Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

11 CHISSENE ••• ,, Susanna Tamaro Susanna Tamaro è nata a Trieste nel 1957 e vive a Roma, dove, tra le altre cose, lavora come regista di documentari scientifici per la televisione. Ha infatti studfato regia al Centro Sperimentale di Cinematografia ed è una appassionata naturalista. È anche. pare, esperta di karatè. Ha pubblicato due libri presso Marsilio: La testa tra le nuvole ( 1989) è un romanzo e narra del ragazzo Ruben che cresce perdendo le virtù e la speranza dell'adolescenza, e _ P l ( 1991) Foto di Giovonni Giovonnelli (Eff,ge) ervocesoa , racconti di originale e crudele fantasia su dati reali dell'Italia che ci sta attorno. Era stato giovedì al ritorno dalla solita canasta: mentre percorreva le strade del centro il professore Baraldi si era imbattuto in due giovanotti. Sul principio vedendoli da lontano, aveva pensato a un miraggio simile a quelli che accadono nel deserto. Era agosto e per tutto il giorno il sole aveva battuto a picco sulla città. Avvicinandosi si era invece reso conto che si trattava di due vere persone. Non avevano più di trent'anni, erano piuttosto forti di corporatura e vestiti quasi di stracci: uno stava completamente disteso su un fianco con gli occhi chiusi e il capo posato su un braccio, l'altro gli stava accoccolato accanto e reggeva sulle ginocchia un pezzo di cartone. "Abbiamo fame", c'era sctitto sopra, e sotto c'era un portavasi di plastica con alcune monetine dentro. In vita sua il professore non aveva mai visto dei mendicanti così giovani e così in buona salute. Nel tragitto verso casa continuò a pensarci. Pensò anche a uno dei suoi nipotini nel quale si era imbattuto casualmente per la strada poche settimane ptima. Era in compagnia di alcuni coetanei e masticava con la bocca aperta una gomma americana. _ 0"Ciao nonno" aveva biascicato muovendo la mandibola come una mucca. "Sputala" gli aveva allora ingiunto lui, "sputala subito". Ma invece di ubbidire Massimiliano aveva alzato le spalle, "chissene ..." aveva detto e ridendo si era allontanato con gli amici. Senza quasi accorgersene il professore era già arrivato a casa. Appena entrato in ascensore appoggiò le mani al bastone e sospirò. "Dove diavolo stava andando il mondo?" Il professor Baraldi aveva ottantacinque anni e da quindici era vedovo. Sebbene sua moglie fosse parecchio più giovane, se ne era andata per prima, stroncata da un male incurabile. Al tempo del matrimonio lui era ufficiale dell'esercito: aveva abbandonato la cartiera militare poco dopo la nascita del primo figlio e si era dedicato ad amministrare gli ingenti patrimoni della moglie. In seguito aveva aperto uno studio di consulenza fiscale e amministrativa e, grazie alla sua abilità, era riuscito ad accumulare un patrimonio assai superiore a quello otiginario. A ottant'anni era stato colpito da una lieve ischemia cerebrale e su consiglio del medico, aveva lasciato la conduzione dello studio ai figli. Contrariamente alla maggior parte degli uomini con l'improvvisa inattività non si era affatto lasciato andare. Anzi, proprio forse per la paura di farlo, si era costretto a una vita più curata e regolare.L'ordine e il rispetto, diceva sempre, sono le uniche cose che ci permettono di distinguerci dalle bestie. Chiusa alle spalle la porta dell'appartamento il professore posò il panama bianco sull'appendiabiti, poi posò un piede su uno sgabello di legno e chiamò con voce forte: "Amilda!'? Dalle stanze non giungeva alcun rumore. "Amilda!" ripeté stentoreo. Ci fu un fruscio simile a quello delle bestie nel bosco e in fondo al corridoio comparvero due occhi neri e luccicanti. Il professore scosse il capo, sospirò ancora: "Già, Rossella" borbottò e con un, cenno imperioso del capo, esclamò: "qui" e indicò il suo piede. Dalla penombra comparve una ragazza di colore con indosso un grembiule a quadretti bianchi e rossi. Titubante si inginocchiò ai piedi del professore e con gesti maldestri cominciò a togliergli le scarpe. _ Dopo mezz'ora il professore era seduto a tavola, davanti a lui c'era la televisione accesa. Lo speaker parlava di una melma che aveva invaso i ma.ii.Si vedevano di schiena alcuni bagnanti fermi sullarivae un pattino che avanzava lento in una specie di gelatina. "Arnilda se ne è andata" pensò il professore, "e forse anch'io presto ..." Sentì un vuoto aprirsi all'altezza dello stomaco, chiamò Rossella e Rossella apparve tenendo davanti a sé una scodella di moplen. "I cetrioli" disse il professore, "sono il mio cibo preferito" ma quando lei glieli servì nel piatto il desiderio di mangiarli gli passò. Percinquant' anni Arnildaglieli aveva preparati tagliandoli sottili sottili e non poteva rassegnarsi a mangiare quella specie di tronchetti da selvaggi che Rossella gli metteva davanti. "Fammi due uova" disse allora e quando lei tornò con la frittata pronta le spiegò per filo e per segno in che modo andassero tagliati i cetrioli affinché li potessero mangiai-e anche i cristiani. Piegando il tovagliolo sospirò: "Ah, Arnilda," disse "se tu potessi vedere com'è ridotto il tuo pupo ..." Amilda era entrata a servizio nella famiglia del professore quando questi aveva cinque anni. Proveniva da una famiglia di contadini di Fiume Veneto e, sebbene ai professore bambino fosse sembrata una donna già fatta, in realtà a quell'epoca non doveva avere più di dodici o tredici anni. Pupo era il nomignolo che Amilda gli aveva dato allora e Pupo il professore era rimasto fino a due mesi prima quando lei, per un soffio al cuore trascurato, all'improvviso se ne era andata. Dopo quella perdita avvenuta da un giorno all'altro le sbadatezze da ottuagenario del professore avevano cominciato a peggiorare. Una domenica a pranzo dal primogenito, poco prima di mettersi a tavola, si era alzato per andare a lavarsi le mani ma 63

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