Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

Foto di Jeremy Nicholl ( G. Neri). Gorbaciov avrebbe potuto cercare di attuare in Urss una nuova Nep, privilegiando la riforma economica e mantenendo fermo il potere del partito. Scegliendo la strada della riforma politico-economica combinata non poteva subordinare la seconda ad una vittoria della prima. Essere giunti ad accettare "il mercato" dopo infruttuosi tentativi (a parole) di individuare una terza via ha reso impossibile sperimentare i metodi propostigli dai.suoi collaboratori, lasciando che fosse il "laissez faire" della pianificazione fallita a determinare la sempre più tragica realtà economica e sociale del paese. Che quello economico fosse un problema grave, il problema per eccellenza assieme a quello dei rapporti tra le repubbliche e di un loro coordinamento centrale, lo avverte adesso anche Eltsin. La scelta del successore di Gorbaciov sembra essere in parte diversa (la terapia-shock dei prezzi e di una pri vatizzazione difficile da attuare) e in parte analoga (l'autonomia della politica come terreno generale di risoluzione dei problemi), ma non pare destinata a maggiori successi, almeno sul breve periodo. La mancanza di potere e di legittimità è ancora forte, anche se la vittoria di Eltsin sembra aver prodotto una pausa di relativa stabilizzazione. Sulla figura di Eltsin si sono pronun~iati un po' tutti, dipingendolo come un pericoloso nuovo zar o come il meritevole affossatore del comunismo. Bisognerà continuare a discutere se la sua intelligenza politica sia più grossolana di quella di Gorbaciov ma sorretta da un fiuto più aç:uto;e se la sua adesione alla democrazia altro non risieda che nell'odio per quel comunismo di cui fino a ieri si era nutrito. Al di là dei tratti psicologici e culturali, comunque, la caratteristica principale del suo opeILCONTESTO rare è quella di aver fatto e voler fare della Russia l'erede e insieme il giustiziere dell'Urss, l'esecutrice della condanna e del testamento, il notaio della vendetta della Storia e il garante della continuità della stessa. Un compito così ambiguo e contraddittorio non poteva venir gestito che da un personaggio equivoco e indefinibile, che alterna momenti di assoluta lucidità razionale a un senso di onnipotenza o a una triviale volontà di vendetta che sembrano appartenere al passato. E' sui caratteri più profondi della fase storica che vive la Russia che ci sarebbe bisogno di lumi, non tanto sui personaggi di primo o secondo piano che dominano attualmente la scena. E' difficile abbandonare d'un colpo un'analisi fortemente orientata sul versante ideologico e "personale". Chi ha detto per anni, e ripetuto saccentemente negli ultimi mesi, che ogni male dell'Urss trovava la sua radice e spiegazione nell'ideologia comunista o nella protervia di un potere inventato da Lenin per distruggere l'Occidente, fa fatica, oggi, a distinguere e a orientarsi (e ancor meno a orientare) nella contraddittorietà dei simboli e degli slogan, nella superficialità delle proposte e degli obiettivi, nell'imbarbarimento di una democrazia che non è ancora nata. C'è bisogno, per prima cosa, di affrontare quanto accade in Russia e nelle ex repubbliche sovietiche senza illudersi che il richiamo ai "valori" dell'Occidente (la democrazia, il mercato, ecc) sia nulla più di uno slogan o di un bisogno diffuso ma incapace di concretizzarsi. Ma anche senza un superficiale e ottuso atteggiamento di superiorità che si è ormai diffuso ed è ridiventato senso comune: se nella democrazia di massa di tipo occidentale i simboli della libertà sono Reagan o il generale Schwarzkopf, perché scandalizzarsi se in un regime di massa ambiguo e in trasformazione come quello russo possono di più Eltsin.e i suoi vecchi amici di Sverdlosk piuttosto che volti più capaci o comunque più umani come quelli di Shevardnaze o Jakovlev? Molto di quello che accadde in seguito al regime comunista instaurato nel 1917 fu dovuto al programma, ali' ideologia, alla concezione del potere che avevano i bolscevichi. Molto di più, tuttavia, fu quello che accadde perché le "onde lunghe della storia" e i condizionamenti di un mondo sempre più intercorrelato interferirono con quella ideologia e la modificarono, trasformando uomini, gruppi, idee, interessi. Se questo è stato vero per un progetto "forte" come quello bolscevico, come non credere che il peso del passato e di quanto accade fuori dalla Russia sarà ancor più decisivo in una realtà dove nessuno sembra avere uno straccio d'idea di come far marciare in avanti il paese? La durata del "potere" di Lenin e di Gorbaciov è stata all'incirca la stessa. Le loro qualità e il loro modo d'agire sono invece incomparabili, come anche la loro fine e il loro destino "pubblico". Entrambi, tuttavia, avevano un lucido programma di governo che, nello scontro con la realtà imprevista e imprevedibile, si è trasformato in qualcosa di diverso, che hanno cercato tutti e due di padroneggiare e controllare fin quando è stato possibile. Entrambi, in questo figure tragiche, non vedevano nessun altro in grado di continuare il lavoro intrapreso, e .temevano un futuro preda di forze più grandi degli uomini che dovevano dominarlo. C'è solo da sperare, mentre ci sforziamo di comprendere meglio cosa sta accadendo in questo tumultuoso fine millennio, che abbia ragione il vecchio Marx e che la storia, quando si ripete, non sia più una tragedia ma soltanto una farsa. s

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