Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

I 2 VISTA DALLA LUNA ~ ~ j lordi Borja Jordi Borja Sebastià (Barcellona 1937) è stato professore di sociologia urbana alla scuola di architettura di Barcellona e di sociologia all'Università di Barcellona e di geografia urbana nell'Università autonoma della stessa città. Ha scritto tra l'altro Estado y ciudad (1988), Democracfa locai (1988), Europa: Ciudades y Territorio, in Barcelona métropolis mediterranea (1990), e ha curato con altri i volumi Cities of the World/ Ciudades del Munda, in cinque voi. (edizioni Nazioni/ Unite/ Mopu Ayuntamiento Area Metropolitana di Barcellona, 1988-89), Las grandes ciudades en la década de los noventa (1990), ecc. Per la stesura di questo saggio si è servito delle riflessioni di Paul Bairoch (De Jéricho à México, 1985), Manuel Castells (La ciudad y las masas, 1984), Lewis Mumford (La città della storia, 1961), Park, Burgess e McKenzie (The City, 1925), Henri Pirenne (Les vii/es et /es institutions urbaines, 1939), Marcel Roncayalo (La città, 1988) e Gordon Childe, lldefons Cerda, Pierre George, Jane Jacobs. L'educazione alla città traduzione di Saverio Esposito La città conquistata Un giorno, dice Dario, questa stessa città che siamo stati noi a innalzare e che ci respinge diventerà nostra. (Victor Serge, Nascita della nostra forza) La città che viviamo è quella che risulta dai nostri percorsi quotidiani, dalle prospettive che si vedono dalle sue finestre e terrazze, dagli ambienti dei giorni di festa. Ma è anche la città scoperta nelle prime emozioni vissute nella strada, o quando il bambino o la bambina si addentrano avventurosamente nell'ignoto; la città creata dai ricordi e dalle immagini trasmesse in ambito familiare; la città immaginata nel buio della notte, sulle suggestioni delle prime letture, dai desideri insoddisfatti. Oggi sappiamo bene che prima di scendere in strada bambini e bambine si sono già costruiti un mondo di paesaggi e di città, di storie e di viaggi, un mondo in cui mitici passati, presenti immaginari e futuri improbabili si fondono, formando realtà più reali di quelle che ci attorniano: la televisione e il video sostituiscono l'avventura della progressiva scoperta della città, della conquista della città. That is the question. Il cammino che porta a costruire noi stessi come uomini o donne liberi esige uno sforzo, un'azione che ha necessariamente i suoi momenti di paura, di rischio, di frustrazione. La città va conquistata lottando contro il timore del- !' uscita dall'ambiente protettivo della famiglia, vincendo il rischio che nasce dall'immettersi nell'urlo e nel furore metropolitani, superando le frustrazioni derivate dal fatto di non avere immediatamente tutto quello che le luci della città sembrano offrire. La città è pienamente educatrice soltanto se è possibile viverla come un'avventura, come un'iniziazione. La persona libera è quella che sente di esser riuscita, a modo suo, a conquistare la città. Solo allora può usufruire delle libertà urbane. Uscire di casa Attraversare la strada per uscire di casa. (Cesare Pavese) La città è la principale iniziazione alla portata del bambino che vuole uscire di casa. Non gli basta (non è possibile che gli basti) la scuola. La scoperta del mondo fatta su quel che vediamo succedere dentro l'apparecchio televisivo offre informazioni, ma non forma personalità attive. Permette forse di emozionarsi per interposta persona, ma non permette di vivere sentimenti propri. Offre molte e svariate immagini di situazioni e accadimenti reali, ma tiene fuori della realtà lo spettatore bambino privo di altri riferimenti. Prima o poi, e meglio prima che poi, bisogna pur uscire di casa. E, fuori, c'è la città. Cosa incontrerà? Persone. Frammenti di paesaggio. Movimento. Lavori. Forse vetrine più o meno attraenti. Rumore. Divieti. E, più oltre, terre incognite. Come avventurarsi nella città? Nella grande città di oggi, i bambini sono vittime del disinteresse collettivo (le città non sono state pensate per loro, essi non hanno statuto di cittadini) come, paradossalmente, vittime della crescente attenzione sociale che essi richiedono. Ai bambini è costata fatica la conquista di uno spazio proprio dentro casa, ma nelle città non lo hanno proprio conquistato, oppure lo hanno perduto. Non intendiamo qui il fatto che ci sia più o meno spazio per i giochi infantili, ma che sia o no possibile incontrare la città, muoversi per la città. Scoprire la città non è, va da sé, la visita scolastica ai monumenti e al sistema fognario (va bene anche questo, ma riguarda i più grandi) ma la possibilità di addentrarsi progressivamente in territori sconosciuti. Il disinteresse sociale rende impossibile ai bambini frequentare strade e piazze accoglienti e protettive, poiché esse quasi non esistono più. La società le sostituisce con spazi specializzati e accoglienti e per sortite scolastiche benintenzionate. Sono scomparse l'avventura, l'iniziativa individuale o di gruppo, lo scontro con la gente e con le norme, la conoscenza dei di vieti e la trasgressione, il procedere verso l'ignoto e lo scoprire territori e personaggi nuovi. Viene così frustrato, anche nella sua dimensione di quartiere, il desiderio di città. L'adolescente aspirerà a dominare il quartiere e ad addentrarsi nella città. Ma se la città non ha una struttura urbana diversificata, se non offre possibilità di vita collettiva, la socializzazione che ne risulterà sarà assai povera. Per l'adolescente, oggi è più difficile uscire dal quartiere. Ben pochi hanno i mezzi per potersi muovere in città che

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