Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

GLI ORGANISMI E LE MENTI COME FORME DINAMICHE B. C. Goodwin traduzione di Alberto Cristo/ori Brian C. Goodwin, di nazionalità canadese, ha trascorso la maggior parte della sua carriera scientifica in Gran Bretagna. Fondamentale nella sua formazione è stato il periodo trascorso a Edimburgo come allievo e collaboratore di C. H. Waddington (che ha svolto un ruolo innovativo nell'ambito della genetica e ha fortèmente influenzato il pensiero di Piaget, ed è stato, tra l'altro, profondo conoscitore e collezionista della pittura di questo secolo). Di lui Goodwin è l'erede scientifico e, i.nsenso più lato, culturale. Una formazione complessa di fisiologo, matematico e embriologo gli permettono di affrontare con articolazione inusuale di strumenti gli aspetti teorici e sperimentali della biologia contemporanea. Attratto dallo strutturalismo, si è fatto promotore di una trasformazione della biologia da scienza storica in scienza esatta. È oggi professore alla Open University a Milton Keynes, in Gran Bretagna, e figura di spicco nell'Osaka Group. Autore di numerosissime pubblicazioni, ha scritto tra l'altro Tempora/ Organization in Cells e con Webster Il problema della forma in biologia, uscito in Italia presso Armando. Il creatore e l'automa Cartesio era dell'opinione che la distanza tra gli uomini e gli animali fosse tale per cui il comportamento di questi ultimi può essere spiegato in tennini puramente meccanici, mentre l'umanità è in possesso di una facoltà creativa, irriducibile al meccanismo, rivelata in particolare dal linguaggio. La sua definizione di creati- · vità era percettiva e coinvolgeva sostanzialmente tre elementi: varietà illimitata; rilevanza o pertinenza; libertà dal controllo degli stimoli. Una persona in grado di usare competentemente il linguaggio può produrre una varietà di frasi virtualmente infinita, ciascuna delle quali pertinente o appropriata al contesto linguistico, e la frase particolare selezionata per la pronuncia non è dettata da uno stimolo esterno. In questo modo il criterio usato da Cartesio per distinguere l'uomo dagli animali era incentrato sulla creatività. A tre secoli di distanza, con una scienza cartesiana altamente sviluppata e una teoria dell'evoluzione pensata per spiegare l'origine delle specie (e quindi le differenze tra le specie, come il linguaggio), come si è evoluto, precisato o trasformato questo criterio? Nel contesto della linguistica l'idea che il linguaggio sia una delle caratteristiche più importanti per mezzo delle quali l'Homo sapiens può essere distinto dagli altri primati gode ancora di molto · seguito, malgrado la dimostrazione che questi ultimi (gli scimpanzé, per esempio) sono perfettamente in grado di imparare un rudimentale linguaggio di segni e di usarlo creativamente combinarido i segni in modi nuovi e contestualmente appropriati. Chomsky, tra gli altri, insiste nondimeno sul fatto che l' acquisizione straordinariamente rapida di competenze linguistiche da parte dei bambini e il grado di creatività mostrato sono tanto superiori a quelli dimostrati dalle altre specie che rivelano un diverso livello qualitativo di organizzazione cognitiva 1. Egli adotta così una posizione cartesiana sul problema e i criteri cartesiani dell' espressione creativa nel linguaggio sono elaborati e abbracciati nei suoi saggi Linguistica cartesiana2 e Linguaggio e mente3. Dall'altra parte, i principi analitici cartesiani per lo studio degli automi, che per lui comprendevano non solo la natura inanimata ma tutti i fenomeni biologici fino alla mente umana, hanno prodotto una scienza biologica dominata dalla spiegazione meccanicistica. L'evoluzione, di cui Cartesio non poteva occuparsi, è considerata essa stessa il frutto di un processo puramente meccanico di variazione in base alla selezione naturale, che ha generato non solo gli animali, ma anche gli esseri umaiu, compresi i loro cervelli. Anche i cervelli devono quindi essere meccanismi; se si accetta la filosofia monistica della teoria evoluzionistica contemporanea, e qualunque differenza esista tra gli uomini e gli animali deve essere di grado e non di qualità. Che cosa risponde Chomsky a tutto questo? Egli assume il punto di vista4 secondo cui il cervello umano è un organo di pe~sie~o e, come altri organi del corpo, differisce da quelli degli ammali a causa delle differenze innate (genetiche) tra le specie. Chomsky è perfettamente consapevole che questo.innatismo spiega ben poco. Pone un problema, non una soluzione, specialmente perché le differenze genetiche tra gli uomini e gli scimpanzé ammontano,a non più dell'uno per cento dei loro genomi (il che equi vale a dire che per il 99 per cento siamo geneticamente identici). Ma in termini strettamente concettuali Chomsky è chiarissimo a proposito della natura delle "spiegazioni" evoluzionistiche che invocano la selezione naturale pe( spiegare lo sviluppo di differenze di forma e di comportamento tra le specie, come risulta dalla seguente affermazione: "Attribuire questo sviluppo alla 'selezione naturale' va benissimo finché non ci accorgiamo che questa affermazione non ha alcun fondamento, che essa non è che un atto di fede nell'esistenza di una qualche spiegazione naturalistica per questi fenomeni" 5 • Poiché i geni creano le molecole, la genetica è un potente strumento per produrre differenze nella composizione molecol~e degli organismi e per identificare le conseguenze morfologiche, comportamentali e metaboliche di queste differenze. Ma non ci dice in che modo le molecole sono organizzate nel processo dinamico e organizzato che è l'organismo vivente. Attraverso l'applicazione dei p~incipi cartesiani per la riduzione quantitativa di problemi complessi a processi elementari chiari e semplici, è emerso che gli animali non sono gli automi che pe_nsay~Cartesio; in realtà essi sono refrattari alla comprensione sc1ent1f1caesattamente quanto le menti che Cartesio considerava uniche in quanto appartenenti al dominio della irriducibile creatività. I campi della biologia che continuano a sfidare un'analisi riduzionistica di tipo cartesiano comprendono il funzionamento del cervello, lo sviluppo degli embrioni e le origini evoluzionistiche dei più importanti gruppi tassonomici di organismi. Si potrebbe sostenere che questi sono precisamente i campi della biologia in cui la creazione è più evidente. Ma, malgrado la chiarezza della definizione cartesiana, forse la creatività non è la maniera migliore di caratterizzare la natura del problema che ci troviamo ad affrontare in questi aspetti della natura organica. Vediamo quindi se riusciamo a capire queste proprietà degli organismi e delle menti per mezzo di un approccio un po' diverso. La trasformazione a volte è il modo migliore per trovare una soluzione. Il problema della forma Le tre aree di difficoltà individuate sopra- e cioè il funzionamento del cèrvello, lo sviluppo degli embrioni e l'origine delle più importanti classi tassonomiche di organismi - hanno qualcosa in comune: tutte coinvolgono la generazione di forme organizzate complesse. Questo è perfettamente chiaro nelle origini evoluzionistiche dei più importanti gruppi tassonomici (filogenesi), che sono caratterizzati da diversi caratteri morfologici, e nello sviluppo degli embrioni (ontogenesi), secondo cui organismi di forma 73

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