Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

STORIE/SALAMOV -.Non mangiarlo tutto, meglio che lo mangi dopo... Il poeta capì. Spalancò gli occhi, se,nza lasciarsi sfuggire dalle dita il pane macchiato di sangue. - Quando dopo? - sillabò distintamente chiudendo gli occhi. polenta di fior di farina, un secchio. E poi una minestra di galuski, un altro secchio. E mi mangerei tutto questo. Per la prima volta ·.nella mia vita mi rimpinzerei di tùtto questo ben di dio e gli avanzi· li farei mangiare a Agnija Michajlovna. - E tu? - Glebov si rivolse a Zvonkov, picconiere della nostra squadra, contadino della provincia di Jaroslav o di Kostroma nella sua prima vita. - A casa - rispose Zvonkov con aria seria senza sorridere - . Credo che se arrivassi ora non mi allontanerei di un passo da mia moglie. Dove va lei, vado anch'io, dove va lei vado anch'io. Il fatto è che qui mi hanno fatto andar via la voglia di lavorare ... Ho perduto l'amore per la terra. E allora, mi sistemerò da qualche parte ... - E tu? - la mano di Glebov toccò il ginocchio del nostro piantone. - La prima cosa che farei, andrei al comitato rionale del .partito. Là, ricordo, sul pavimento, ce n'erano di cicche, una montagna ... - Dai, non scherzare ... - Non sto scherzando. D'un tratto mi accorsi che a un uomo soltanto restava d_a rispondere. Era Volodja Dobrovol' cev. Alzò la testa, senza aspettare la domanda. Nei suoi occhi si riverberava la luce dei carboni incandescenti che proveniva dallo sportello della stufa. - Io - la voce era tranquilla e ferma - , io vorrei essere un tronco, un tronco d'uomo, capite, senza gambe, senza braccia. Allora troverei in me la forza di sputargli sul muso, a loro, per tutto quello che ci fanno. Sherry-Brandy Ti dirò con estrema schiettezza tutte le fantasticherie, sherry-brandy, angelo mio. Osip Mandel'stam Il poeta moriva. Le mani grandi, gonfie dalla fame, con le dita bianche esangui e le unghie sporche e lunghe, erano distese sul petto nonostante il freddo. Prima le ficcava sotto la maglia, sulla carne, ma ora non c'era caldo neppure lì. Le manopole gliele avevano rubate da tempo. Una luce bianca, l'eterna luce polare regnava nella baracca della quarantena. Uno smorto sole elettrico, imbrattato dalle mosche e chiuso in una gabbietta metallica circolare, era attaccato, come in una .cassetta, nell'oscura profondità della fila in basso dei compatti pancacci disposti a castellÒ, in due piani. Di quando in quando le dita si muo\'.evano, tastavano un bottone, un'asola, una piega nella giubba, come per cacciare lo sporco e di nuovo si fermavano ..Da molto il poeta mori va, ma non capiva che stava morendo. A volte penetrando dolorosamente e quasi impercettibilmente nel cervello faceva la sua apparizione un'idea semplice, intensa: gli avevano rubato il pan.e che aveva posato sotto la testa. E la cosa era così terribile, bruciante, che era pronto a battersi, a cercare, a dimostrare. Ma ormai le forze non c'erano più e il pensiero del pane si faceva più debole ... E subito si metteva a pensare ad altro: che li dovevano portare al di là del mare e che il piroscafo per qualche motivo ritardava e che era bene che lui si trovasse lì. Con identica leggerezza e volubilità cominciò a pensare al grosso neo sul viso del piantone della baracca. Pensava a tutto quello che lì riempiva la sua vita. Davanti agli ocèhi non c'erano immagini della sua fanciullezza, né immagini della sua giovinezza e del suo successo. Moriva. Ma la vita ritornava in lui, gli occhi si aprivano, spuntavano pensieri: I desideri soltanto non c'erano. Da tanto tempo era in un mondo dove spesso si dovevano richiamare gli uomini in vita: con la respirazione artificiale con la canfora, con la caffeina. Il morto diventava vivo. Credeva nell'immortalità, nella vera immortalità dell'uomo. Spesso pensava che non c'era nessun motivo perché l'uomo non vivesse in eterno. La vecchiaia è solo una malattia curabile; e se non ci fosse stato questo tragico, incomprensibile equivoco, egli avrebbe potuto vivere in eterno. O fino a che non si fosse stancato. E non era stanco di vivere, lui . Anche ora, in questa baracca di transito, nella tran7,itka, come la chiama affettuosamente la gente che ci vive. Era l'anticamera dell'orrore, ma in sé non era l'orrore. Anzi, qui si era più liberi. Davanti c'era il campo, dietro la prigione. Era questo u11"mondo in cammino" e il poeta lo capiva. C'era ancora un'unica via per l'immortalità: «Beato chi è apparso a questo mondo ... ». Minùti fatali del mondo. Ma se non gli toccherà essere ìmmortale in guanto uomo, si era guadagnato l'immortalità della sua opera. Lo avevano definito il primo poeta russo ed egli stesso credeva di esserlo effettivamente. Credeva nell'immortalità dei suoi versi. Non aveva avuto discepoli, ma che bisogno ne aveva un poeta? Scriveva anche della prosa, cattiva. Solo nei versi cercava qualcosa di nuovo per la poesia, qualcosa d'importante, così gli sembrava. Tutta la sua vita passata era stata letteratura, libro, sogno e solo quella di quel momento era vita. Tutto questo lo pensava segretamente, in una parte profonda di sé. In queste riflessioni non c'era sufficiente tensione. Da •tempo erano sopraffatte dall'indifferenza. Che sciocchezza era . tutto questo, una 'corsa di topi' se paragonata alla triste gravezza della vita. Fra sé si meravigliò di poter ancora pensare ai versi, quando tutto era già deciso e lui lo sapeva bene. Nei minuti in cui la vita ritornava nel suo corpo e i suoi occhi semiape_rtie annebbiati improvvisamente cominciavano a vede: re, le palpebre à tremare, le dita a muoversi, ritornavano anche 1 pensieri e lui non pensava che fossero gli ultimi. La vita ritornava da sé, non era lui a chiamarla, eppure essa ritornava nel suo corpo, nel suo cervello, come i versi, c~me l'ispirazione. E il significato di questa parola forse per la pnma volta gli si dischiudeva in tutta la sua pienezza. E si rallegrava che gli fosse stato concesso di sapere quest'ultima veri_~·Tu~to, tutt~ il mondo si identificava nei versi: il lavoro, lo scalp1t10dei cavalli, la casa, l'uccello, la roccia, l'amore, tutta la vita entrava, con leggerezza, nei versi. Anche ora spuntavano strofe, una dopo l'altra, e sebbene non scrivesse più da molto tempo (non poteva 37

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