I CONFRONTI I PadreDavidTuroldo.Un ricordo Michele Ranchetti Sui muri di Firenze è comparso un annuncio, il 6 febbraio: "Padre David Maria Turoldo è scomparso". Su grandi fogli bianchi, non listati a lutto, senza la parola "morte", come se padre David potesse in qualche modo ritornare nella città dove aveva vissuto e predicato, fra qualche tempo, dopo un lungo esilio. Per chi non ha assistito alla sofferenza degli ultimi anni, lo ha visto solo di sfuggita o sentito la sua voce ancora forte e tonante, la sua temporanea scomparsa sembra.molto più naturale che la sua morte. Alla quale è difficile credere sempre, ma tanto più per un uomo così naturalmente vitale, così generosamente presente a proposito e a sproposito nella vita culturale, sempre nel giusto di fronte ai 'peccati'. della politica, della società, degli uomini. Padre David, infatti, non è mai riuscito a essere, come forse voleva, un uomo di cultura: ma sempre, come diceva con un'enfasi che neppure la sofferenza degli ultimi anni e giorni è riuscita a sopprimere, un uomo di fede. E la sua fede era un dato di natura ineliminabile, malgrado, si direbbe, i suoi sforzi di ragionarla, di respingerla, di giustificarla. Nella sua parola, nei suoi versi, il presupposto della fede non si percepiva quasi più, sembrando una necessità evidente a chiunque. La sua cultura, invece, ne risenti va, credo, con qualche sua sofferenza. Infatti, per tutte le sue invettive e dichiarazioni di crisi, i lamenti salmistici, i precipizi dell'ira e del furore dei vuoti, la speranza religiosa sembrava non venirgli mai meno; padre David non poteva non credere, la sua incredulità era solo apparente e strumentale. Vi era qualcosa di infantile nella sua predicazione, un divario fra l'apocalittica e la naturalità della esperienza religiosa quotidiana, quale si manifestava nei suoi gesti esagerati, nella sua figura dai tratti quasi caricaturali del santo raffigurato in un affresco di modesta fattura in una chiesetta di paese. Ma chi si rivolgeva a lui dalla parte della sofferenza, trovava in padre David un'intelligenza assoluta dei propri problemi come se li avesse provati anche lui, anche se si sentiva che non era vero. Il fatto è che la sua generosità religiosa era capace di accogliere e di riscattare anche ciò che la sua ragione poteva respingere o non comprendere, e l'intelligenza ne risultava sconfitta, quel- !' intelligenza che si era proposta di misurarsi, dalla propria chiaroveggenza, con gli strumenti della critica. I valori tradizionali della predicazione cristiana, la pietà, la fede, la tolleranza, ma anche la giustizia abitavano tutti nella parola di David e risultavano sempre vincenti. La sua vita è sempre stata al servizio di essi, e solo di essi. Non è possibile riconoscere altro: la stessa ambizione poetica che lo ha portato a produrre poesia quasi senza interruzione (e spesso senza controllo) era solo una forma del la sua predicazione: chiedersi se è o non è poesia è a surdo come chiedersi se chi ti assolve dai tuoi peccati lo fa in buon italiano. Infatti solo in qualche poesia, fra le ultime, figura una straordinaria coincidenza fra l'espressione poetica e la verità di fede che essa manifesta, e allora si potrà forse dire, se si vuole, che sono belle poesie. Ma questo giudizio, lo si vedrà allora, non avrà alcuna importanza. Padre David ha creduto nella Chiesa Fotodi IsobellaBaleno (Effige). davvero 'a dispetto dei Santi'. Una Chiesa non a sua immagine e somiglianza (sapeva di non averne diritto e non pensava neppure lontanamente di esserne un interprete autorizzato, neppure un figlio obbediente) e in questo si distingue da molti riformatori del nostro tempo che 'sanno' come la Chiesa deve essere e non è, ma presente nella Sua vita e in quella di David: due vite parallele, come lui credeva, ma una sola vita, come noi vedevamo, forti della sua fede. A connetterle, in ogni caso, era presente una costante che ha percorso Ja vita di David, credo sin dall'entrata in seminario: l'idea, e la virtù, del servizio non in senso di sacrificio, ma di compito che lo ha portato anche a sbagliare, a credere di aver individuato momenti privilegiati di verità nelle esperienze dt altri (Nomadelfia in particolare), non riconoscendo mai, forse per eccesso di imprudenza, in altri la presenza del tornaconto, di una furberia non necessaria. Ma anche gli errori erano riscattati dalla sua disponibilità a riconoscerli, e a cambiare strada: sapeva farsi consigliare. E una figura appare qui, più alta fra tutti, quella del fratello che ha accompagnato David per tutta la sua vita: padre Camillo, che si è riserbato il ruolo del pigro (anche se lo è), del ragionatore, del diffidente, del prudente, di colui che pensa prima di agire, che riflette laddove l'altro già si è messo a correre per la qualsiasi discesa incontro a nuovi poveri o a nuovi ricchi in crisi di carità. Le due figure non si possono distinguere, né si deve distinguerle, anche perché David, malgrado tutta la sua irruenza, era capace di ragionare e spesso con una furberia contadina del tutto estranea a Camillo, incapace di compromessi, certo, ma generoso ben oltre la propria ragione. Per chi ha vissuto aMilano, i due serviti sono stati davvero figure esemplari, accomunate dal lavoro e dalla speranza, dalla certezza di una fede assoluta, per tutti gli itinerari della realtà politica e religiosa della carità benpensante e della giustizia difficile. Si potrà forse indulgere a qualche ironia sulla borghesia milanese che si lasciava 'prendere' dalle prediche di padre David in Duomo o in San Carlo per poi rinviare la conversione alla domenica successiva. Ma qualcosa era stato detto, in quelle prediche, ed era stato ascoltato, non è necessario misurare. Inoltre, quelle prediche trovavano conferma nelle attività della Corsia, nélle edizioni curate da Desiderio Gatti, ·nei libri scelti da Peppino Ricca e p_oida Luca Pigni Maccia, tutte figure di santi milanesi che forse nessun tribunale ecclesiastico vorrà giudicare e nessun processo di canonizzazione vorrà riconoscere ma che chi rimane ha già riconosciuto e acclamato nella certezza della loro gloria. Eppure, questo luogo di preghiera, di cultura, di predicazione è stato colpito duramente dalla curia milanese e si è impedito che qui si incontrassero in un confronto di giustizia e di fede ricchi e poveri nella stessa pietà. Si è preferita l'arroganza apparentemente gioviale dei nuovi credenti di Comunione e Liberazione. Il fatto è che padre David e padre Camillo erano e sono uomini di parte, non di potere, sin dai tempi della Resistenza e hanno conservato e promosso quella ·parte con estremo rigore, senza concessione alcuna. Infatti sotto le spoglie di un donchisciottismo religioso che poteva far sorridere, padre David era anche spietato e duro: i suoi bersagli non erano mulini a vento. Chi leggerà i suoi moltissimi scritti e ascolterà la sua voce nelle molte registrazioni o vedrà sullo schermo la sua figura negli ultimi tempi così emaciata e sofferente eppure vibrante e serena e persuasa, dovrà riconoscere nella sua lunga vita una estrema coerenza: di chi ha sempre e solo perseguito il bene. 17
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==