Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

senso ricorda il Venerdì Santo. Una specie di penitenza, tanto che verso la fine, quando l'eroina ha la sua rivincita, se la merita veramente perché è diventata pura e immacolata. E di solito è vincitrice. Diventa una cantante di successo, ritorna nella città natale su una macchina nuova fiammante, conquista il suo uomo e alla fine è felice. L'eroe del filippino è una vittima, ma una vittima che alla fine può vincere. Egli vuole vedere che la giustizia trionfa. Allora ci si chiederà: dove sono i colpi di scena, i terremoti, le migliaia di ragazzi di strada, la corruzione e la stupidità politica, lo squallore e le realtà sociali? Bene, generalmente, anche se il filippino nella vita reale ha accettato le percosse e può accettare all'infinito le sofferenze, all'interno del cinematografo non vuole soffrire. Le realtà sociali dicono la verità, e la verità può far male. Solitamente lo si sente dire, perché mai dovrei entrare in un cinematografo solo per vedere questi problemi? Li ho già davanti a me ogni giorno. Quello che vuol vedere sono film che lo convincano, e non importa se può essere un'illusione, che una speranza esiste, che egli può reagire, persino vincere. Vuole vedere eroi e eroine simili a lui ma non del tutto come lui. Li vuole vedere inermi, bisognosi, ma che alla fine del film non lo sono più. Vuole riconoscersi ih loro, ma anche vedere che non sono umanamente deboli come lui, così da poterli idolatrare. I produttori traggono profitto da queste cose. I progetti nelle Filippine solitamente partono da quello che vogliono i produttori. L'idea in genere paùe da loro. E i produttori daranno quello che pensano'che il pubblico voglia. Nei drammi, per esempio, è molto raro che permettano che ci siano dei finali tristi, dei finali che non ribadiscono la speranza, o la vittoria' contro le avversità. Nei film d'azione si suppone che l'eroe sconfigga i nemici. Anche se alla fine va in prigione, oppure muore. La vittoria ci deve essere. Due film di Lino Brocka: Bayan-Ko, con Philip Salvador, e I non piegati ( 1989) con Salvador e Dina ·Bonnevre. SAGGl/~ROCKA Questo perché nella realtà non ci sono vittorie. L'animo del filippino è affogato nella desolazione e nella sofferenza, e a quanto pare sarà così per molto tempo. Ha bisogno di un raggio di speranza, uno squarcio di luce, dalla finestra. E i film sono dei raggi di luce. Certo ci sono film che ti mostrano dei raggi di luce ma innanzi tutto dicono che devi batterti per loro. Il pubblico non ama troppo questo genere di cose. Vuole che nei film sia tutto più semplice. Non vuole che le cose siano troppo reali. Nel mio paese ci sono alcuni registi sensibili - e mi piace pensare di far parte di questo gruppo - che tentano di inserire nei loro lavori tutto il realismo sociale che il pubblico può accettare, senza per questo fare dei film che vanno male al botteghino. Ma ci limitiamo a inserire. Accade molto di rado che siamo in grado di scegliere una delicata questione sociale e metterla a fuoco. Dobbiamo avere i soliti eroi e eroine. Dobbiamo rassicurare. Ed è un peccato, perché ci sono milioni di filippini che soffrono, veri eroi a pieno diritto che dovrebbero essere rappre- . sentati in un film - le minoranze culturali che muoiono nel difendere la propria terra, le donne filippine che vanno all'estero e vengono sfruttate, gli ammirevoli insegnanti della scuola pubblica che scendono nelle strade per lottare per un po' di dignità e di speranza, i ragazzi di strada, i rivoltosi, gli attivisti. Raramente accade di vederli sullo schermo. Sono troppo pericolosi. Sono troppo di parte. Dicono al pubblico anche tu sei come me, anche tu devi prendere una posizione e agire. Quando tomi a casa non dimenticarti di me e dei miei problemi, perché sono anche i tuoi. No, il pubblicq non vuole queste cose. Vuole lasciare i_ problemi del cinema all'interno del cinematografo. Vuole che l'eroe li risolva tutti. Ne ha già abbastanza di suoi quando torna a casa. Sebbene in realtà lui non li risolva. Perché il filippino è troppo aloha, bello, mubuhay. Dà il benvenuto a tutti, anche ai colonizzatori. Può addirittura sorridere delle proprie sofferenze. È una 49

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