CONFRONTI Per -una critica vorace Bruno Falcetto Nel saggio di Alfonso l3erardinelli apparso sul numero di dicembre di "Linea d'ombra" viene tratteggiato un quadro complessivo della situazione della critica col quale è difficile non concordare. Sparizione della critica militante, predominio del doppio modello contrapposto e complementare del giornalismo letterario e della critica accademica (entrambe forme monche - dell'esercizio critico per eccesso di velocità, difetto di memoria, predilezione per superfici è doppi fondi, in un caso, per raffreddamento endemico dell'istanza del giudizio e predilezione per gli spazi chiusi degli specialismi, nell'altro), moltiplicarsi esponen~ ziale della produzione letteraria e difficoltà sempre maggiore di cogliere in essa delle precise linee di sviluppo. Così come sono più che condivisibili le preoccupazioni espresse da Romano Luperini nel suo polemico intervento belfagoriano (è riprese da Edoardo Esposito su "Linea d'ombra"), riguardo al vuoto progettuale e ideale che caratterizza tanto la critica letteraria, quanto - _piùin generale - tutta la nostra cui.tura. Per conto mio, non ho che da aggiungere poche idee e dire, soprattutto, di un senso di disagio, sottile ma persistente, che mi capita di avvertire sempre più spesso quando scrivo. La crisi della critica letteraria è un fatto indubbio, paradossalmente sottblineato tanto dal proliferare delle pagine che i giornali dedicano alla letteratura (all'interno dei quotidiani e dei settimanali o in appositi periodici specializzati, come "L'Indice", "Leggere" o "Millelibri") e dalla molteplicità delle riviste accademiche, quanto dal crescere - sia pure un po' distratto - degli interventi sui suoi destini, le sue funzioni e generi (dalla stro·ncatura alla storia letteraria), sempre più simili in verità a sostitutivi di azioni reali, quando non a esorcismi. , · Dietro a] disagio che provo c'è, mi sembra, una questione d'identità, il riaffiorare di una domanda obsolèta relativa al perché e al per chi si scrive critica letteraria. Non che per il critico disorientato una risposta prÒnta non sia comunque disponibile. Se manca un tetto, ·se questi sono i tempi dei vuoti politici e culturali di cui sopra, l'ombrello della società letteraria fornisce un riparo protetto e confortevole, assicurando senso d'appartenenza e Questa fisionomia un po' troppo stabile di destinatario elettivo non contribuisce certo a spingere chi esercita la critica sulla strada dell'innovazione-personalizzazione delle forme del proprio discorso, né sul piano delle opzioni linguistiche, né nelle scelte di 'genere'. Così, in ambito accademico, prolifera l'indagine monografica e parcellizzata, mentre latitano la riflessione e il confronto a largo raggio sull'andamento e i risultati degli studi: manca, per esempio (non ci sono contributi, né sedi che li ,incoraggino), qualcosa che assomigli a un tentativo di bilancio (annuale, biennale, aperiodico) del!' attività critica: una radiografia che congiunga sforzo di selezione e di giudizio alla ricostruzione di un quadrn d'assieme, per favorire I' intelleggibilità del contesto globale della ricerca e creare - in tal modo - le condizioni per un dibattito reale. Altrettanto, nel campo del giornalismo letterario, la formarecensione prevale oscillando fra la superficialità della segnalazione similpubblièitaria e la serietà un po' pesante del microsaggio. In entrambi i casi, si afferma la tendenza a considerare il libro come un dato isolato e autosufficiente, mentre non sono molte le occasioni in cui lo si ritenga (come di fatto è) punto d'arrivo di un processo che coinvolge non solo l'autore, ma anche un articolato apparato editoriale. La critica del testo sembra non amare il connubio con una critica del prodotto e dei processi. Quasi inesistenti sono poi i tentativi di ragionare sui contesti d'uso dell'opera, sulla sua ricezione possibile, ricavando magari proprio da lì il filo conduttore dell'interpretazione. E sì che non sembrano impensabili recensioni, per così dire, mirate, rivolte a una sagorria precisa d'interlocutore nella nebulosa indistinta dei tanti destinatari potenziali. Spiegare perché Ilprocesso possa dire qualcosa a un gruppo di giovani studenti, o perché Le città invisibili siano in grado di parlare agli storici della scienza, può anche darsi aiuti a capirne qualcosa di più. E senza danno per la dignità del recensore. Disegno di Cork. impressione di funzionalità del proprio lavoro. L'eserci- -----------------------------, zio della critica infatti avviene all'interno di un determinato apparato i_stituzionale: l'editoria giornalistica e libraria, l'università aprono spazi d'intervento in un preciso circuito comunicativo, e uri circuito comunicativo, si sa, è sempre rivolto a qualcuno. Sfortunatamente, chiedersi chi sia questo qualcuno nbn è un'occupazione che alla critica prema più di tanto: si dà la risposta per poco interessante o già acquisita. Di fatto, il volto dell'interlocutore privilegiato è noto nei minimi dettagli: è quello degli stessi critici.C'è chi è narcisisticamente soddisfatto di trovarsi a fissarlo ancora una volta, e chi non lo ama e preferisce lasciar cadere lo sguardo nel vuoto, mentre scarseggiano i casi di chi cerca di trovare altro (qualcun'altro) da guardare. II discorso critico tende ad avere un prevalente carattere autoreferenziale, fatto serio per un'attività di comunicazione e mediazione come questa, ma che pare destare davvero poche ansie specifiche. A me invece (sarà un caso di ipersensibilità individuale), non riesce di rimanere del tutto tranquillo. 24
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