STORIE/TSUSHIMA Il quartiere di Shinjuku a Tokyo (foto di P. Gordon/REA/Contrasto). come un fiume, al mattino verso la stazione, la sera in direzione opposta. Sul marciapiede di fronte si vedevano altre persone che aspettavano in piedi alla fermata dell'autobus, davanti al fioraio. Ogni qualvolta passava un autocarro o un autobus, la casa vibrava e i piatti allineati sulla rastrelliera si urtavano l'un l'altro rumorosamente. L'appartamento dove io e mia figlia ci eravamo trasferite dava su tre strade, o meglio, includendo nel conto anche il vicolo a sud, su quattro vie. Eppure, non so quante volte al giorno, il semaforo rosso che bloccava il flusso delle macchine, creava dieci secondi di tranquillità. Sempre, nel momento stesso in cui si rendeva conto di quel silenzio, il semaforo cambiava colore e le automobili in attesa ripartivano assieme a pieno motore. A sinistra della finestra volta a ponente, si stendeva un grande parco, dove un tempo era sorta la residenza di qualche daimy6. Ne vedevo solo un angolo ma per me era un verde essenziale, il cuore dell'intero panorama. Agli amici che venivano a trovarmi e mi chiedevano cosa fosse, rispondevo: Quello? È il Bois de Boulogne." Era il parco che si trova alla periferia di Parigi e di cui ricordavo solo il nome, imparato con il titolo di qualche favola dell'infanzia, come Brema o le Fiandre, ma mi bastava anche un accenno scherzoso per sentirmi di buon umore. Sul lato nord della cucina si aprivano il ripostiglio, il bagno e la scale~tache portava sulla terrazza. Anche il gabinetto aveva una 56 finestra da cui si potevano vedere la stazione e i treni. Era una piccola finestra che piaceva a mia figlia. Aveva cominciato a rivolgersi con orgoglio ai compagni e all'assistente dell'asilo nido: "Si vedono i treni anche dal bagno. E la casa vibra tutta." Subito dopo il trasloco, la bimba si ammalò e restò a letto per una settimana. L'affidai a mia madre che viveva sola in un quartiere vicino e continuai a recarmi al lavoro alla nastroteca. Era la filiale di un ufficio radiofonico e il mio lavoro consisteva nel raccogliere materiale per le trasmissioni, mettere in ordine i nastri che erano stati utilizzati e badare ai prestiti. Alla fine della giornata andavo da mia madre, restavo con la bambina fin dopo le nove e tornavo da sola a casa. Se avessi informato miomarito; sicuramente mi avrebbe dato una mano ma, a costo di disturbare mia madre, non desideravo dipendere da lui. O meglio, non desideravo che mettesse piede nella mia nuova vita. Temevo la sua vicinanza al punto da esserne io stessa sorpresa. Avevo paura della mia · abitudine alla sua presenza. Mi aveva molte volte esortato a ritornare nella casa dei genitori: "Tua madre è sola e certo si sentirà triste; e anche per te sarà faticoso badare alla bambina. Se torni a casa, io stesso potrò andarmene più tranquillo." Mio marito aveva già trovato il nuovo àlloggio, vicino alle linee di una ferrovia privata. Si sarebbe trasferito nel giro di un mese, quando la casa fosse stata libera. lo non prendevo in considerazione il problema di dove mi sarei stabilita. Non avevo ancora pienamente accettato la sua decisione. Forse all'indomani mi avrebbe detto ridendo che tutto era stato uno scherzo. E allora, perché preoccuparsi di cercare una casa? Gli avevo risposto che non volevo tornare da mia madre. Non potevo accettarlo. Non potevo in quel modo fingere di cercare sollievo al fatto che lui non ci fosse più. Mio marito mi propose di cercare insieme l'appartamento dove avrei dovuto abitare. Da sola, mi avrebbero subito imbrogliata. Se fossi finita in qualche strano posto, non avrebbe potuto ' dormire tranquillo. Era meglio che lasciassi fare a lui. Si era verso la fine di gennaio. Le giornate erano· serene. Cominciammo a passare in rassegna le agenzie immobiliari. lo mi limitavo a seguirlo in silenzio. Ci incontravamo nell'intervallo di mezzogiorno, in un piccolo ristorante presso l'ufficio, e andavamo in giro per il quartiere. Mio marito. chiedeva una casa di due stanze con cucina, ben esposta al sole, fornita di una stanza da bagno, e il cui affitto si aggirasse sui trenta, quaranta mila yen. "Una casa così, oggi costa sessanta, settanta mila yen." Ci informò subito con una risata l'impiegato dell'agenzia dove entrammo il primo,.giorno. Mio marito si voltò verso di me. "Veramente dovrebbero abitarci mia moglie e la bambina. Per me, qualunque posto andrebbe bene, ma per loro vorrei una bella casa, se possibile. Non ci sarebbe qualcosa?" Il giorno seguente la stessa conversazione si ripeté in un'altra agenzia. Non riuscii a trattenermi e bisbigliai:- "Non importa se non c'è il bagno. E poi, ci basta una sola stanza." Quindi mi rivolsi direttamente all'impiegato: "Ci sarà pure qualche appartarnentò di una sola stanza con cucina, che costi sui trenta, quarantamila yen!" "In questo caso, direi ..." L'impiegato, nel rispondermi, aveva
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==