Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

28 VISTA DALLA LUNA i <i: ....l io tengo ad avere un medico ufficiale e non un ufficiale medico". Così mi trovai a lavorare ali' ospedale di Novara e lì conobbi un grande pediatra, Pietro Fornara, che considero un mio maestro. Fornara era un uomo che non predicava ma era antifascista, tutti lo sapevano. Le mie frequentazioni familiari avevano fatto di me un afascista, non un antifascista. E ora incontravo questa persona di grande competenza, nettissima e antifascista che mi fece una grande impressione. Se, alla fine della guerra non fossi stato preso da quello che avveniva in Basilicata, sarei tornato lì, a lavorare con Fornara. Dopo una borsa di studio, che spesi studiando per oltre un anno anatomia patologica a Milano, fui richiamato alle armi nel settembre del '39 e partii per l'Africa. Ho un ricordo nitido del vapore che arriva a Tripoli. Il mio distacco dal fascismo era avvenuto. Seguivo con spirito indipendente i fatti d'armi. E devo dirti che nel mio comando, che frequentavo in quanto ufficiale medico, vi era gente anche di una certa apertura, gente che capiva che molti generali si erano formati nella grande guerra e che quella invece era una guerra nel deserto, una guerra di movimento in cui noi andavamo a piedi e gli inglesi no. Era gente che credeva poco ai piani di controffensiva. Ti racconto un episodio di cui fui testimone e che credo sia inedito. Ero sotto il comando del generale Bergonzoli detto Barbaelettrica. Mi faceva pensare a un capitano di ventura, piccolo, magro e con gli occhi azzurri, che aveva capito che la guerra nel deserto è come la guerra in mare e si barcamenava come poteva. Aveva fatto montare dei cannoncini sui piccoli camion e li muoveva avanti e indietro finché gli inglesi non li scambiarono per carri armati camuffati. Aveva giurato fedeltà, "Credere, obbedire, combattere" e non era un uomo da tradire la parola data. Ma un giorno, alla presenza di Scorza, ultimo segretario del partito fascista, durante il pranzo con noi ufficiali, si levò e dettò il suo testamento. Disse queste parole: "Io vado all'ultima battaglia senza entusiasmo, combatterò perché devo obbedire, ma non credo. Se muoio seppellitemi nel cimitero da campo più vicino, insieme ai miei soldati. Non gridatemi presente, tanto non risponderò". Quella guerra nel deserto era stata quasi senza vittime civili, una guerra quasi pulita se così si può dire di una guerra. Io era a Bardi a che, dopo quaranta giorni d'assedio e tre di battaglia, cadde. Era il gennaio del '41. Cercammo di raggiungere Tobruk e in quel tentativo fui catturato. Gli inglesi applicarono le convenzioni di Ginevra e io fui affidato al diciannovesimo ospedale generale di guerra inglese. Facevo il medico, curavo i dissenterici e i tifosi e appresi molto da tre patologi inglesi di cui uno era bravissimo. Mi dispiaceva, certo, che l'Italia stesse perdendo ma non era una malattia mortale ed io non ne piansi. Incominciavo a non credere nella patria così come la intendevano i nazionalisti. Ti ricordi la poesia di Rocco Scotellaro: "Io sono un filo d'erba, un filo d'erba che trema e la mia patria è dove l'erba trema". E poi? Fui liberato con uno scambio e arrivai qui. EDUCATORI E DISEDUCATORI L'esperienza della prigionia mi aveva avvicinato alle aspirazioni dei contadini. Come per me, in qualche modo, la diaspora e la prigionia mi hanno stimolato a battermi per condizioni di vita migliori nella mia terra, così è stato anche per i contadini. La guerra è una grande esperienza umana e ci cambia dentro. Cosa avvenne? In una ricostruzione schematica e forse tinta di malignità, io ripartirei dalle guerre fasciste, dall'Etiopia, dalla Spagna. Molti disoccupati e contadini poveri meridionali, e anche lucani, partirono e non per "conquistare l'Impero" ma perché davano loro una paga, o meglio una sottopaga, e alle famiglie rimaste a casa un sussidio, una fonte certa di minima sussistenza. Sarebbe interessante studiare questo momento perché forse si può far risalire ad allora la trama dell' assistenzialismo. Rischiavano per un po' di tempo la pelle e poi costruivano ponti, canali, strade in Africa. E in cambio avevano questo aiuto. Alcuni storici dicono che l'assistenza nacque con la nittiana legge speciale su Napoli ma per la Basilicata questo è avvenuto alla fine degli anni Trenta. Molti,durantela prigionia, hanno fatto esperienze importanti, hanno visto aprirsi gli orizzonti. Questo è vero soprattutto per quelli prigionieri in Africa, India, Inghilterra, America, Australia, che vennero trattati meglio. Per quelli che finirono inGermania fu diverso. Ecco: capirono che

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