Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

ILCONTESTO della realtà e l'idea di identità nazionale cui tanta importanza si dà nell'educazione. Se richiarùiarno alla memoria ancora. una volta i due esempi del criterio occidentalistico nell'udiversità americana e della politicizzazione dell'identità araba nelle università arabe, noteremo che in entrambi i casi un'idea debole e vecchia deJ.lasingola identità nazionale si impone sulla varietà reale e·la grande diversità della vita umana. In entrambi i casi si tira in ballo e si impone una sorta di idea sovranazionale - quella di Occidente negli Stati Uniti, quella di Arabia o di Islam in paesi come l'Algeria, la Siria e l'Ira.I<(ciascuno dei quali ha grandi minoranze al suo interno). Ciò non fa certo avanzare le cose, dato che in entrambi i casi una combinazione di autorità e di difesa inibisce, ostacola e alla fine falsifica il pensiero. Quello che alla fine è importante nel concetto di Arabia o di Occidente, non è, secondo me, quanto queste nazioni escludono ma ciò a cui si collegano, quanto includono, e che rilievo hanno le relazioni tra la loro e le altre culture. Non ho una ricetta per risolvere facilmente questa serissima discrepanza. Nondimeno so che il significato èiella libertà accademica non .può essere ridotto alla semplice venerazione dell'autorità indiscussa dell'identità culturale e delle sue forme. Perché nella sua essenza la vita intellettuale-e parlo soprattutto delle scienze sociali e delle materie umanistiche - riguarda la libertà di critica: la critica è la vita intellettuale e, finché lo spazio accademico ne contiene una grande quantità, il suo spirito è intellettuale e critico, né codino né nazionalistico. Una delle grandi lezioni dello spirito c1itico è che la vita e la storia umane sono secolari - costruite e trasmesse da uomini e donne. Con l' inculcazione di identità culturali, nazionali o etniche il problema è che non si considera a sufficienza come queste identità si sono formate, non date da dio o dalla natura. Se l'accademia deve essere il luogo per la realizzazione non di una nazione ma dell'intelletto - e questa credo che sia la ragion d'essere dell'accademia - allora l'intelletto non deve essere costretto come uno schiavo a sostenere l'autorità dell'identità nazionale. Altrimenti le vecchie ingiustizie, le crudeltà e gli attaccamenti irrazionali che hanno sfigurato la storia umana.saranno riciclati .dall'accademia, che perderà per questo la sua vera libertà intellettuale. Vorrei aggiungere ora qualcosa a livello personale, e anche .politico, se così si può dire. Come molti altri, io appartengo a più di un mondo. Sono un arabo palestinese e sono anche un americano. Questo mi permette una strana, per non dire grottesca, doppia prospettiva, Sono inoltre un accademico. Nessuna di queste identità è separata dalle altre; ciascuna influenza le altre e agisce sulle altre. Ciò che complica le cose è che gli Stati Uniti hanno appena condotto una guerra contro un paese arabo, l'lrak, che a sua volta ha occupato illegalmente e ha cercato in tutti i modi di impossessarsi del Kuwait, un altro paese arabo. Gli Stati Uniti sono anche il principale sostenitore di Israele, lo stato che in quanto palestinese io accuso di aver distrutto la società e il mondo in cui sono nato. Israele conduce attualmente una brutale occupazione dei territori palestinesi della banda occidentale e di Gaza. Così sono costretto a mediare fra le varie tensioni e contraddizioni implicite nella mia biografia. Dovrebbe essere ovvio che io non mi identifico con il trionfalismo di un'identità, poiché la sconfitta e le limitazioni delle altre mi sembrano molto più urgenti. C'è dell'ironia nel fatto che mentre parlo come americano ai sudafricani in un'università sudafricana sul tema della libertà accademica, le università e le scuole della Palestina sono aperte o chiuse da decreti arbitrari e. punitivi delle autorità militari israeliane. Questa situazione si è stabilita dal febbraio del l 988: da allora le 16 principali università sono state chiuse e tali sono rimaste. Se considerate che più di due terzi della popolazione della Palestina occupata è costituito da persone al di sotto dei diciotto anni, la radicale brutalità di negare loro una scuola e l'università è impressionante. Nello steso tempo i bambini e i giovani ebrei frequentano liberamente le lezioni nelle loro scuole e università, che sono di livello decoroso. Esiste attualmente una generazione di bambini palestinesi che viene mantenuta nell'analfabetismo, in base a un progetto e a un'idea israeliana. Per quanto ne so, non c'è stata da parte degli accademici e degli intellettuali occidentali una campagna per rimediare a questa situazione: alcuni hanno protestato individualmente, ma Israele continua questa e altre pratiche volte a negare, se non addirittura a cancellare, l'identità nazionale palestinese, e lo fa con pochissime obiezioni da parte occidentale. Gli aiuti economici .degli Stati Uniti continuano ad arrivare e si continua a celebrare la democrazia israeliana. In rapporto ali' argomento che qui mi preme, i tentativi israeliani di negare, cancellare e rendere impossibile l'esistenza di un'identità nazionale palestinese altro che come "residenti arabi" non altrimenti definiti e senza nome della "Giudea e Samaria" (come sono chiamate la-banda occidentale e Gaza nel linguaggio ufficiale di Israele), questi tentativi non sono condotti solo da moderni colonialisti, ma dai discendenti di un popolo, quello ebreo, vittima a sua volta solo una generazione fa di tentativi simili. Che la vittima diventi l'aguzzino di un altro popolo è un rovesciamento storico doloroso da considerare. Che questo nuovo aguzzino abbia perseguitato proprio il popolo da lui spogliato ed esiliato, beneficiando nel contempo del munifico sostegno morale dell'Occidente è nel caso di Israele una cruda e ten-ibile verità. Questo sostegno è d'appoggio a una nuova nazionalità e a un nuovo nazionalismo, quello israeliano, che decreta l'assenza di un'identità nazionale e di un nazionalismo conflittuali (e preesistenti), quelli palestinesi. Non posso e non cercherò di spiegare perché Israele faccia questo ai palestinesi. Ma posso dire, con comprensione e con pietà, che la maggior parte dei palestinesi che oggi soffrono queste tribolazioni anelano ovviamente al giorno in cui potranno mettere in atto la propria autodeterminazione in un proprio stato indipendente, quando le scuole e le università palestinesi potranno istruire i giovani nella storia e nelle tradizioni della cultura araba e in quelle delle altre culture che hanno fatto e fanno la storia umana. Sicuramente una maggioranza di sudafricani prova un dolore simile al nostro, prova l'umiliazione e il sentimento di oppressione che noi proviamo a veder negato ai nostri rappresentanti il diritto di rappresentare il loro popolo, a vedere la nostra lotta etichettata solo come ".ten-orismo", a vedere rinviata all'infinito la nostra richiesta di auto-determinazione, a vedere come ci si punisce collettivamente, su decisioni prese minuto per minuto. Non è forse vero che ciò che rende queste cose così dolorose è che esse sono compiute spesso in nome della moralità occidentale o biblica, con la sua magnifica catena di sagacia, cultura, consapevolezza ed efficienza tecnologica a sostenerla? Come vengono fatti sentire delinquenti, moralmente ripugnanti i nativi che osano resistere a un'identità culturale così affascinante, che hanno la sfrontatezza di chiamarejngiuste e crudeli azioni come la chiusura delle scuole e delle università condotte da tali autorità! Per tutti coloro che conoscono un po' la storia del colo1ùalismo nel mondo extra-europeo, anche queste cose passeranno. Ci vollero dozzine di generazioni, ma alla fine gli inglesi lasciarono l'India e dopo 130 anni i francesi lasciarono l'Algeria, e dopo un certo tempo anche l'apartheid passerà. Anche per noi palestinesi

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