Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

EDUCATORI E DISEDUCATORI la ricerca. lo stesso ebbi come professore uno scienziato di qualità, Diamare. Fu il primo che affermò che le isole di Langerhans costituiscono una unità embriologica anatomica e funzionale, conducendo un'indagine forse da premio Nobel. Egli mi spingeva a studiare il timo, un organo allora misterioso che non poteva non avere una funzione specifica. Ma tu allora non seguisti la strada della ricerca. No. E se c'è una cosa di cui mi sono pentito è di aver dedicato poco tempo alla ricerca. Certo, al !ora, non era facile: dovevi comprare da solo gli anjmali, l'alcool; non vi erano i mezzi dj oggi. Un giorno rividi Diamare qualche anno dopo la laurea, in funjcolare a Napoli. Mi avvicinai ed egli quasi mj redarguì: "ah il timo, il timo, il timo". Molti anru dopo tornai alla ricerca, ma a partire dal campo della medicina di cui mj sono occupato con regolarità: le malattie polmonari. Posso dire che come medico mi sono onestamente dedicato a un campo. Come ricercatore invece ... Quando ritornasti alla ricerca? A partire dagli anru Sessanta incoraggiato dai professori Parvis e Grosso sono ritornato "a mezzadria" all'Università, a Bari; vi ho poi insegnato e ho fatto ricerca. A quel tempo ho viaggiato molto per i convegni in microbiologia e feci conoscenza con un professore boemo, molto acuto, che dirigeva il gruppo di cui feci parte, che si occupava dei micobatteriofagi. Ci scrivevamo delle nostre ricerche, come si usa. Una volta ci trovammo in Olanda. Egli mj chiese come andavano le mie indagini, parlammo. A un tratto disse: "Rocco, tu ti occupi di troppe cose". Aveva ragione. Spesso però i ricercatori sono chiusi in specialismi univoci. Anch'io in America ho visto un medico che sapeva tutto dello streptococco e non conosceva il tracoma. Mi scandalizzai; poi, a ripensarci, certamente un tropicali sta potrebbe dirmi di una malattia che io non conosco ... Ecco io credo che sia un errore occuparsi di una sola cosa se è una piccola co a, ma è un errore occuparsi di tutto. In questi mesi sto cercando di mandare al macero la carta inutile, così ho rivisto alcuni dei miei lavori. E mi sono chiesto: ma era proprio necessario scrivere cinquecento, seicento pagine? Ne bastavano dieci o quindici. Ho disperso tempo con la programmazione, mi sono occupato persino di letteratura. Quanto tempo ho perso dietro Levi e Scotellaro. Mi sono occupato di troppe cose ... E tuttavia hai lavorato all'università. Come sei ritornato alla ricerca? Durante gli anni in cui mi occupai di malattia nei Sassi di Matera e altrove capii che, finita la malaria e avviata la battaglia contro le malattie gastrointestinali che avevano flagellato soprattutto l'infanzia, restava il problema della tubercolosi e delle malattie polmonari. In verità scoprimmo anche una grande incidenza delle cardiopatie, cosa che non ci aspettavamo. Naturalmente tenemmo conto di tutto ciò nei nostri tentativi di programmare l'assistenza sanitaria. E lavorando nel campo della lotta alla tubercolosi, prima al dispensario di Matera e poi a Bari, mi sono occupato oltre che del bacillo tubercolare anche di micobatteri non tubercolari e quindi delle loro fagotipie. Così, oltre al lavoro di laboratorio, dal' 58-' 59 ho tenuto i corsi di specializzazione sulla tubercolosi. E nel '68-'69 ebbi l'incarico a Bari per Statistica medica e Biometria fino all'82 quando lasciai. Durante quel periodo ho viaggiato e mi sono fatto un'idea delle università straniere e dei diversi sistemi sanitari. E hai fatto un paragone con quello che accade da noi. Sì. Vedi: c'è la questione degli studi di medicina e la questione della carriera di medico. E, poi, naturalmente, c'è la questione dei farmaci. Ecco: noi facemmo l'esame di Stato a Bologna, io ripristinerei una cosa del genere, magari a livello europeo. Ma bisognerebbe prima cambiare altre cose negli studi di medicina: essi dovrebbero essere finalizzati. Se si deve fare il medico generico è bene avere un certo tipo di preparazione, in un altro caso, un altro. Ma a 18 o 19 anni come fai a sapere se sarai medico generico o neurochirurgo? Non ho una ricetta in tasca ma grossomodo direi che, nei primi quattro anni, si faccia una preparazione generale per tutti, per orientare. Poi andrebbero approfondite di più certe materie in preparazione della specializzazione. Ti faccio un esempio: io ho studiato l'anatomia sul Testut, questo bellissimo trattato. Sono andato benissimo, ho preso trenta. Ma se tu oggi mi chiedi quali sono le ossa del piede io non te le so dire. L'ortopedico, il chirurgo devono sapere tutti i particolari di tutte le ossa, di tutte le arterie, dei nervi. Gli altri durante il quadriennio iniziale, dovrebbero fare istituzionj di anatomia. Cioè io riformerei il volume degli studi preparatori e, però, al contempo, farei trascorrere molte ore in ospedale, guidati. In America feci visita a un professore, un cardiologo, che mi mostrò come in quel momento 12 studenti stessero seguendo l'internato in ospedale, seguiti per molte ore al giorno, dagli assistenti e gli aiuti. Egli passeggiava con me e spesso lo chiamavano perché desse agli studenti ogni ulteriore spiegazione. Era, per certi versi come la libera scuola napoletana, ma in tutt'altro ospedale. L'importante è che si conosca ciò che è utile ai fini diagnostici: è questo, secondo me, l'obiettivo di una riforma degli studi. E la carriera di medico? Intanto i medici sono troppi; bisognerebbe escogitare un ulteriore blocco alla fine delle superiori oppure, in alternati va, una più seria presenza lì dove c'è bisogno, nel terzo mondo, una persona preparata. Ma ammettiamo che uno è bravo: si laurea, assolve agli obblighi militari, entra in ospedale. Guardiamo al caso medio. Se tu oggi, in Italia, entri in ospedale come assistente, ne puoi uscire quaranta anni dop~, a sessantacinque anni, senza grandj cambiamenti. E terribile: tutto si è fatto per garantire l'inamovibilità, il posto. Chi ha voluto questo? Anche i sindacati che spesso sono stati delle corporazioni: è una forza, LATERRA 25 < i = ... ~ ... e: z ,.

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