Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

nuto, di prevederlo. Penso ai Demoni di Dostoevskij, un esempio lampante; a S_ologubcon Il demone meschino, a tanti altri. Sotto il potere sovietico si insegnava agli scrittori cosa dovevano scrivere. Sarebbe stato meglio se si fosse consigliato di seguire le profezie dei vecchi scrittori; si sarebbero almeno evitati tanti delitti. La mia opinione sul ruolo elevato della letteratura, è che si tratta di un ruolo molto elevato. Come giudica la situazione attuale, come pensa che possa evolversi? Tutti si chiedono cosa ci aspetta, indipendentemente dal ceto sociale, e tutti sono preoccupati, tutti danno risposte diverse. Quello che dirò ora non sarà forse corretto, ma è però quello che io penso. Ci si preoccupa soprattutto della questione economica. Come portare a termine un programma quando di vero programma non si parla? Avverranno cambiamenti poco popolari, il carovita, l'aumento dei prezzi... A questo io cerco di non pensare. Non credevo che sarei riuscito a vivere fino al momento in· cui sarebbe stato possibile dire e scrivere tutto .ciò che si pensa. A una vita normale possono dar vita solo uomini liberi. Questa dipendenza tra economia e libertà è difficile, ma esiste. Il concetto di pluralismo sottintende chissà cosa. Si dice: ma "La giovane guardia" pubblica articoli antisemiti. Dipendesse da me, io la pubblicazione di certi articoli non la proibirei, non me la sentirei di proibirla. Credo in quello che ha detto un tempo Voltaire: "Dissento in tutto da ciò che lei dice, ma difenderò fino ali 'ultimo il suo diritto di dirlo." Eccetto le angherie, le distruzioni,, I' oppressione delle nazionalità, attraverso tutto il-resto noi dobbiamo passare. È importante che dopo settant'anni ci sia di nuovo la possibilità di scrive- -re, di pensare ciò che si vuole. È necessario che si affermi qualche generazione di maestri, per esempio, perché la scuola ha un ruolo molto importante. Io ho occasione di avere a che fare con gli insegnanti. I ragazzi non hanno i "sacri valori" che avevamo _noi, e che non erano affatto "sacri", ma non ne hanno neanche di nuovi. C'è da augurarsi che la perestrojka, una · parola ormai banale; quasi triviale, continui il suo corso e non trovi sul suo cammino la '.amosa sommossa russa di cui parlava Puskin, insensata e crudele. I giornali parlano di rivolte per la vodka e per il tabacco. Non accuso certo la gente, perché una volta ero anch'io un fumatore e so cosa vuol dire rimanere senza sigarette. Quanto accade è gravido di conseguenze. E sarebbe terribiJe che prendesse forma, che si manifestasse in qualcosa che possa provocare l'impiego di armi, sarebbe terribile ... Della boccata d'aria che noi abbiamo respirato dobbiamo dire che non ne godonp che pochissimi strati della popolazione. C'è il concetto che tutti nel nostro paese sanno leggere e scrivere. Scrivere: firmare la cedola dello stipendio. Non si può parlare di un'istruzione, di una cultura spiri~ale e ~orale, poiché in questo siamo agli ult1m1posti del mondo. Prima per opera del giogo tartaro, durato trecento anni. In questo secolo, il potere sovietico ha fatto la sua parte m questa eliminazione dell'alfabetizzazione morale e spirituale. Attuata da quello che CONFRONTI chiamiamo banalmente ."l'apparato". Ho seguito alla Tv i congressi, le sessioni ... Ed era -triste e amareggiante vedere quello che facevano con Sacharov, come lo trattavano. Le ultime elezioni mi hanno rallegrato perché sono stati sconfitti tutti gli oscurantisti. Bisogna tener duro, resistere; poi forse le cose miglioreranno. "Ha parlato Zdanov ." Nel Quinto angolo lei descrive lafamosa riunione allo Smol'nyj nel 1946: mi può raccontare come visse quei momenti? Successe in agosto, io ero in vacanza a Komarovo, dove molti scrittori avevano una dacia e trascorrevano l'estate. Il quattordici o il sedici, non ricordo, arrivarono dei pullman con l'ordine di portarci subito tutti a Leningrado, all'Unione Scrittori. Non ci fu d~ta altra spiegazione. Quando giungemmo a destinazione, ci fu comunicato che nel pomeriggio si sarebbe tenuta una riunione allo Smol'nyj alla quale dovevamo partecipare tutti. Quando arrivammo là, vedemmo che c'erano soldati all'ingresso ·e facevano entrare solo chi aveva il lasciapassare. Da qualcuno avevo sentito dire che Zoscenko era in città, ma che non sarebbe venuto, che per lui non c'era lasciapassare e che non c'era neppure per Anna Achmatova. In quel momento ciò mi risultava ancora incomprensibile, ma non vi prestai molta attenzione. All'interno del palazzo c'era una folla enorme: in mezzo alla gente vidi una mia conoscente, una vecchia comunista, scrittrice molto mediocre, ma donna onesta, leale. Io sapevo che i comunisti avevano già tenuto una riunione in precedenza, perciò mi avvicinai a lei e le domandai perché eravamo stati convocati. "Ha parlato Zdanov", mi rispose. "E che cosa ha detto?" "Sentirai" rispose con espressione tetra, molto tetra'. "Ma di cosa ha parlato?" "Zoscenko e Achmatova". "E come ne ha parlato?" "Male, molto male". E io, pensando di fare una battuta, dissi scherzando: "Ne ha parlato così male che tu non ti sederesti più accanto aZoscenko?"E lei: "Sì, non mi sederei". Ero sempre più sconcertato. Finalmente ci fecero entrare in quella grande sala che contiene varie centinaia di persone, e sul palco c'era una tribuna con lo stemma dell'Urss e un tavolo dove sedevano burocrati del partito e' dell'Uniorìe Scrittori. Poi comparve sul palco Zdanov, corpulento, sbarbato, con un abito elegante, tenendo in mano una pila di hbri dai quali spuntavano dei segni, li gettò sulla tribuna e cominciò a parlare, senza leggere, camminando su e giù con fare adirato. La s~a relazione produsse su di rrieun'impress10neinimmagina_bile,e non solo su di me. E non solo e non tanto per h1 sua ignoranza letteraria: ciò che soprattutto mi sconvolse era il suo lessico assolutamente da teppista: rozzo, ripugnante, ·peggio che osceno, perché le parole oscene possono anche non essere offensive, sono un modo per sfogare. l'emotività. Lui, invece, parlando di un in- ·Scherzare con il popolo in questo momento non è più possibile. Sono pronto a pagare a caro pre~zo questo momento, ad aver difficoltà per ti cibo, eccetera, però ..avendo in cambio la libertà di pensare e di scrivere. Penso che la mia risposta non sia tipica, perché non tutti gli strati della popolazione la pensano così. tellettuale, di un grande scrittore come Zoscenko, usava espressioni come "feccia" "nullità", "teppista", insomma cercava cli umiliarlo il più possibile. E anche sul conto dell 'Achmatova usava espressioni del genere. Io mi guardavo intorno e mi domandavo che cosa stessero pensando coloro che mi circondavano. Avevo la sènsazione che qualcosa stess~ scricchiolando e si stesse spezzando; e non s1poteva fare nulla, solo stare fermi ad ascoltare. Non c'è nulla di più spaventoso della furia impotente. Tutti sedevano immobili con volti muti. Non si aveva diritto di reagire. E questo durò a lungo, molto a lungo. Quando finalmente uscimmo e presi il treno per tornare a Komarovo, come ho scritto nel Quinto angolo, mi guardavo intorno sul treno e invidiavo quei viaggiatori, perché ancora non sapevano. E poi... poi ebbe inizio quello spaventoso latrato: quando gli scrittori diventano dei lacchè, sono più terribili di una persona qualunque. Quando uno scrittore svolge il ruolo del lacchè e si mette a scrivere, e sa scrivere, ciò che egl_i racconta esercita un'influenza assai più forte ~el racconto udito per strada da una persÒna qualsiasi. Lei, anni dopo.fu presente a un'altra famosa riunione, al centro della quale c'era di nuovo Zoscenko. Che cosa accadde? Lei si riferisce alla riunione che si svolse qui a Leningrado nel 1954, dopo la morte di quel carnefice, quando già si poteva fare, dire qualcosa, e nessuno disse nulla .. In quell' occasione Zoscenko fu costretto a prendere la parola, gli dissero che doveva pentirsi pub-. blicamentè per le risposte antisovietiche che aveva dato a degli studenti inglesi durante un'intervista. Lui non era d'accordo sul fatto di doversi pentire, ma poi prese la parola e pronunciò un discqrso straziante. Al termine del quale lei fu l'unico in tutta la sala ad alzarsi e applaudire. È così? Sì, è così. E adesso anche da noi si parla di quel gesto come di un gesto di eroismo. Ma, vede, non si trattò affatto di eroismo, per una semplicissima ragione: quando mi misi ad applaudire, io ero convinto che tutta la sala mi avrebbe _assecondato. Ero assoluta~ mente certo che sarebbe stato così: Zoscenko era"così amato, il suo discorso era stato così accorato e sincero, e io me ne stavo lì in piedi e piangevo, ero sicuro che tutti avrebbero applaudito insieme a me. (dall'intervista con Luciana Montagnani appars.ain appendice alla traduzione itali1ma di Il quinto angolo, Einaudi 1991) 29

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