RASOI Enzo Moscato Enzo Moscato in Rasoi (foto Accetta & D'Elia) Nota su R{lsoi Goffredo Fofi Teatri Uniti raccoglie alcune delle più interessanti esperienze teatrali nate a Napoli nello scorso decennio e anche oltre. Interessanti su piano napoletano, nazionale ed europeo. È sorprendente e consolante che singoli e gruppi si trovino ora, finiti per sempre i disutili anni Ottanta, a lavorare insieme, ricostruendo tessuti secondo affinità che già c'erano, ma che l'accidia e avarizia del decennio voleva soffocare. Mario Martone (di cui non si può dimenticare l'animazione di Falso Movimento e che ha appena terminato di girare il suo primo film, con un cast ali neapolitan, scritto da Fabrizia Ramondino e interpretato da un attore d'eccezione come Carlo Cecchi) e Toni Servilio, che è anche attore, e attore tra i più mobili coraggiosi e bizzarri, hanno messo in scena insieme, con i membri di tre gruppi teatrali e dividendosi scene ed elaborando collettivamente, un lavoro di Enzo Moscato, Rasoi, composto di brani nuovi uniti ad alcuni acquisiti da Partitura. I due brani nuovi -affidati sulla scena il primo, in vari ritorni, adMarco Manchisi (asciutto adolescente/vecchio che grida la sua rabbia al mondo e il suo non accettarlo, e grida insieme l'amore/ripulsa per una cultura e una società che si è disastrata e per l'usò che se ne fa o che essa fa di se stessa) e il secondo a Servilio che lo "dice" con accompagnamento musicale da guappo a caricata imitazione dei "cantanti di giacca" - sono quelli che qui presentiamo, Rasoi e Litoranea. I due brani sono di apertura e chiusura dello spettacolo, che è però aperto e chiuso innanzitutto dallo stesso Moscato, pallido e mite e collocato sulla scena più in alto degli altri attori, sopra il livello di Ferdinando e Maria Carolina, re osceni, e sotto il livello che è della Madonna che narra la storia del bambino violentato, di Palummiello ; e come inchiodato al rosso sipario mobile che non si apre, ma si allontana e avvicina allo spettatore aprendogli o chiudendogli amari spiragli di comprensione. Nei vicoli di Nàpoli ci sono, ad altezza d'occhi di umani, gli incavi nel muro dei "Purgatori", sotto l'edicola sacra, a ricordare ai vivi la presenza dei morti, infine una comune condizione di aniti1epurganti. Ci si specchia, in quelle anime, e la scena di Rasoi sembra, col sipario del colore di cupe fiamme, appunto un Purgatorio, con le sue anime piegate e piagate, e la sua Madonna, però qui di lato e non al centro, che ha lasciato il centro della scena ai veri protagonisti, distinti dalle anime dei Purgatori da una cosa: dall'assenza di speranza. Tra un lamento~ l'altro di qu~ste anime tristi e la vomitosa vitalità delle regali e padrone, sta Moscato, e canta canzoni note (meno l'ultima) ma ricondotte, senza musica (la musica irrompe solo per l'accompagnamento della conclusiva e "panoramica" Litoranea ), alla loro primigenia bellezza, alla loro essenziale melodia. Con un filo di voce, come s'addice a chi sa di esser morto e lo dichiara ali' inizio, ma soltanto ignora quando, è morto, c?me chiede alla fine. · È forse in questo "quando" che risiede la produttiva ambiguità dello spettacolo, provocatorio per Napoli. in quanto dichiara la morte della Napoli "grande tribù (che) ha deciso di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia, o altrimenti, la modernità", secondo quanto diceva Pasolini. E dichiara semmai una sua sopravvivenza contorta dentro sacche assediate, corrotte. È sgradevole questo spettacolo, per i napoletani; e piac ai nonnapoletani forse perché dimostra - nonostante il suo assunto, per il fatto stesso di esserci e di essere così forte, così vivo- la vitalità di una cultura e la coscienza di una diversità, sia pure in crisi. È come se gli autori- l'autore, i registi, gli attori, e tra di loro, tutti bravissimi, non va dimenticato certamente Tonino Taiuti, che recita il suo Rondò storico da cieco straccione, come un consunto Eduardo che non fosse diventato Eduardo e fosse invece diventato Totonno 'e Quagliarella, l'ubriaco rammemorante, filosofeggiante - dimostrassero nei fatti, nello spettacolo, con il loro assunto la contraddizione più alta. E viene da dire che, se ci sono napoletani come loro, con questo grado di comprensione delle proprie contraddizioni e della contraddizione di una città circondata e anche, a suo modo, bombardata dal moderno, e corrosa dalla corruzione esterna e interna, e logorata dal suo uso e riuso e dall'uso e riuso della propria immagine che essa stessa ripropone consumandola, invecchiandola, e quasi sempre svilendola e svendendola - allora Napoli non è morta, e la sua cultura, la sua diversità hanno ancora qualcosa da dire e da insegnare (o insegnare-imparare, secondo l'opinione di Fabrizia Ramondino sulla sapienza-innòcenza del rapporto di Moscato con Napoli). Con lucidità, con crudeltà, con lucidità e crudeltà anche verso se medesimi, e senza quell'abominevole compi'acimento che è in agguato a Napoli e altrove nel modo più disastroso e ipocrita dietro le idee di tanti attori.registi cantanti scrittori giornalisti comici umoristi e perfino insegnanti elementari e universitari, senza contare gli uomini detti politici (una parola che viene da "polis", pensate!). Il rabbioso/dolente Purgatorio "messo in scena" in Rasoi ha questo carattere, che gli viene dal testo di Moscato: la degradata tristezza e l'altezza poetica coesistenti. È questa la sua misura, la sua qualità: che sono misura e qualità di non-soddisfazione, di non-pienezza, di 11011soluzione, di esser dentro e esser fuori, vivi-e-morti, vicini-e-distanti. La condizione, si direbbe, propria all'invenzione del Purgatorio che, come sappiamo e vogliamo non sapere, non è condizione solo napoletana. Enzo Moscato (Napoli) è nato nei quartieri spagnoli del centro di Napoli e vi è cresciuto. Laureato in filosofia, fa teatro dal 1979e ha diretto e interpretato ipropri testi, dapprima con una propria compagnia, "L'orfano veleno". Ricordiamo, tra gli altri, Carciofolà, Scannasurice, Trianon, Bloody Sister, Occhi gettati, Festa al celeste e nubile santuario, Bordello di mare con città, Pièce noire, Ragazze sole con qualche esperienza, Partitura, eccetera, raccolti in L'Angelico Bestiario dalle edizioni Ubulibri nel 1991, con prefazione di Fabrizia Ramondino. Ha vinto il premio IDI 1985e il premio Ubu 1988. Di lui abbiamo pubblicato nel n.26 di "Linea d'ombra" (aprile 1988) Tatuaggio, ovvero Compleanno. (Anche di Tonino Taiuti, uno degli interpreti di Rasoi, abbiamo pubblicato un testo: il monologo Cammina ca arrivarraie, nel n.14, del maggio 1986). 69
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