STQRIE/SALAMOV · -Ascoltate, Dmitrij Nikolaevic-dissi raggiungendo Orlov a piccoli salti - veramente io non sono capace, non ho mai affilato una sega. Orlov si Voltò verso di me, ficcò la sega nella neve e infilò le manopole. . - Penso·- disse con tono didascalico -che ogni uomo con istruzione superiore deve obbligatoriamente saper affilare e allicciare una sega. Mi dissi d'accordo con lui. È morto l'economista Semen Alekseevic Sejnin, mio compagno di brigata, brav'uomo. Gli ci volle molto a capire cosa facevano di noi; alla fine capì e cominciò ad aspettare tranquillamente la morte. Aveva abbastanza coraggio. Quando ricevetti un pacco, e l'arrivo-di un pacco era un avvenimento raro e grande, vi trovai dei burki e niente più. Come conoscevano male le condizioni in. cui vivevamo, i nostri parenti. Capivo perfettamente che mi avrebbero rubato i burki, me li avrebbero portati via quella notte stessa. E allora li vendetti subito, senza uscire dall'ufficio del comando; li comprò per 100 rubli il 'caporale' Andrej Bojko. I burkfrostavano 700 rubli, ma era pur sempre un affare vantaggioso. Potevo così comprare 100 chilogrammi di pane; e·se li avessi comprati tutti e cento, mi sarei comprato burro e zucchero. L'ultima volta che avevo mangiato burro e zucchero era stato in prigione. Allo spaccio comprai un intero chilogrammo di burro. Ricordavo quanto era utile. 41 rubli costò il burro. Lo comprai di giorno, di notte si lavorava. Corsi da Sejnin: si viveva in baracche diverse. Avremmo festeggiato insieme il pacco. Comprai anche il pane. Semen Alekseevic era contento, commosso. - Ma perché proprio io? Con che diritto? - borbottò, turbatissimo - no, non posso ... Riuscii a convincerlo ed egli, felice, corse a prendere l'acqua bollente. Nell'istante caddi a terra per un colpo tremendo sul capo. . . Quando mi rimisi in piedi, il sacco con il burro e il pane non c'era più. Un tronco di larice lungo un metro con cui ero stato colpito, era rotolato vicino a un pancaccio; gli astanti ridevano tutti. Arrivò Sejnin con l'acqua bollente. In seguito, per molti anni, non potei ricordare questo furtb senza avvertire una pena tremenda. È morto Ivan Jakovlevic Fedjachin. Ero venuto con lui nello stesso treno, nello stesso piroscafo. Eravamo capitati nella stessa miniera, nella stessa brigata.· Era un filosofo, un contadino di Volocholamsk, organizzatore del primo kolchoz in Russia. ·1 kolchozy furono organizzati, com'è noto, dagli esery negli anni venti; il gruppo Caianov-Kondratjiev rappresentava i loro interessi 'in alto'. Ivari Jakovlevic era anche un eser, uno tra quel milione che nel 1917 votò per quel partito. L'organizzazione di quel primo kolchoz l'aveva condannato: cinque anni gli avevano dato. Così sin dall'inizio durante il primo autunno trascorso alla Kolyma nel 1937, lavoravo con lui ai carrelli, nel famigerato lavoro a catena della miniera. I carrelli per il trasporto della terra erano due, sganciati; mentre il cavallante ne conduceva uno alla 32 lavatura, i due lavoratori riuscivano a malapena a riempire di terra l'altro. Per fumare non c'era tempo e i sorveglianti non lo permettevano. Il nostro cavallante fumava un sigaro enorme che otteneva arrotolando quasi mezzo pacchetto di machorka - a quell'epoca se ne trovava ancora- e lasciava che ci strascinassimo stancamente sul limite della galleria. Il cavallante era Mis_ka Vavilov, ex-vicepresidente dell'impresa Promimport e gli scavatori Fedjachin e io. . . Senza fretta, ·gettando lo sterro nel carrello, parlavamo. Raccontavo a Fedjakin delle norme che venivano assegnate a,Nercinsk ai decabristi, stando alle Memorie di Marija Volkonskaja: tre pudy di minerali a testa. - A quanto ammonta il peso della nostra norma, Vasilij Petrovic? - chiese Fedjachin. __:_Circa 800 pudy, a occhio e croce_:__calcolai. - Vedete un po' come sono aumentate le norme. In seguito, al tempo della fame d'inverno, mi ero procurato una certa quantità di tabacco: un po' lo avevo chiesto qua e là, un po' lo avevo messo da parte, un po' l'avevo comprato; così, lo detti via in cambio di pane. Fedjachin non approvava ii' mio 'commercio'. - Non è da voi, Vasilij Petrovic, non dovete far questo. L'ultima volta che lo vidi fu alla mensa, in inverno. Gli detti sei tagliandi per i pasti: li avevo avuti quel giorno per il lavoro svolto di notte in amministrazione. La mia bella scrittura mi aiutava di quando in quando. I tagliandi sarebbero diventati inservibili: portavano stampata la data del giorno stesso. Fedjachin ricevette così la sua parte. Si mise al tavolo, travasò da una scodella all'altra lajuska: la minestra era straordinariamente acquosa, non vi galleggiava neppure un· gmmo di grasso. Quanto alla polenta, quel ben di dio di tagliandi non aveva riempito neppure una scodella. Fedjachin non aveva cucchiaio e leccava la polenta dalla scodella. E piangeva. È morto Derfel. Era un comunista francese che era stato alla Caienna, alle cave di pietrà. A parte il freddo e la fame, era spiritualmente sconvolto, non voleva credere di essere potuto finire - lui, un membro del Kornintern -· in uria katorga sovietica. Il suo orrore sarebbe stato minore se avesse visto che in quelle condizioni c'era soltanto lui. Come lui stavano tutti: quelli con cui era arrivato, con cui viveva, con cui stava morendo. Era un uomo piccolo, debole, le botte erano già venute di moda. Una volta un capo brigatà lo picchiò, un pugno soltanto, perchéicosì si sofeva fare, mica per altro.-MaDerfel cadde e non si rialzò. Fu uno dei primi a morire e dei più fortunati. A Mosca lavorava alla "Tass", di cui era redattore. Aveva una buona padronanza della lingua russa. - Anche alla Caienna era brutta - mi disse una:volta - ma qui è molto brutta. È morto Fiitz David. Era un comunista olandese, funzionario del Komintem, accusato di spionaggio. Aveva dei bellissimi capelli ricciuti, profondi occhi azzurri, fossette da bambino agli angoli della bocca. Non sapeva quasi per niente il russo. Lo incontrai in una baracca che era così gremita di gente che si dormiva stando in piedi. Eravamo l'uno accanto ail' altro; Fritz mi
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