4 VISTA DALLA LUNA ~ ~ <l'. -l cessità di inculturazione: saper cioè scoprire e valorizzare elementi di cultura locale nei quali ritrovare tratti cristiani. Evangelizzare significherebbe allora portare a compimento processi già avviati dalle culture locali: insegnando loro a riconoscersi nel testo evangelico. El' attività concreta, di tipo sociale, sembra in questo caso cominciare a pesare di più dell'aspetto più specificamente pastorale. Questa posizione, poi, porta a problematizzare il rapporto tra il missionario e la gente. Il missionario é portatore di forze, tecniche, capacità economiche: come evitare l'aprirsi di un baratro tra lui e la gente? Il missionario é un bianco a contatto con popoli di tutte le razze: come evitare che la sua presenza riaffermi la superiorità dei bianchi, il dominio dell'occidente sul mondo? 5) Vivere in mezzo alla gente, le sue condizioni di vita. Fare cioè del proprio modo di operare il messaggio in sé stesso. Insegnare il Vangelo attraverso il proprio modo di vivere- aiutare gli umili e i bisognosi, vivere in comunità, non cercare impossibile conforto negli aspetti più materiali dell'esistenza e sopratutto non considerare imprescindibile uno standard di consumo "occidentale": questo sembra essere il messaggio innovativo lanciato all'universo missionario dai Comboniani riuniti intorno a "Nigrizia", dai giovani laici e saveriani di "Alfazeta", e da tanti altri nelle varie organizzazioni missionarie. Non basta il "fare": non bastano gli obbiettivi concreti da raggiungere, l'importante sono ancora e sempre di più i modi con i quali si opera, non i fini ma i mezzi. E quando Alex Zanotelli - Comboniano ed ex direttore di "Nigrizia", missionario che vive in una baracca della periferia di Nairobi - vuole convincermi che molti cattolici capiscono il perché della sua scelta atipica, lo fa con le parole di una ragazza qualsiasi in una parrocchia d'Italia, che gli diceva: "Di te mi hanno raccontato che sei matto, che sei un comunista. Io sono troppo giovane per giudicare, ma di una cosa sono convinta: che nella ricchezza non c'è verità." 6) Ho già accennato a un possibile parallelismo tra la tematica avanguardia/masse del marxismo e il linguaggio missionario: e lo trovo decisamente inquietante. Quello che invece mi lascia perplesso, da non credente, è il rilievo che nessuno di noi, a sinistra, ha mai concepito neanche lontanamente scelte sirnili a quelle del missionario: le periferie del mondo restano per la sinistra solo immaginifici scenari da evocare a sostegno di una pretesa di radicalità che mai è suffragata dall'intervento concreto. Nessun rifondatore del comunismo ha mai scelto quelle periferie come centro della propria militanza politica - e nemmeno da lontano, da qui! - così come nessun apologeta del postmoderno le ha mai scelte come punto di vista dal quale inventare una delle possibili immagini del mondo. L'intervista a Padre Agostino Rota Martir riI MISSIONARI corda invece questo aspetto dell'intervento missionario. Compito del missionario é, per lui, aiutare la gente a vedere la realtà che la circonda, a capirne la profonda ingiustizia. E l'azione del missionario può avere effetti devastanti anche sul modo in cui siamo abituati a vedere il mondo noi, dal Nord: davvero, i suoi racconti allargano gli orizzonti, disancorano la nostra visione del mondo e ci costringono a riassestarla. "Vedere con gli occhi dei poveri": proprio per questo si ritiene di fondamentale importanza (si veda l'articolo di Aluisi Tosolini, direttore di "AlfaZeta") che il cristiano o il non credente, di fronte al racconto di missione, non si limitino all'obolo di carità, voltando le spalle non appena consegnato un modulo di versamento su conto corrente, ma piuttosto si sentano impegnati a imparare una diversa sensibilità del mondo: scegliendo poi il miglior modo di agire. La domanda che si pone è: "Ma perché tu mi dai dei soldi?" Resta il fatto che la forza visionaria di certi racconti di missione va in ogni modo messa in risalto, emancipandola dall'ambito ristretto delle riviste missionarie e dal rapporto con i versatori d'obolo abituali. 7) La parola "sviluppo" è carica di ambiguità. È tutta da discutere, certo: quale sviluppo? E magari: perché lo sviluppo? Parte del mondo missionario affronta questi interrogativi quando propone la valorizzazione delle culture locali, legate in certi casi a uno stile di vita "arcaico", organico a economie di pura sussistenza. Ma il tema società arcaica/sviluppo è un tema ormai superato dai fatti. Di sicuro il nùssionario che cinquant'anni fa affrontava l'Africa, scioglieva questa contraddizione in modo acritico e univoco, facendosi portatore della colonizzazione e quindi di quel tipo di sviluppo. Ma oggi il dilemma non è più arcaicità/sviluppo. Fra nemmeno vent'anni più della metà della popolazione africana vivrà nelle grandi concentrazioni urbane, il che vuol dire che quasi la metà della gente di quel continente abiterà una baracca: non l'arcaicità, dunque, ma il degrado delle aspettative di sviluppo é oggi il campo di intervento del missionario. Anche perché economia di sussistenza vuole ormai dire non solo cibo, ma medicine, vestiti, informazioni, possibilità di spostarsi. È un passo avanti, rispetto allo slum, e non un passo indietro. 8) Ascoltando i loro racconti, visitando le periferie dove vivono, i missionari appaiono davvero esploratori, avventurieri dell'anima. Non solo saçerdoti e credenti, dunque ma qualcosa di più. Da dove nasce allora, in questi uomini la spinta ad abbandonare comode parrocchie di paese per andare a spendere la loro vita laggiù? Ho girato la domanda ad alcuni di loro. Padre Cavallini nù ha detto: "Forse è un modo come un altro per confrontarsi con ciò che è fuori, per uscire da me stesso" Padre Efrem Tresoldi, anche lui Comboniano e direttore di "N igrizia", mi ha risposto: "Se non avessi fatto tutto ciò che ho fatto, sento che la mia vita non sarebbe autentica."
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