1mp~essione, ma sentii che erano giuste nel momento stesso m cm I.e immaginai. Sembravano in tema con Hagar. Onestamente, scr:ivendo il romanzo non mi posi nemmeno il_pr?~Iema. Fu solo •~ seguito, durante la seconda stesura, che commc1ai a preoccuparnu. 45
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