Linea d'ombra - anno X - n. 69 - marzo 1992

EDUCATORI E DISEDUCATORI peggiori di tutti. Ecco, la parte della famiglia di mia madre mi aprì gli occhi sul fascismo. Quando? Sono stato fortunato a essere a contatto con gente che la pensava diversamente. Era il '35, '36, avevo ventiquattro anni. C'era la guerra d'Etiopia, si discuteva così, seduti al bar in piazza. Io ero ammesso tra gli uomini fatti perché studiavo, stavo terminando i miei studi di medicina. C'era un clima patriottico, era il periodo delle sanzioni all'Italia e dall'America gli italo-americani ci mandavano le cartoline di rame e financo Arturo Labriola tornato dall'esilio in Belgio si schierò a favore di Mussolini. Era molto difficile orientarsi, farsi un'idea propria per chi non era entrato in un gruppo particolare. C'erano l'entusiasmo e la gioventù. Tutti i miei amici, per esempio, volevano partire volontari. Perché il male peggiore delle dittature è la mancanza di informazione: quello che leggi è quello che ti fanno leggere. Io, invece, mi ero trovato accanto a uomini grandi che raccoglievano voci. Mio zio, fratello di mia madre, diceva per esempio: "Francesco Saverio Nitti ha scritto che il fascismo ha pochi mesi di vita". Erano veri o non veri questi articoli che andava citando, non lo ho mai saputo. Allora tu eri d'accordo con le sanzioni all'Italia? No. Ero convinto che non avrebbero fatto niente. Ero contro la guerra d'Etiopia. Ma fu grazie a mio zio prete, che era il fratello di mio nonno materno ed era il capo spirituale di questa grande famiglia. È stato un po' il mio educatore. È stato uno degli uomini più buoni che io abbia conosciuto: cristiano nel senso che cercava di operare come predicava. Ve ne sono ancora così. Per esempio di qui viene un altro così: padre Pancrazio che era il figlio di uno dei "contadini del Sud" di Rocco Scotellaro. Fa il missionario e vive nelle foreste del Borneo. È un uomo semplice che vive con niente e passa la vita ad aiutare gli altri. Non ti nascondo che quando mi scrive esito quasi ad aprire la lettera. Quando torna si meraviglia davvero di questa opulenza. L'altra settimana è passato di qui e mi ha detto: "Avete letto che il cardinale tal dei tali ha fatto una festa quando è stato nominato cardinale?" Si era innervosito, gli era parso strano. Dunque questo mio zio prete si occupava dei poveri che vivevano in paese. Chiedevano l'elemosina, non erano né contadini né braccianti, erano ciechi e altri inabili. Aiutavano inChiesa a suonare lecampane e l'organo. Mangiavano perché andavano nelle famiglie. Uno dei ciechi mangiava con noi. Lo chiamavano Roccocidd', o' ciucatidd', piccolo Rocco piccolo cieco. Era davvero piccolo e aveva lunghe dita ossute che muoveva sempre e con cui suonava l'organo in chiesa accompagnandosi con una voce stridula. Non ti nascondo che io non ero felicissimo quando lo zio invitava Roccocidd' a sedersi a tavola accanto a me. Ma in che modo tuo zio ti ha aiutato a farti un'idea diversa? Come ti ho detto erano gli anni della guerra d'Etiopia e i fascisti dicevano che andavano lì a portare il cristianesimo. Mio zio prete dopo pranzo leggeva il giornale e fumava la pipa di terracotta con il lungo becco di canna. Era un uomo che non parlava a vanvera, prudentissimo. Ma un giorno lo sentii commentare il giornale e si lasciò sfuggire queste parole: "Ma quelli sono già cristiani e poi il cristianesimo non deve portare le armi". Questo commento mi impressionò molto. Vedi, all'università i piccoli gruppi di antifascisti erano chiusi al loro interno. Se non avessi avuto questi zii che ragionavano. Io ci pensai bene a questa storia: la conquista dell'Etiopia, ma perché? E a un certo punto mi convinsi pure che agli inglesi sarebbe bastato affondare una nave nel canale di Suez per fermare l'impresa d'Etiopia. Noi non saremmo più passati. Alcuni storici dicono che la disaffezione al regime iniziò con la guerra d'Etiopia. In Basilicata forse in parte, nelle classi medie. Qui i contadini non sono mai stati affezionati ad alcun governo, che è sempre stato visto estraneo e lontano. Ti ho già detto poi che il fascismo fu qui una cosa strana. Gli stessi podestà, spesso, erano brave persone. C'erano, certo, anche i presuntuosi e i fanatici; a questi, sai, la divisa piaceva. Proprio giorni fa ho incrociato un buon uomo che in divisa si trasformava. Diventava fanatico e severo. Altri così li ho incontrati in guerra. Beh, costui ricordo che faceva delle lunghe lezioni sull'angolo che il braccio destro doveva fare perché il saluto romano fosse davvero tale, regolare. Vedendolo ora per strada, un bravo pensionato, mi è venuto anche da sorridere. Torniamo alle scuole medie? Sì, da Nocera Inferiore andai a Salerno per gli esami di maturità. E poi decidesti di fare medicina e partisti per Napoli. Come fu l'incontro con la grande città? Ero portato per la matematica tanto che il mio professore che conosceva Enrico Fermi mi incoraggiava ad andare a Roma alla facoltà di fisica. Poi scelsi medicina. Mi sentii certamente spaesato, sperduto nella grande città. Fui colpito dalla grande miseria, dai bassi napoletani, una povertà diversa da quella dei paesi. Alla periferia e sul Vomere c'era campagna: pecore per le strade, mercati coi contadini. Napoli non mi piaceva perché in quegli anni ero isolato. Studiavo e passavo lunghe ore all'Istituto di Istologia. Non avevo contatti vivi con i giovani della città e le domeniche ero ospite di una famiglia di compaesani. Dove abitavi? Fu difficile trovare una camera per studenti. Il primo anno abitai in un albergo al Vasto dove ogni tanto mi raggiungevano i miei zii dal paese. Era un ambiente povero e per me ostile che forse mi impauriva. Così non frequentai molto neanche gli altri studenti che erano ammassati due o tre per camera. Io ebbi una camera ricavata da un bagno, dove sistemarono un lettino e un piccolo tavolo. In LATERRA 23 < ! = .. I> .. e z s,

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