Linea d'ombra - anno X - n. 70 - aprile 1992

minacce di conflitto che ci troviamo di fronte al momento di lasciarci alle spalle il ventesimo secolo, secolo in cui oltre 100 se non addirittura 120 milioni di persone sono state uccise. Un secolo di drammi e di tensioni, ma d'altro canto anche molto ottimista. Questi tre pericoli che ho citato - il nazionalismo, il razzismo e il fondamentalismo religioso - sono accompagnati da un quarto che, anche questo, è di difficile comprensione perché non arriviamo a immaginarlo: è il problema degli armamenti atomici che si trovano sulla superficie del nostro pianeta. Si tratta di un pericolo che può essere scomposto in due pericoli distinti: l'uno è quello dell'arsenale, degli armamenti atomici e nucleari nel territorio dell'ex Unione Sovietica e le divergenze che sussistono in seno all'ex Unione Sovietica su chi controllerà tale arsenale. Il volume di distruzione di questo potenziale atomico è, secondo i dati dell'Agenzia atomica di Vienna, in grado di distruggere la nostra terra, il nostro pianeta, 161volte. Un enorme arsenale di armamenti che nessuno sa veramente come distruggere. È una situazione paradossale, quella della distruzione degli armamenti, non solo atomici ma anche convenzionali. Un anno fa è stato sottoscritto un accordo fra l'Est e l'Ovest secondo il quale si sarebbe proceduto IL CONTESTO alla distruzione dei carri·armati. I russi devono distruggere 42.000 carri armati. Se li si mette in fila, coprirebbero la distanza fra Parigi e Bangkok. Ma non.esiste una tecnologia che permetta la distruzione di tutti questi carri armati. E i carri quindi sono ancora lì perché non c'è una'tecnòlogia adatta alla loro çlistruzione, nessuno sa come fare a distruggerli tutti. Ritornando agli armamenti atomici, il loro controllo è un vero problema. Il controllo degli arsenali è un problema. Tutto a questo punto viene·lasciato al buonsenso, tutto si basa solo sulla speranza che nessuno cercherà di usare queste armi. Ma si tratta di una visione ottimistica. Alcuni hanno una visione pessimistica e sostengono che fra poco al mondo vi saranno nuovi stati che possono essere sottosviluppati, con società assai arretrare, ma che avranno armi di distruzione nucleare e chimica. In una situazione simile si trovano paesi come, per esempio, l'Irak. E presto avremo un gruppo ciinuovi stati che avranno all'interno dei loro confin1,a loro disposizione, armi di distruzione di massa. Questa combinazione di irrazionalità e la presenza di armi incontrollate è un problema che preoccupa molti politologi e politici. E non vi è per questo ' problema una soluzione immediata. La scoperta del nostro terzo mondo Per Olov Enquis( traduzione di Carmen Giòrgetti Cima Per Olov Enquist (Skelleftea 1934), critico letterario e teatrale, drammaturgoe romanziere,giornalistae commentatorepolitico, è autore di drammimessiin scenainmoltipaesie di molti romanzial marginedel saggio, del reportageo della ricerca storica, tra i quali Hess, Il quinto inverno dell'ipnotizzatore, La cattedrale olimpica (sulle tragiche Olimpiadidi Monaco), I legionari (oL'estradizione dei baltici), e dopo anni dedicatial teatro (La notte delle tribadi, A Fedra, I serpenti della pioggia ...), Angelo caduto dal cielo (1985) e La biblioteca del capitano Nemo ( 1991). In italiano, sono stati tradotti da· Iperborea August Strindberg, una vita e il romanzostoricosullelottesocialinellaSveziadel primomovimentooperaio La partenza dei musicanti. Il testoche segue è la relazionelettadaEnquistagli incontrimilanesidi "Linead'ombra" e la Provinciadi Milanosu "NordSudEst Ovest" del mese scorso. Nel film italiano/ soliti ignoti c'è una scena che è una piccola favola filosofica. Una banda di rapinatori si è installata in un appartamento confinante con una banca. Dopo inenarrabili fatiche riescono a sfondare la parete, per rendersi conto, esterrefatti, di aver sfondato la parete sbagliata. Sono finiti nella cucina dell'appartamento, dove un membro della banda è intento a cuocere la pasta. Si sono introdotti nella loro stessa casa. Hanno sperimentato la scoperta di se stessi. Gli anni Novanta segnano la scoperta del terzo mondo presso noi stessi, in Europa. A lungo siamo vissuti con una visione della storia tanto ovvia che non l'abbiamo mai messa in discussione: era l'immagine della storia come un fiume, che scorreva lento e sinuoso verso il r mare. Ma cresceva, e avanzava. Lo sviluppo era garantito, credevamo, al 4,8 per cento l'anno all'incirca. La visione deterministica della storia aveva il timbro dell'ovvietà. Inesorabilmente - la parola era importante - inesorabilmente· il fiume della storia continuava a scorrere. L'ottimismo evolutivo aveva solide radici, ed era in effetti un figlio del tardo Ottocento. Ma forse ci sbagliavamo. Forse dovremmo cambiare le metafore di base della nostra civiltà. Forse dovremmo dire: la storia è una cavalletta. Ha un movimento capriccioso, che non conosce punti cardinali, d'improvviso è capace di un grande balzo all'indietro. Ma se la storia è una cavalletta, dobbiamo fare molta attenzione. E stare in guardia, Il 1989, il grande anno rivoluzionario, che ha sostanzialmente cambiato il nostro mondo, ha significato, fra le altre cose, anche il collasso dell'industria della futurologia. Più o meno come è successo per il mercato immobiliare. L'industria del pronosticò, con le sue sicure analisi del futuro, le comunicazioni, le conoscenze di una società, era l'industria che conosceva l'espansione più rapida: gli oracoli delfici erano numerosi e pieni di certezze. La rivoluzione del 1989 ha reso difficile la loro esistenza. La storia adesso è una cavalletta'e gli oracoli sono profondamente confusi. Gli oracoli venivano dal mercato libero ma erano fondamentalmente l'espressione di una vecchia visione marxista della storia: Che era errata, anche nella sua proposizione capitalistica. Nc;lla primavera del 1988 anch'io formulai un grande, bellissimo e totalmente errato pronostico sul futuro dell'area baltica. Intorno al Baltico si stendeva, questa era l'idea, una delle zone culturalmente più produttive del mondo. Leningrado, Riga, Danzica, Amburgo, Copenaghen, Stoccolma, Helsinki - se si considerai! tasso di popolazio_ne, praticamente una vera e propria Ruhr culturale. Libere democrazie, compresi i paesi baltici, avrebbero potuto creare una nuova Lega Anseatica, la potenza economica che dominò l'area baltica nel 1400. ·· Era, in realtà, un vecchio sogno nordeuropeo quello di fissare il centro della cultura europea non nell'area mediterranea o nell'Europa centrale, ma nell'area baltica. 9

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