Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

EDUCATORI E DISEDUCATORI da prendere per i giorni prescritti dal medico e non la confezione. Ma si dice che c'è una grande pressione delle case farmaceutiche. Ma anche lì c'è. Eppure con questo banale sistema nelle case inglesi non si accumulano medicinali che poi magari vengono mal utilizzati in seguito o gettati, sprecati. Lì il legislatore ha posto un argine, ha fatto sì che la legge mitigasse gli interessi costituiti. In Italia non si vuol fare. Perché? Non c'è un motivo razionale. I motivi rimangono politici, nel senso deteriore. C'è una commissione preposta a questo e in questa commissione non sempre si fanno le cose come andrebbero fatte. Molte volte, non credere, le proposte, fatte da competenti, arrivano a chi decide e se ne discute anche. Ma poi prevalgono gli interessi forti o anche, appunto, gli interessi a non modificare. È un fatto di malcostume. Avviene dappertutto. E il problema per la mia generazione è capire perché nel nostro paese sia così difficile, in ogni ambito, fare quello che si chiama "l'interesse generale". A volte sono anch'io pessimista. Quando ero prigioniero degli inglesi mi persuasi che, caduto il fascismo, anche da noi si sarebbero formati due grandi schieramenti, l'uno conservatore e l'altro progressista. Tornato in Basilicata, io decisi di partecipare a quello progressista stando dalla parte dei contadini e non solo dei contadini. Pensavo a un sistema con un governo e un'opposizione entrambi al lavoro per dare soluzioni differenti ai problemi e entrambi responsabili davanti agli elettori. Invece da un lato le forze conservatrici insegnarono a tutti a difendere innanzitutto il patrimonio di voti e non a dare soluzioni ai problemi. E dall'altro lato quel che ha impedito la dialettica in Italia è stato il PCI che ha capeggiato lo schieramento progressista propagando una alternativa di sistema: tutto o niente. Questo è stato sempre il miglior modo per non proporre niente. Il Pci per decenni ha avuto il torto di mettere in frigorifero milioni di intelligenze. Gli rimprovero anche di non aver mai fatto opposizione pur essendo l'unico partito in grado di farlo, dato che il PSI non è mai stato un partito di opposizione. In Basilicata il PCI ci ha parlato del Vietnam ma mai delle cose da fare. Una volta sono stato invitato a presentarmi alle elezioni regionali, credo nel '72, nelle sue liste. Mi stavo quasi convincendo. Mi stavano lusingando. Tu sai, noi tutti ci lasciamo lusingare. Venivano molti giovani a trovarmi: "facciamo noi la campagna elettorale". Allora dissi a uno dei capi: "Ma io voglio fare l'opposizione, e mi dovete far trovare ogni mattina sul tavolo quali sono le posizioni prese dalla maggioranza, fuori e dentro la Basilicata. Se sono giuste le difenderò. Se no dobbiamo fare un'opposizione, mobilitando la gente, con delle nuove proposte". Mi disse: "Ma sì, certo". Poi vidi che non era più molto convinto. Un giorno raccontai al presidente della regione, un democristiano, ma persona seria, quel che sto raccontando a te. Ed egli mi disse: "perché non l'hai fatto?" Un presidente di giunta serio ha bisogno in effetti di una buona opposizione, altrimenti è costretto a mediare con gli interessi localistici o peggio, imposti da dentro la maggioranza. Forse se il Partito d'azione avesse trovato la base popolare questo sarebbe stato un paese diverso. Ma con i se ... Anche qui da noi vi fu una stagione, subito dopo la guerra, in cui alcuni ipotizzarono soluzioni. Sarebbe interessante chiamare i sopravvissuti a parlarne. Oggi quando sento e vedo i partiti che non pensano che a difendere innanzitutto se stessi e i meccanismi di occupazione del potere, io mi domando se il fascismo non sia una sorta di malattia ereditaria italiana. Tu conosci il tifo addominale classico? Ecco nella prima settimana c'è la febbre e nella seconda settimana c'è la fase delirante. Forse il ventennio fascista fu la fase delirante del male italiano che purtroppo non è passato. È triste parlare così, ma credo che sia consentito dire quello che si pensa. Altre volte sei più ottimista? Sì. Altre volte mi dico che bisogna insistere perché non è facile, in così pochi anni, in un paese affetto da una simile malattia, portare a compimento la democrazia. Pensa a quando l'Inghilterra, che per me fu allora il modello, ha iniziato l'esercizio della democrazia; eppure anche lì ancora... E in Italia non c'è stata quasi mai democrazia. La democrazia pre-fascista? Anche se Salvemini aveva un po' attenuato i suoi giudizi su Giolitti, rimaneva il ministro di malavita, e comandavano i prefetti e, tra i deputati, solo qualche grande personalità riusciva ad affermare democrazia. Poi fu il ventennio e poi la stagione repubblicana, relativamente pochi anni. Tu dici che bisogna insistere. Ma come? Non è una cosa facile; io stesso, vedi, ripeto che ho perso tempo, che la mia è stata una vita mal spesa. Oltre al mio mestiere mi sono illuso di far altro, di incidere sulle scelte sociali in medicina, per esempio. E mi sono accorto che è spesso illusorio perché tu le cose incisive le puoi attuare solo se hai la forza. E io per forza intendo forza politica. Un isolato, come io sono stato, rischia di fare il profeta disarmato. Allora magari avrestifatto meglio a legarti a un carro politico. Credi che avresti realizzato di più? O avresti perso semplicemente in dignità? Non so. Tuo padre, per esempio, forse ha voluto utilizzare i partiti perché vi aderì sempre per fare le cose. Ma quanto lo ascoltarono? E poi bisogna avere un certo tipo di carattere. Poi dicevi perdere la dignità. Oggi dico che la dignità l'avrei salvata lo stesso, magari rimanendo in America dove mi offrirono una possibilità o continuando la ricerca o a Novara dove ero emigrato dopo la laurea. Torniamo indietro a Novara. Io ho sempre avuto la grande fortuna di incontrare persone intelligenti. Arrivai a Novara, ufficiale medico. E subito espressi il desiderio di frequentare l'ospedale civile e il colonnello mi disse: "Certo, LATERRA 27 < ! = .. ~ .. e z ,.

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