SAGGI /FRYE ad una potente organizzazione sociale. L'età barocca non fu un'età di individualismo, come spesso si è detto, ma un'età di dispotismo relativamente illuminato, e in qualche modo molto simile all'alba della civiltà nel Vicino Oriente, quando le piramidi egizie 'e gli ziggurat babilonesi emersèro come drammatiche testimonianze di ciò che gli uomini potevano fare quando si univano sotto una volontà sociale sufficientemente forte. Sia allora che nel periodo barocco, la matematica e la comparsa di modelli geometrici nel contesto umano era stata un simbolo dell'aggressività della dominazione impèrialistica. Possiamo osservarne i risultati ovunque nel nostro paese, nei modelli a griglia delle nostre città, nei confini che dividono le aree coltivabili in lotti quadrati, nelle ferrovie e nelle autostrade che enfatizzano il procedere attraverso il paesaggio piuttosto che l'adattarsi ad esso. Un tale miglioramento nelle comunicazioni significa sempre un più ampio e diretto cammino attraverso la natura, e un corrispondente declino dell'interesse per essa. Con l'avvento dell'aeroplano, perfino il senso del passaggio attraverso un ambiente naturale scompare. Il nostro atteggiamento verso la natura si riflette nel nostro ambiente sociale, nel modo in cui lo costruiamo. Washington era una città ideata per automobili piuttosto che per pedoni ancor prima che le automobi 1i esistessero: Los Angeles, una città mai progettata, sembra avere perso il controllo perfino sull'automobile. Il suo nome,dopo tutto, deriva dagli angeli, che tradizionalmente non viaggiano attraverso lo spazio, ma semplicemente manifestano se stessi altrove. La religione che gli inglesi e i francesi portarono al Nuovo Mondo non era un monoteismo naturalista, corrie l'adorazione da parte degli algonquini del Grande Spirito, né un monoteismo imperiale come quello degli Stoici, ma un monoteismo rivoluzionario, con un Dio che aveva un ruolo attivo e partigiano nella storia; e, come tutti i movimenti rivoluzionari, incluso il marxismo nel nostro tempo, si è fornito di un canone di libri sacri e di un costume mentale dialettico, di un atteggiamento mentale in cui l'eresia confinante è molto più amaramente odiata che non il totale rigetto della fede. La forma mentis dialettica ha prodotto la concezione del falso dio, una concezione fortemente intelligibile per un pagano educato. Tutti i falsi dei, nella visione cristiana, erano idoli, e tutta l'idolatria derivava in ultima istanza dal credo che ci fosse qualcosa di numinoso nella natura. L'insegnamento cristiano non ammetteva dei in natura; la natura era una creazione simile ali' uomo, e tutti gli dei che in essa erano stati scoperti erano demoni. Noi abbiamo ricevuto parecchi benefici da questo atteggiamento, ma esso ha avuto una componente più sinistra: esso tendeva infatti a considerare che la natura, non essendo abitata o protetta da dei o da spiriti potenzialmente pericolosi, era semplicemente qualcosa di disponibile allo sfruttamento umano. Ovunque oggi guardiamo, vediamo la conquista della natura da parte di un'intelligenza che non l'ama, che non si sente parte di essa, che dissocia da essa la propria coscienza e la considera un oggetto. Il senso di assoluta e indiscutibile giustezza della conquista dell'uomo sulla natura si è esteso alle altre culture considerate come esistenti in uno "stato di natura". Il principio primario di stanziamenti bianchi in questo paese, in pratica se non sempre in teoria, era che le culture indigene avrebbero dovuto essere distrutte, non preservate o continuate o perfino emarginate. 38 Il portavoce della fase barocca di questo atteggiamento è Descartes, il cui fondamentale assioma "Penso, dunque sono", si basa su un desiderio di derivare l'esistenza umana dalla coscienza umana, e di considerare la coscienza' esistente in un mondo differente rispetto a quello della natura, che per Descartes era pura estensione nello spazio. Questo atteggiamento, in se stesso un logico sviluppo dalla tradizionale visione cristiana della natura, ha condotto così lontano dall'idolatria da diventare a sua volta una sorta di contro-idolatria, il cui idolo era la coscienza umana separata dalla natura. Noi oggi viviamo in un ambiente sociale che è il trionfo della coscienza cartesiana; un astratto e autonomo mondo di coordinate interconnesse, in cui la maggior parte della nostra immaginazione è focalizzata non sulla natura ma sulle forme geome_tricheche abbiamo imposto ad essa. I miei pochi ricordi d'infanzia di grandi città sono pieni di una sorta di allegra confusione: folle di persone nelle strade, negozi con le porte aperte, teatri con luci scintillanti e certamente l'allegria di questo aveva molto a che fare con l'attrazione della .città per coloro che vivevano in centri più piccoli una o due generazioni fa. Molto è certamente rimasto, ma sta diventando sempre più chiaro che ad ogni avanzamento tecnologico si accompagna un avanzamento nell'introversione e una diminuzione del senso di uso pubblico. Molte strade ora in queste stesse città, con i loro marciapiedi deserti e le auto che passano sibilando su e giù lungo la strada vicino a torvi edifici simi_lia fortezze, ci mostrano il tipo di anticomunità simbolizzata per me da University Avenue di Toronto e da quelle zone di Los Angeles dove i pedoni sono considerati dei vagabondi. La quantità di stress mentale causata dal vivere in un ambiente che esprime indifferenza o disprezzo per le prospettive del corpo umano è ben poco studiata: si potrebbe chiamarla "inquinamento da proporzioni". La mia stessa università si trova al centro di una grande città industriale: questo significa grandi masse di studenti che si portano dietro la colazione, che vanno e vengono da quartieri periferici e seguono i loro corsi con poca esperienza di una reale comunità universitaria, tipo quella che il cardinale Newman considerava come !'"idea" di università. Le strade circostanti si stanno trasformando in anonime masse di edifici che appaiono ciechi a dispetto del loro essere praticamente tutti finestre. Molti di essi sembrano non avere avuto alcun architetto, ma sembrano essere spuntati dalle fondamenta come immensi funghi velenosi. Gli urbanisti parlano di legge di conservazione del piano regolatore, intendendo che Bloor Street a Toronto o Sherbrooke Street a Montreal sono sempre là dove erano prima, nonostante ci sia stata una totale metamorfosi degli edifici su di esse. Ma perfino questa legge, che sembra a prima vista una concessione al senso della tradizione, è in realtà un mezzo per limitare la trasformazione verso l'inorganico. E come quando facciamo la spola tra un mini-appartamento in un palazzone e un altro box in un ufficio, ci prende un senso di futilità e umiliazione che probabilmente adesso riusciamo a vedere nella sua dimensione storica. Man mano che la civiltà ha "progredito" dall'ascia al bulldozer, il progressivo allontanamento dalla natura ha paralizzato qualcosa di naturale in noi. Un'amica di mia moglie, che fa l'arredatrice, ayeva notato di avere un gruppo di clienti nevrotici che non riusciva né a soddisfare né ad eliminare e improvvisa-
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