Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

QUANTE SUOLE DI SCARPE Incontro con Bruce Chatwin a cura di Michael lgnatieff traduzione di Roberta Mazzanti L'intervista che segue è apparsa sul n. 21 di "Granta" e aveva come titolo The Story-teller, nell'estate del 1987. Bruce Chatwin è morto due anni dopo nel 1989,eranatonel 1948. Dellasuaoperacisiamooccupaticonunarticolo di Gino Scatasta nel nostro numero 64 (ottobre 91), ma vogliamo tornarci proponendo, sia pure in ritardo, questa bella intervista che gli fece Michael lgnatieff. L'opera di Chatwin è tutta pubblicata in italiano da Adelphi. I titoli più noti: InPatagonia ( 1977), llVicerédi Ouidah ( 1983), Sullacollinanera (1984), Le vie dei Canti (1988), Che ci faccio qui? (1989). Ha quarantasette anni, è alto e snello, con occhi di un blu intenso. Più magro di quanto dovrebbe essere: la pelle del volto è tirata e il colorito troppo acceso postumi di una recente malattia. Il blusotto da caccia, i pantaloni di velluto a coste e le scarpe sportive lo qualificano come un esponente della borghesia rurale inglese, un 'identità che ha sfuggito per tutta la vita. È inglese la sua strategia di sminuirsi per meglio nascondersi. Instancabile creatore e narratore di storie, ride di gusto con una risata stridula e chiocciante. Unparlatore conciso, uno scrittore invidiabilmente asciutto. ÈgiuntoallascritturadopounabrillantecarrieradaSotheby's. Ogni suo nuovo libro elude il precedente: In Patagonia, un racconto di viaggio e un itinerario alla scoperta di sé; Il Vicerè di Ouidah, una miniatura dai colori sontuosi su un trafficante di schiavi brasiliano nel Dahomey; Sulla collina nera, il suo unico romanza ambientato in Inghilterra, sulla vita di due fratelli, agricoltorì nelle colline gallesi; e ora il romanza Le Vie dei Canti, che narra di un viaggio in cerca delle Vie dei Canti degli aborigeni australiani e indaga sulle origini del nomadismo, del narrare e sulle radici dell'irrequietezza umana. È sposato con Elizabeth da più di vent'anni. Non hannofigli. Vivono in una casa di campagna rivestita di legno rosso vermiglio, tipica delle colline del Vermont ma situata invece sui pendii erbosi dei Chiltern, vicino a Oxford. I suoi soggiorni qui sono generalmente il preludio o l'epilogo di un viaggio. Partirà la settimana prossima per il Ghana, dove Werner Herzog sta girando Cobra Verde, basato sul Viceré di Ouidah. Dopo il pranza nello studio bianco, con le persiane di legno accostate per proteggerci dalla luce abbagliante del sole riflessa dai campi di neve, sta seduto in una sedia di tela di fronte al camino, le mani giunte, le dita che sfiorano le labbra, in attesa: cauto, divertito, elusivo. Le Vie dei Canti.è un po' di tutto: autobiografia, invenzione letteraria, antropologia, archeologia. Ma tu come lo descriveresti? Va chiamato romanzo, perché ne ho ~nventate molte parti al fine di raccontare la storia che volevo raccontare. Ma credo appartenga a una categoria indefinibile. Mi incuriosisce la tua scelta della fiction per esporci un gran numero di interessanti teorie sulle origini del nomadismo, sul- ['arte della narrazione, sul/' irrequietezza e così via... Scriverlo come una fiction ti concede una maggior flessibilità; altrimenti, se ti metti a dettar legge su argomenti del genere (e a dir la verità, ci ho anche provato, a dettar legge), non puoi neanche 64 immaginare quanto risulti presuntuoso. Oppure, devi difendere il tutto con tanti di quei titoli qualificanti, da rischiare di fado crollare sotto il loro stesso peso. Ci sono libri che ti sono serviti da modello? Ame interessa una forma settecentesca, il romanzo dialogico, mi riferisco in particolare a Giacomo il Fatalista di Diderot. I philosophes del diciottesimo secolo erano capaci di esprimere concetti seri in modo davvero leggero; questo era uno dei miei scopi. Nel tuo lavoro, dove si trova la linea di separazione fra fiction e non-fiction? Non credo che si trovi; dovrebbe ovviamente esistere, ma non so dove si trovi. Ho sempre scritto cose che si situano sul limite di questa linea. Ho cercato di applicare tecniche romanzesche a parti reali di viaggi; una volta ho fatto l'esperimento di contare tutte le bugie che si trovano nel libro che ho scritto sulla Patagonia. Tutto sommato, non ce n'erano neppure troppe. Ma in Le Vie. dei Canti, se dovessi assommare le invenzioni, non avrei alcun· dubbio che il risultato sarebbe unafiction. In Le Vie dei Canti c'è un personaggio che non è inventato, ed è Bruce, il narratore. Tu. Ah, beh, non credo che tu possa inventare te stesso ... anche se,

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