Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

LA FELICITA È SOLO COLLEfflVA Incontro con Yasushi lnoue a cura di Matteo Belline/li Yasushi Inoue, nato nell'Hokkaido nel 1907, è morto a Tokyo nel 1991, poco tempo dopo l'intervista che qui presentiamo. Laureato in filosofia nel 1936, dopo aver tentato la medicina e il diritto e praticato le arti marziali, è stato uno dei più prolifici scrittori giapponesi del dopoguerra e ha paticato tutti i generi letterari: dall'affresco storico al romanzo lirico, daMabiografia al racconto. Tra i suoi tanti romanzi ricordiamo La lotta dei tori (per il quale ebbe il premio Akutagawa nel 1949), Ilfucile da caccia, La montagna Hira (ed. it. Bompiani), Ricordi di mia madre, (ed. it. Spirali), Una voce nella notte, ecc. Yasushi lnoue mi riceve seduto al suo tavolo di lavoro. Ha appena compiuto 83 anni: gli ultimi cinquanta li ha dedicati alla letteratura - la sua; alla storia - quella della Cina e del Giappone; alla fede - quella buddista; al pensiero che, da sempre, ne ispira la vita e l'opera - quello di Confucio. Dovrò abituarmi a vederlo scomparire, senza una parola, per qualche interminabile attimo: e convivere con i silenzi della sua casa.fatta di legno, vetro e carta. lnoue mi lascia solo con il ricordo delle parole di Junichiro Tanizaki, suo maestro e massimo scrittore giapponese del secolo, che nel Libro dell'ombra scrisse: "Raccogliete sterpi e/ legateli.I Una capanna.I Sciog[ieteli./ Lo sterpaio di prima". "Queste parole, dice lnoue esprimono bene il nostro modo di pensare; non nella cosa in sé, ma nei gradi d'ombra, e nei prodotti del chiaroscuro risiede la beltà. La perla, fosforescente nei luoghi bui, smarrisce alla luce del sole gran parte del suo fascino. Non v'è bellezza in lei.fuorché quella creata dai contrasti di luce e di ombra". Quando si avvicinò alla letteratura? Quando e perché decise che sarebbe diventato uno scrittore? Ho cominciato a scrivere poesie all'età di dieci anni, e ho continuato fino ai 16 -17 anni. Fu scrivendo poesie che sviluppai il mio interesse per la letteratura. li fatto che mi sia messo a scrivere non è legato a nessun evento particolare della mia vita, bensì al desiderio di emulare i miei compagni e amici più grandicelli, che appunto scrivevano poesie. lo, quale uomo e quale scrittore, sono il risultato dell'ambiente nel quale sono cresciuto: in campagna, lontano dai genitori, con una nonna che non mi fece mancare nulla. Una vita un po' solitaria, ma non infelice; in ogni caso, molto . riflessiva. · Da un punto di vista letterario quali autori la influenzarono? Quali furono i suoi modelli? Dopo gli studi a Kyoto e la laurea universitaria, mi recai a Tokyo, dove entrai rapidamente in contatto con il mondo letterario della capitale. Ma non subii mai influenze particolari o decisive; non mi ispirai mai a nessun modello preesistente. Mi laureai solo a 28 anni, per di più in storia dell'arte. Mi resi conto ben presto, però, che a interessarmi e motivarmi profondamente era solo la letteratura. Una volta laureato, però, ebbi poca scelta; avrei potuto insegnare o avrei potuto cercare di scrivere. Il giornalismo mi diede l'opportunità di cominciare a farlo. Cosa rappresentò, per lei, l'esperienza giornalistica svolta al "Mainichi Shimbun" di Osaka durante il periodo bellico? Cominciai a scrivere per divertimento, più che per vocazione; o per farne la mia professione. Fui molto fortunato, perche alcune delle mie-prime opere vennero pubblicate, e non passarono inosservate. Fu così che un giornale di Osaka (il "Mainichi Shimbun") mi offrì un lavoro di cronista, che accettai senza esitazione. Mi ricordo che tutti i miei amici e i miei coetanei all'Università si congratularono con me; in quegli anni, trovare un lavoro così interessante era un vero miracolo. Fui addirittura giudicato il più fortunato laureato dell'anno ... Ovviamente ero molto giovane, e - quale giornalista - non mi era assolutamente permesso esprimere la mia opinione. Anzi, confesso che non cercai mai di farlo. Il giornalismo per me, in quegli anni, rappresentò solo un lavoro, un mezzo per guadagnarmi da vivere, e nient'altro. I miei articoli, in realtà, si limitavano a "trasmettere" notizie. Quel giornalista "per caso" ora ha 'alle spalle alcune decine di romanzi, oltre a numerosissime novelle e raccolte di poesie. Fin dagli esordi (La lotta dei tori e Il fucile da caccia risalgono al 1949) lei ha dipinto un mondo percorso da personaggi solitari, legati a dolorosi segreti che li isolano da ogni possibilità di rapporti umani; o, viceversa, impegnad in attività assurde e inconcludenti, ma che essi affrontano sacrificando affetti e ideali; in un eccesso di vitalità che nasconde il vuoto interiore e una profonda disperazione. Eppure un ottimismo quasi involontario fa di lei - cosa rara in Giappone - un w:nanista. Quale ruolo svolse la guerra nel suo sviluppo di scrittore e, in pari tempo, di cittadino - o dovrei dire di suddito giapponese? Deve sapere che io da giovane ero un judoka di qualità. Facevo parte di un gruppo di 14 amici, tutti ottimi atleti: spesso partivamo, tutti assieme, per dei ritiri e dei campi di allenamento. Eravamo in 14: 13 andarono in guerra e non tornarono. lo solo, senza nessun particolare merito, sono sopravvissuto alla gue1Ta. Con quale spirito li osservò partire per la guerra quei giovani destinati al sacrificio? E della guerra stessa, apparentemente così assurda e terribile, cosa pensava? Penso che la morte di quei miei 13 amici sia sufficiente per riassumere i miei sentimenti nei confronti di quella folle guerra. Eravamo 14: io sono l'unico superstite. Morirono tutti ali' età di 2425 anni. Tra quei miei giovani amici, due erano studenti di filosofia; 51

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==