Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

aperto il registro, ma mio marito si rivolse a me come se rimproverasse un bambino. "Al solito, sei subito pronta a rinunciare. Non devi. Anche se ora sembra un affitto impossibile, una vol.ta che sarai entrata riuscirai in qualche modo a pagarlo. Ma una cosa brutta non puoi certo migliorarla. Ci sarebbero appartamenti sui cinquanta, sessantamila yen?" L'impiegato ci assicurò che per un affitto superiore ai cinquantamila yen poteva indicarci ·un certo numero di case che ci sarebbero piaciute. Mio marito chiese di vederle subito. Aveva • problemi economici al punto che avevo dovuto io stessa anticipargli i soldi per il contratto della sua nuova casa; non potevo certo sperare che mi passasse gli alimenti dopo il divorzio. Mi aveva detto di voler ricominciare tutto da capo; la nostra separazione era l'unica via per risolvere i suoi problemi. Anche io desideravo provvedere a tutto con le mie forze; non volevo seguitare a chiedere denaro a mia madre. A questo punto, il massimo che potevo spendere per l'affitto di un appartamento era cinquantamila yen, più o meno la stessa somma che era stata necessaria per la casa dove avevamo vissuto in due. Non avrei dovuto provvedere alle sue spese personali, ma in compenso calcolavo che avrei potuto vivere senza fare debiti. Era un calcolo forzato, perché cinquantamila yen costituivano più della metà del mio stipendio. Quello stesso giorno ci fecero vedere un appartamento che avrebbero affittato per sessantamila yen. Era una casa moderna, in cemento armato, ineccepibile sotto tutti i punti di vista, vicina all'ufficio, ma nonostante questo non mi trovai d'accordo. Come sempre, facemmo il giro degli appartamenti liberi. Una casa da settantamila yen, con giardino, dove peraltro non volevano bambini. Mio marito tentò di spiegare al proprietario che si trattava di una sola bimba, che per di più durante il giorno andava al nido, ma fu inutile. Il livello delle case che andavamo a vedere saliva progressivamente. Ormai, anche se ci proponevano affitti pari a tutto il mio stipendio, lasciavo dire tranquillamente. Non mi sembrava né comico né imbarazzante. Nessuno dei due pensava realmente di essere parte interessata. Mio marito mi accompagnava e io•accompagnavo lui. "Andiamo anche oggi?" Questa domanda era diventata un'abitudine. Se solo il tempo era buono, bisognava pensare che l'intervallo di mezzogiorno fosse interamente preso. Per tutto gennaio e febbraio, un giorno dopo l'altro, il tempo si· mantenne sereno. Trovammo una casa che aveva accanto all'entrata un albero di cipresso. Oltre la scala di cinque gradini, ci aspettava una porta dipinta di un tenero color verde acqua. L'albero cresceva tra l'entrata e la scala, nel breve spazio che non raggiungeva il metro. I suoi rami coprivano la finestra, dipinta dello stesso colore dell'ingresso. "È abbastanza bella" disse mio marito con voce esultante. "Non mi piace l'albero. Vorrei un ciliegio o una magnolia." "Però il cipresso è più elegante." La casa, a due piani, era composta di una stanza di tipo occidentale, con la finestra ad angolo, di una stanza giapponese di sei tatami piuttosto buia, e una cucina-tinello; al primo piano c'erano due I uminose stanze giapponesi ed un piccolo terrazzo per stendere la biancheria. Quando arrivammo a vederlo; mio marito STORIE/TSUSHIMA ed io avevamo raggiunto uno stato d'animo assai simile all'estasi. Consapevoli della presenza dell'impiegato dell'agenzia, ci scambiavamo frasi piene di sorrisi, "In questa casa, i tuoi amici sarebbero ben felici di venire a trovarti." "Potrebbero fermarsi a dormire ...." "La bambina starebbe benissimo. E anche io potrei passare di qui, ogni tanto. Mi piacerebbe persino prenderla in affitto. Potrei mettere la scrivania vicino alla finestra ...'' "E la libreria contro la parete." "Certo. Perché non potresti prendermi a pensione? Pagherei regolarmente." · "Perché no?.Però la pigione sarebbe molto cara!" Le nostre voci risuonavano nella stanza vuota e anche l' impiegato dell'agenzia, incoraggiato, abbozzava a sua volta un sorriso incerto. Non era possibile che io e la bambina dovessimo davvero vivere sole. Di nuovo mi resi conto che non ero convinta. Con mio marito qualunque posto sarebbe stato perfetto, senza dì lui, mi sarei comunque trovata a disagio. Lo stesso giorno, al ritorno alla nastroteca, provai a immaginare la mia vita in quella casa. Mio marito, al colmo dell'entusiasmo, mi aveva suggerito di accettare. Nòn dovevo preoccuparmi dell'affitto. La mia famiglia non poteva forse aiutarmi? Dopo di che se ne era andato. Avrei potuto mettere lo stereo nel_lastanza di tipo occidentale, usarla come sala da pranzo, come angolo di riposo. La stanza di sei talami al pianterreno era buia e andava bene come camera da letto, mentre il primo piano poteva restare libero per gl1ospiti, fintanto che la bambina non fosse cresciuta.Non necessariamente; il primo piano, così spazioso e pieno di luce, sarebbe stato piacevole per passarvi lè giornate. A parte mio marito, sarebbe venuto qualcuno a trovarmi? L'ufficio era vicino e, se li avessi invitati, i miei colleghi avrebbero forse accettato. Mentre ero immersa in questi pensieri, arrivò un insegnante di liceo che voleva prendere in prestito dei nastri di poesie da adoperare durante le lezioni. Uno per uno feci scorrere distrattamente '!el registratore i nastri della serie. Prima di darli in prestito, era necessario ascoltarne una parte. "Lasciamo perdere ogni pensiero e buttiamoçi a capofitto nel mondo. Quelli che pensano sono come animali che posseduti dal demonio si rotolano sull'erba disseccata, mentre all'intorno si stendono pascoli verdi.'' Non so perché all'improvviso queste parole colpirono la mia attenzione. "Di cosa si tratta?" Meravigliata che potessero far parte di una poesia, mi rivolsi all'insegnante che mi stava di fronte. Probabilmente mi fraintese e pensò che mi riferissi a qualche suono che veniva dall'esterno, perché si voltò verso la finestra e, con un sorriso, inclinò un poco la testa. Mio marito non rientrò a casa quella sera e neppure la seguente. Forse era ormai convinto che avessi fissato il nuovo alloggio. •Cominciai da sola a fare il giro delle agenzie immobiliari. Era la prima volta che facevo questa esperienza. 57

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