Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

EDUCAZIONE E URBANISTICA La città, l'ambiente fisico, architettonico, sociale, culturale forma la sensibilità di coloro che nella città credono. La città cambia, ma la città reale o mitica dell'infanzia continuiamo a portarcela dentro. Dunque la pratica dell'urbanismo deve scegliere continuamente tra la convenienza del cambiar tracciati ed edifici e la necessità di conservare forme e costruzioni del passato, punti imprenscindibili di riferimento per le personalità individuali e per la personalità collettiva. Non c'è cittadinanza senza sentimento di continuità, senza coscienza dei significati che la città, ammesso che li avesse, non ha saputo trasmettere. E però non c'è neanche una piena appartenenza alla città se manca la nostalgia del futuro, l' illusione individuale e collettiva che si proietta verso la città del domani, che fa procedere e insieme fa avvicinare a noi la città lontana. Cittadinanza ed epica All'alba, armati di un'ardente pazienza, entreremonellecittà. (Rimbaud) La casa che voglio... che si vedacittà dalla finestra che si senta il rumore di battagliao di festa per essere pronto in caso di gesta. (Joan Salvat-Papasseit) La città è la gente. È scoprire gli altri, e dunque le differenze. La città può esistere solo sulla base della tolleranza, poiché una città omogenea non esiste, una città è sempre divisa in gruppi, in provenienze, in valori; è il risultato della diversità delle origini e delle attività della popolazione, ed è insieme l'effetto delle libertà urbane. Queste differenze si traducono anche in disuguaglianze e in conflitti. La città, nel meglio e nel peggio, stimola la costruzione di identità di gruppo, per difendersi, per vedersi e viversi come membri di una collettività, per intervenire nei conflitti. Ma contemporaneamente la società urbana è un'offerta di convivenza e un'offerta di solidarietà, poiché in essa si manifestano simultaneamente le ingiustizie della disuguaglianza con la possibile sopraffazione del singolo, e però con la necessità di vivere in comune ogni giorno. Nellacittàl' identità collettiva si basa sull'adesione al passato, attualizzato continuamente nel territorio e nell'edilizia, nella memoria e nei simboli, negli usi e nelle feste, nelle associazioni e nelle manifestazioni. L'identità si rafforza giorno dopo giorno, nella pratica della cittadinanza, nell'inevitabile coordinamento delle funzioni e delle attività, nella partecipazione volontaria ad azioni collettive. La città genera anche patriottismo, ma a differenza di altri tipi di patriottismo questo non si definisce contro altre comunità; nella città possono predominare sentimenti positivi e atteggiamenti di apertura, poiché essi si basano sulla quotidianità e sullo scambio. La città è commercio e cultura. Ma tutto questo, se non c'è altro, potrebbe anche portare a una collettività assai triste, che potrebbe a poco a poco disgregarsi. Solo se definisce progetti collettivi e mobilitanti la città può trovare soluzione ai suoi problemi, può convertire in progresso i suoi conflitti. I progetti possono essere di una parte o di tutte le parti. A corto o a largo raggio. Riferiti solo ad alcune attività o a pirazioni di carattere culturale, sportivo, economico, ecologico, eccetera, oppure di carattere globale. La città che non genera un patrocinio attivo, e spirito di competizione, e una forte illusione creativa, è condannata alla decadenza; e non potrà certo produrre le risorse che permettano ai giovani una piena qualità di cittadini, la "cittadinanza". I progetti collettivi mobilitano soprattutto i giovani, sono proposte di futuro. Di conseguenza, nella città la politica è qualcosa di immediato. Se è vero che "diventare cittadini" richiede la partecipazione ai processi collettivi, la via tramite la quale il bambino o la bambina si immergono nella città è anche la stessa che porta alla politica nel senso più ampio e generoso.D'altro canto, l'organizzazione politica cittadina (i tituzionale) è molto più accessibile di quella statale. È più vicina, meno costrittiva, più aperta, meno burocratica. Però ci portiamo dietro molti scompensi in fatto di democrazia, a partire da un eccesso di gestione centralizzata e amministrativa che impone una "offerta" dalla parte pubblica (urbanistica, culturale, di servizi sociali ecc.) non necessariamente rispondente alla "domanda" o alle aspirazioni sociali, difficili da esplicitare. Oppure ci portiamo dietro l' inadeguatezza tra gli ambiti reali della vita urbana e quelli della rappresentanza politica. Per esempio, i giovani delle periferie devono usufruire dei centri cittadini, e lo fanno, ma non possono influire sulla politica (culturale o sociale) del centro urbano, poiché spesso risiedono in zone che appartengono amministrativamente a un altro comune. La città non è solo la cornice dell'azione collettiva o politica, che ha la città stessa come unico referente. È anche il luogo in cui si formano movimenti sociali di grande portata, il luogo in cui si concretizzano lotte solidaristiche, a partire dalle identità di gruppo e di valori. Per l'informazione che trasmette e a cui accosta (per esempio su fatti internazionali, catastrofi ecc.) e per le ingiustizie che evidenzia (per esempio, l'esistenza di gruppi particolarmente emarginati e oppressi), la città permette molte occasioni di presa di coscienza e di manifestazione di movimenti politici, culturali o morali. Una dimensione che è probabilmente molto stimolante per ragazzi e ragazze nel loro processo di conquista della città e di accesso alla cittadinanza, è la possibilità di entrare in relazione con altre città. Tutte le città sono, fino a un certo punto, centri, luoghi di scambio, d'incontro e di passaggio, porti, frontiere. La città educatrice è anche quella che sa articolare e moltiplicare le possibilità di scambio con le altre città. E oggi l'Europa è una città fatta.di tante città. LATERRA 15 < ! ~ ,. .. ;: .. e z ,.

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