IL CINICO BEBÉ e altre poesie Stevie Smith a cura di Gilberto Sacerdoti "Un Natale di qualche anno fa, essendomi imbattuto in libreria inNot Waving but Drowning di Stevie Smith, ne fui sufficientemente impressionato da comprare un certo numero di copie per distribuirle a caso tra gli amici. La sorpresa che ciò provocò in loro discende.va in parte, senza dubbio, dal tipo di reazione che prima della guerra ci portava a emendare la famosa pubblicità di sigarette 'Se Tal-dei-Tali (di solito una celebrità del cinema) ti offrisse una sigaretta, sarebbe una Kensitas', sostituendo al nome della marca le parole 'un fottuto miracolo'. Ma credo anche che fossero preoccupati di capire se mi aspettavo seriamente che ammirasse-. ro il libro. Quanto più insistevo che io lo ammiravo, tanto più diventavano sospettosi. Un episodio increscioso." Così Philip Larkin nel 1962. Da allora la fama di Stevie Smith, nata nel 1902 e morta nel 1971, è sensibilmente cresciuta: nel '69 le venne data, su suggerimento di C. Day Lewis, la prestigiosa Queen's Gold Meda!; dopo la sua morte Hugh Whitemore fece Stevie, un'opera teatrale, poi trasformata in film, con Glenda Jackson; oggi i suoi Collected Poems sono pubblicati nel "Penguin Twentieth-Century Classics", vi· sono state diverse traduzioni e biografie, e le sue poesie hanno acquistato un solido pubblico anche negli Stati Uniti. Ma la sospettosa perpiessità · degli amici di Larkin di fronte all'inusuale munificenza del poera (notoriamente ancor più parsimonioso nell'ammirazione per la poesia contemporanea che nei regali natalizi) resta plausibile, perché la voce di Stevie Smith è effettivamente sconcertante. Larkin provvide a spiegarsi in Frivolous and Vulnerable. Stevie Smith dice, col suo straordinario guazzabuglio di gatti, cavalieri, bambini, Racine, Excalibur, Inghilterra, Cranmer e Copernico, coi suoi disegni alla Thurber accostati alle poesie, si presta effettivamente a dar l' impressione di essere una spensierata ed eccentrica dispensatrice di bizzarre rie. Però le sue poesie possiedono due qualità su cui non risulta poi facile sorvolare: "sono completamente originali, e a tratti sono commoventi. Qualità che bastano da sole a porle al di sopra del 95 per cento della produzione odierna". Stevie Smith scrive come se scarabocchiasse ciò che le viene in mente, sciocco o tragico che sia, ma la voce è chiaramente fausse-naive. Si ha un·bel irritarsi di fronte ad alcune poesie "che non avrebbero mai dovuto uscire dalla famiglia," la maggior parte ha "un sapore unico e curioso" e la sua caratteristica principale è di saper "pronunciare un qualcosa di inaspettato che una volta espresso non viene più scordato". Come per Lear, la "sciocchezza" fa parte della serietà; "la lingua e la storia della Chiesa d'Inghilterra e la sua liturgia fan parte del suo sangue, ma così anche il dubbio," cosicché accenti profetici e da Stampa Razionalista si trovano curiosamente a convivere; ma certi passi suonano come "la massima approssimazione possibile dell'immaginazione alla fede". I suoi maggiori successi non sono le poesie lunghe e squadrate che si possono antologizzare e anatomizzare, ma "frasi occasionali e ritornelli che ci si ritrova in testa, come filastrocche e poesia folk, anche molto dopo aver deposto il libro a favore di Wallace Stevens". La conclusione è che si tratta di "una scrittrice quasi inclassificabile", un "Blake riscritto da Ogden Nashe", le cui poesie, tuttavia, "parlano con· l'autorità della tristezza". · Impressionato e sconcertato appare anche un altro notevole poeta, Seanius Heaney, che in un saggio del '76, A Memorable Voice, ricorda il suo straordinario modo di recitare delle poesie che sembravano invitare il pubblico a "concederle il suo affetto mentre al tempo stesso lo tenevano a distanza con un'acre ironia". Era come se Gretel e la Strega si fossero fuse nella stessa persona. Cantava le poesie stonando ad arte, producendo ''.un canto gregoriano meravigliosamente incrinato che suggeriva due esperienze auditive: la canzoncina di un bambino a una recita, combattuto tra il riso e le lacrime, e l'esecuzione deliberatamentefausse-naive di un virtuoso". Le poesie erano "pervase dalla musica trascinante e primitiva delle ballate e delle filastrocche", ma "trasformata da un orecchio sofisticato e leggermente viziato in una musica da camera triste e immobile", e altrettanto notevole delle parole era "la peculiare atmosfera emozionale tra le parole". "Stevie Smith ricorda due Lear: i I vecchio re che giunge alla conoscenza e alla gentilezza attraverso la sofferenza, e il vecchio poeta comico Edward che parte per il nonsense. Suppongo che alla fine l'aggettivo debba essere 'eccentrica'. "Eccentrica", "sconcertante", "inclas,<;ificabile": saranno, possono essere, certamente sono delle limitazioni, ma evidentemente inerenti a quella "completa originalità" che per Larkin la pone al di sopra del 95 per cento della produzione contemporanea. Quanto alla naiveté, tutti concordano esserefausse. Una poesia, dunque, con delle limitazioni, ma ·intensamente genuina; e, all'interno di quei limiti, una grande sofisticazione della genuinità. Le caràtteristiche più costanti sono una comicità che mette a disagio, e il tono intensamente "parlato" della voce. Così parlato che contagia, e invita, o addirittura costringe, a leggere a voce alta, a trovare l'intonazione che le si addica; che è un'operazione complessa, perché la voce è spesso fittizia, drammatica: imita, parodizza la voce di qualcun altro, oltre che dell'autrice stessa: leggerle adeguatamente significa scoprirsi attori. C'è una grande varietà ritmica e formale: l'inno, la ballata, la filastrocca, i monologhi drammatici; tetrametri trocaici, pentametri giambici, endecasillabi, alessandrini, variamente intercalati e alternati col verso libero; e memorabili rime, byronianamente eroicomiche, perfette e imperfette. Le sue poesie sono tante e diverse, e nella loro "bizzarra copios.ità", dice Bayley, "ci si può immergere, come in Hardy''. Quanto alla comicità, mette a disagio (e intriga, e affascina) perché è enigmatica, a doppio fondo, e di regola copre qualcosa che solo comico non è: è mista, non di rado col sinistro, col crudele, meglio, lo spietato. A volte, come con Swift, vien fatto di rileggere per accertarsi di non esser stati nel frattempo soavemente pugnalati alle spalle. Non è mai sentimentale, può essere passionale. Certe poesie sembrano scritte, come diceva Chesterton di Cime tempestose, da un'aquila: spira distintamente un gelido spiffero di misticismo nordico femminile. Ma tutto è poi dissimulato e apparentemente addomesticato da un tono suburbano: "come se il Vecchio Marinaio," scrive Hermione Lee, "si fosse stabilito · a Palmers Green". Altre poesie hanno un profumo di ozono, si mantengono improvvisate e instabili, come ossigeno allo stato nascente. Spesso c'è una combinazione di euforia e disperazione, spesso l'euforia ha un sottofondo suicida: si fonda, cioè, sulla possibilità del suicidio, donde l'euforia, sia di non averlo fatto, sia di sapere di poterlo fare. La mistione 'di opposti è una caratteristica quasi costante. E ancora più costante è una effettiva estraneità alla "opinione comune". Ma siccome sappiamo che è "inclassificabile", ne approfittiamo per non insistere, confidando nell'eventuale efficacia della traduzione. 61
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