Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

24 VISTA DALLA LUNA quell'albergo abitava anche un uomo ben vestito che diceva di aver fatto l'attore. Io certi giornj girovagavo per la città e lo incontrai una volta a Bagnoli, travestito, che faceva l'accattone. Egli si rese conto che lo avevo visto e quella sera, si giocava a carte con i compagni, chjese "Che vi ha detto quel fetente?". Io non avevo detto niente. E i compagni insistevano: "Che gli hai fatto? Ti ha chiamato fetente". Quanti studenti venivano dalla Basilicata? E come si svolsero i tuoi studi? Non eravamo pochissimi venuti dalla Basilicata in quella facoltà, figli di piccoli e medi borghesi, artigiani, piccoli proprietari. E nessun figlio di contadini. Ora io conosco giovani medici preparati, figli di contadini. Quel mondo per fortuna è finito. A quel tempo gli studenti di medicina erano molto meno di adesso e c'era un rapporto quotidiano con i professori. Oltre ai corsi esisteva la scuola libera. Durante gli ultimj anni le mattine andavo all'ospedale Gesù e Maria ad assistere a un corso di semiotica medica: esercitavamo i nostri sensi, visitavamo i pazienti sotto la guida di un libero docente. A Napoli questa buona abitudine ebbe termine nel secondo dopoguerra. Altre volte si studiava sui cadaveri o in laboratorio. Fui interno a clinica medica con D'Amato che fu discepolo di Cardarelli. In quegli anni in Italia si sentiva ancora il retaggio, direi ottocentesco, delle diverse scuole, ognuna con una sua filosofia: Cardarem a Napoli, Murri a Bologna, ecc. I miei maestri insistevano su di EDUCATORI E DISEDUCATORI un'anamnesi scrupolosa: "un'anamnesi ben fatta è una diagnosi metà fatta". E sulla visita al paziente. Ora gli esami di laboratorio sono diffusissimi e certe diagnosi, allora difficilissime, si ottengono rapidamente. È una cosa straordinaria. Ma così le analisi hanno ridotto in media l'attenzione e il tempo dedicati alla visita. Penso che l'uso delle tecnologie sia essenziale ma che vada ancora pilotato dal- ]' anamnesi e dalla visita rigorose. Comunque dopo la laurea si doveva, allora, passare l'esame di Stato in una città diversa da quella della propria facoltà. Con degli amici andammo a Bologna dove vi era un professore di patologia chirurgica di scuola napoletana. Eravamo giovani, credevamo che ci avrebbe forse difesi. Eravamo pronti. Così diventasti medico. Sì. E partii militare poco dopo. Fui mandato a Novara. Da quando, bambino, per la prima volta ho lasciato Tricarico per Nocera Inferiore fino a quando vi tornai dopo la prigionia ho fatto parte della "diaspora lucana": sono stato fuori dal '23 al '43. Voglio chiederti della preparazione, della formazione dei medici allora e oggi. Gli studenti di medicina, anche paragonati a quelli del resto d'Europa in quegli anni, come ho constatato dopo, viaggiando, erano di buon livello. Tu pensa a Giuseppe Levi a Torino: dalla sua scuola sono usciti Luria, Dulbecco e )_,eviMontalcini, tre premi Nobel. I professori avevano un rapporto stretto con gli studenti e a volte li spingevano verso

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