Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

STORIE/SALAMOV Qui e nelle pagine seguenti, immagini del gulag di V. Ablamski e di M. Doeron, dal volume Ozerlag 1937-1964, curato do Aloin Brossot, Sonio Ciombe e Leonid Moukhine (Autrement,Parigi 1991 ). È morto il capo brigata Djukov. Non so, né sapevo, il suo nome. Era un bytovik e non aveva nessun rapporto con l'articolo 58. Nei lager del continente era stato uno dei cosiddetti 'presidenti di collettivo', non è che di spirito fosse un romantico, ma si preparava a entrare nel ruolo. Arrivò d'inverno ed esordì con un discorso stupefacente, subito, durante la prima assemblea. I bytoviki avevano le loro assemblee, in quanto colpevoli di reati comuni o di infrazioni sul luogo di lavoro; addirittura i ladri recidivi venivano considerati 'nemici del popolo' che potevano essere corretti ma non repressi, a differenza dei 'nemici del popolo' condannati in base all'articolo 58. In seguito, quando ai recidivi fu affibbiato il quarto comma dell'articolo 58, «sabotaggio», per essersi rifiutati di lavorare, tutto il quattordicesimo comma era tolto dall'articolo 58 ed era stato espurgato dalle pesanti - in anni - e multiformi misure repressive. I recidivi venivano considerati 'amici del popolo' fino alla famosa amnistia di Belija del 1953. Nel frattempo molte centinaia di migliaia di infelici erano caduti vittime della teoria dell' «elastico» di Krylenko e della famigerata "riforgiatura". In quell'assemblea, la prima, Djukov propose di prendere sotto la sua direzione la brigata dei 'cinquantotto'; di solito il capobrigata dei 'politici' veniva scelto nel loro stesso ambiente. Djukov non era un cattivo giovane. Sapeva che i contadini lavorano eccellentemente nei lager meglio di tutti e ricordava che tra i contadini moltissimi erano i 'cinquattotto'. In questo si deve vedere la particolare saggezza di Ezov e Berija che avevano capito che il valore del!' intelligencija nel lavoro non era alto e, di 34 conseguenza, i lager non avrebbero potuto adempiere i compiti produttivi, a differenza di quelli più propriamente politici. Ma Djukov non si addentrava in considerazioni così elevate, a malapena gli veni va qualche idea in testa che non riguardasse le sole capacità lavorative della gente. Si scelse una brigata composta esclusivamente di contadini e si mise all'opera. Era la primavera del 1938. I contadini di Diukov avevano passato l'intero inverno di farne del 1937-38. Djukov andava ai bagni con i miei compagni di brigata: avrebbe dovuto capire con chi aveva a che fare. Lavoravano male. Avevano bisogno solo di essere nutriti. Ma a questa 1ichiesta di Djukov il comando opponeva un no risoluto. La brigata di affamati adempieva eroicamente la norma, lavorava al di là delle proprie forze. Allora tutti si misero a imbrogliare i conti a Djukov: addetti alle stime e contabili, sorveglianti e capomastri; le sue lagnanze e le sue proteste si fecero così. sempre più insistenti, il guadagno della brigata diminuiva giorno per giorno, l'alimentazione si faceva sempre più scadente. Djukov provò a rivolgersi alle istanze superiori; queste consigliarono i responsabili dei servizi competenti di affidare la brigata di Djukov, insieme al suo capo, alle famose 'liste'. Così fu fatto e tutti furono fucilati dietro la famigerata Serpantinka .. È morto Pavel Michajlovic Chvostov, La cosa più terribile, negli affamati, è il comportamento. Tutto è come nei sani, eppure sono al limite della follia. Gli affamati sono fmiosamente attaccati alla giustizia, a meno che non siano troppo logorati dalla fame. Eternamente rissosi, disperati attaccabrighe. In condizioni di normalità solo una millesima parte delle persone che bisticciano aniva a picchiarsi. Gli affamati si picchiano eternamente. Le discussioni esplodono per i più inattesi e assurdi pretesti. Perché hai preso il mio piccone? Perché hai occupato il mio posto? I più piccoli, i più bassi si dan da fare per sgambettare e rovesciare a terra l'avversario. Chi è più-alto si getta addosso al nemico con tutto il peso del corpo e lo fa cadere; e poi graffi, colpi, morsi ... non c'è forza in tutto questo, nessuno si ferisce, né muore; e poi queste risse accadono troppo spesso per interessare chi sta intorno. Così nessuno le seda. Chvostov era così. Ogni giorno si picchiava con qualcuno, nella baracca, nella fossa di drenaggio scavata dalla nostra squadra. Era una mia conoscenza dell'inverno: non vidi mai i suoi capelli. Come copricapo portava un' usanka dal pelo bianco. Gli occhi erano scuri, brillanti, occhi di affamato. A volte recitavo dei versi e lui mi guardava come fossi Un pazzo. Un giorno all'improvviso prese a dar disperatamente di piccone sulla roccia della fossa. Il piccone. era pesante e Chvostov picchiava a tutt' andare, picchiava, picchiava, senza posa. Ero meravigliato di tanta forza. Da tempo eravamo insieme e da tempo eravamo affamati. Poi il piccpne gli scivolò e, cadendo sulla roccia, emise un suono metallico. Guardai dietro, Chvostov era in piedi, con le gambe divaricate, e vacillava. Gli si piegarono i ginocchi. Ondeggiò e cadde con il viso rivolto in avanti. Tese in avanti, lontano, le mani avvolte in quelle stesse manopole che rammendava ogni sera. Le braccia si scoprirono e su tutti e due gli avambracci comparve un tatuaggio. Pavel Michajlovic era capitano di lungo corso.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==