Linea d'ombra - anno X - n. 70 - aprile 1992

20 VISTA DALLA LUNA < a::: a::: t:: < .....l che è quella culturale. E la religione ne è la base. E perché non parlare di casualità storica? Lei ha dello che anche l'islam, religione monoteistica e con Lrallisimili al cristianesimo, era su una certa strada e poi si è invece fermato. Qui intervengono fatti più casuali. Poteva vincere l'islam. Beh, il caso, la fortuna e la sfortuna, sui grandi numeri si equivalgono. la storia dell'uomo è molto breve, i graneli numeri non ci son.o ancora. Allora dobbiamo arrenderci e non dare nessuna spiegazione. Siamo come siamo e buonanotte. Invece ci sono dati di fatto che vanno in qualche modo dimostrati. Questi interrogativi, in questo momento se li stanno ponendo proprio i paesi più evoluti, come Giappone e India. Anche in India sono molti che lo fanno, anche al di là della critica alla cultura induista, che è senz'altro più arretrata. E una conclusione a cui giungono molti intellettuali, è quella di farsi cristiani. Seguiamo il suo ragionamento: potremmo allora dire che il cristianesimo è la religione organica allo sviluppo mentre il buddismo potrebbe essere funzionale a una cultura del limite come quella ecologista, alla crescita zero? Sì, qualcuno lo dice. lo ho intervistato un grande bonzo buddista che mi diceva proprio questo. È una domanda che si può fare, anche perché il nostro modo di fare, di vivere in occidente, va condannato, anche se non va ideologicamente demonizzato perché è un bene da difendere. Ma va criticato. Qui entra in gioco tutta la critica che io faccio al nostro mondo, che ha tanto mentre altrove c'è la fame. Bisogna, il più che si ha, non spenderlo egoisticamente per proprio conto, ma dare altruisticamente il necessario agli altri. Rinunciare a un po' del nostro benessere, alla seconda macchina e alla seconda casa. Accettare una riduzione del nostro stile di vita. E poi noi da questi popoli che ci si presentano come poveri e come stracciati, dobbiamo imparare molto, esempi concreti. Anche dal buddismo. Un missionario cattolico mi dice: guarda questi buddisti raggiungono una pace e una serenità di spirito, di fronte alla natura o di fronte alle difficoltà, alle sofferenze, che è invidiabile. Alcuni valori li hanno, anche se non hanno ricevuto la luce di Cristo, e hanno magari un calore umano profondo che noi abbiamo perso, noi che ci siamo lasciati prendere da troppe cose superflue. Cosa pensa delle posizioni dei Comboniani di "Nig rizia"? lo mi sono convinto, come del resto ha detto il Papa nell'enciclica, che questi popoli hanno soprattutto bisogno di vedere il Cristo. Hanno bisogno di Dio, di una speranza. Di qualcosa che vada al di fuori del!' uomo in sé. E noi missionari abbiamo questo messaggio da portare. Quando ti concentri su qualcosa che ti svia (come per esempio le critiche dei Comboniani al capitalismo, alle multinazionali), allora manchi al tuo compito principale. Ci siamo capiti molto bene Franco Cellana a cura di Andrea Berrini La Tanzania, dopo l'indipendenza ottenuta nel 1961, sollo l'influsso del "Mwalimu" - "il maestro" - Julius Nyerere si è gradualmente trasformata in un paese a economia di stato. Nyerere ha utilizzato la parola socialismo, in un contesto decisamente non marxista: cattolico praticante, ha voluto fondere il suo socialismo sui valori di uguaglianza e solidarietà a suo dire intrinseci alla cultura africana del villaggio. Per tradurre laparola socialismo nella lingua swahili, ha in.ventato il vocabolo "Ujamaa ", che si potrebbe tradurre letteralmente in ''famiglità "; la famiglia allargata, base del villaggio, comunità sociale nella quale ogni membro dà secondo le sue possibilità e riceve secondo i suoi bisogni. Nonostante una decisa opposizione al ma,~rismo il socialismo Ujamaa del cattolico Nyerere aveva connotati identici in tulio e per tutto ai socialismi "reali" di stampo sovietico: il villaggio Ujamaa, cooperativo, legato alle gran.diarterie di comunicazione, veniva a costituirsi non in modo spontaneo ma per lo più sulla base cieli' intervento 1nilitare, con. l'esercito che forzava i contadini ad abbandonare le loro capanne per andare a riunirsi nelle aree prescelte dalle autorità di governo. Il socialismo tanzaniano ha però molti meriti: per anni ha saputo convogliare gran parte della ricchezza disponibile verso la gente comune, in termini di assistenza sociale e sussidio ai prezzi dei prodotti alimentari di base. Queste sue realizzazioni, e il richiamo ai valori di eguaglianza, gli hanno guadagnato l'appoggio delle Chiese locali. Incontrando Padre Ce/lana ho colto lo stesso entusiasmo di tanti altri missionari in Tanzania per l' Ujamaa (almeno per la sua prima fase): uomini di chiesa che difendono un socialismo atipico. Ecco padre Ce/lana: Il villaggio Ujamaaè partito da un'idea che è davvero molto africana, e cioè quella della collaborazione Nyerere l'ha presa dalle abitudini di certe popolazioni nella coltivazione dei campi: se lo fanno loro-diceva-perché non lo possiamo fare a livello generale? Dopo il lancio di questo programma è venuta la famosa campagna di villaggizzazione del '74-75, quando ha obbligato la gente a riunirsi sulle grandi arterie di comunicazione. Perché voleva fare un lavoro, oltre che economico, anche culturale. Negli anni Settanta 1'80 per cento della popolazione era analfabeta. Erano ancora divisi in gruppi familiari, sparsi nella boscaglia, e questo non favoriva un avanzamento. Quindi l'ha fatto per motivo culturale e per la Padre Franco Cellana, missionario dell'Istituto Missioni della Consolata, ha vissuto quindici anni nella Tanzania meridionale. I possibilità di fornire servizi. Dal punto di vista economico, li ha obbligati ad avere dei campi comuni sui quali lavorare certi giorni della settimana. Il reddito del villaggio andava diviso fra le famiglie. Purtroppo le rese economiche erano fallimentari. Però il villaggio ha cominciato a funzionare, la gente si riuniva in assemblea, si dava un'organizzazione. E poi yerere ha ottenuto grandi risultati in campo sanitario, nel sistema scolastico. Per anni la Tanzania è stata fra i primi paesi dell'Africa per quanto riguarda questi indici. Ha costruito scuole in ogni villaggio, e dispensari, con un medico a disposizione ovunque, e ogni vi I !aggio aveva il suo veterinario. Purtroppo i risultati non sono venuti: mancava una base economica che_potesse sostenere i primi anni di sforzi. Che rapporto c'era fra l'attività della missione e la costruzione di un villaggio Ujamaa? Che ruolo avevate voi missionari? Ci sono stati due momenti - e due fronti, bisogna dire. Prima· l'entusiasmo per l'indipendenza e per l'Ujamaa: la chiesa l'ha preso come l'affermazione del la vera identità africana. La chiesa si è davvero legata a questa idea. E alla saggezza di Nyerere, che va sottolineata ancora adesso, certo più sul piano culturale che non su quello economico. Quindi la chiesa si è coinvolta. Ma davanti alla villaggizzazione forzata ci sono state delle grosse discussioni e si è creata una frattura: i missionari capeggiati dai Padri Bianchi - che sono molto forti, hanno molta autorità, sono più forti di noi, sparsi su tutto il territorio- hanno fatto capire che la chiesa doveva far sentire la sua voce su ciò che stava avvenendo, di cui Nyerere era tenuto all'oscuro dai capi del Partito. Nyerere si era comportato in modo equilibrato. Non ha mai fatto del male al suo popolo. Però i capi, per far vedere che riuscivano a costituire i nuovi villaggi Ujamaa, hanno fatto cose tremende: i soldati ammazzavano, bruciavano le capanne, mettevano la gente sui camion e la portavano a costruire il villaggio Ujamaa. Ora, inquel periodo, noi avevamo chiesto alla chiesa e ai vescovi di essere più aperti. Ma loro hanno fatto solo qualche denuncia sporadica. Col fallimento della politica Ujamaa, la chiesa è stata presa in contropiede; anche perché i funzionari di Partito hanno cominciato a rubare, e in quegli anni, dopo 1"82, c'è stato un crescendo di corruzione nel Partito e nell'amministrazione. In quel momento noi avremmo dovuto venir fuori con tutte le nostre forze, ma lì i vescovi neri hanno bloccato tutto, hanno

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