Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

SAGGI/MANEA te la pròpria mediocrità e bassezza. La vendita di ebrei e tedeschi in cambio di valuta liberamente convertibile, con il pretesto della "riunione delle famiglie". Le operazioni di spionaggio e la disinformazione, avvalendosi della collaborazione di terroristi arabi, mangiafuoco, ipnotizzatori o domatori del Kgb. E i momenti in cui il Fuhrer vomitava (per esempio · perché non aveva potuto porre un veto "ufficiale" a una dimostrazione di protesta contro di lui, in Ancoro da/ Clowns di Fellini. occasione di una sosta a New York, oppure dopo aver saputo del tradimento di uno dei suoi più fedeli servitori). E la crisi isterica alla vista del!' ambasciatore americano: un nero (che offesa inaccettabile per un vecchio internazionalista come lui)! Gli accessi di collera della consorte Hon-oris Causa, perché gli amministratori del circo non avevano fatto arrivare per tempo da Parigi o Londra una particolare tazza per il bagno. Il suo hobby piccante: guardare i films degli adulteri dei maggiori dignitari che specialisti della Sécuritate riprendevano di nascosto per lei, appositamente per questo scopo. Forse non è stato un caso se-proprio durante questo difficile periodo tra inferno e purgatorio (tirannia e esilio)- ho trovato in una rivista parigina queste parole, dirette da Ernst JUnger a Julien Hervier: "L'homme des Muses doit placer au centre sa peinture, sa poésie, sa sculpture, et le reste est ridicule. C' est pourquoi je ne saurais critiquer ùn créateur qui bénéficierait des faveurs d'un tyran. Il ne peut pas dire: J'attend que le tyran soit renversé!, car cela peut durer dix ans, et elitre - temps son pouvoir créateur se sera evanoui"8 • Come aveva ragione! "E il resto è ridicolo!" Adesso però non si tratta solo di qualcosa di ridicolo, ma dell'orrore, della distruzione delle ultime enclaves di normalità ali' interno della vita quotidiana, del pericolo giornaliero della morte fisica e spirituale. Della impossibiltà di sfuggire a questo "resto", che da tempo è diventato un ornnicomprensivo, aggres- ·sivo, assurdo, soffocante tutto. "Buffone di un deplorevole buffone"? Ho evitato, per quanto possibile, le maschere e le trappole del mostro. Non ho mai cercato il favore del tiranno, non gli avrei mai dedicato neanche una sillaba di lode - nonostante i mei giorni potessero essere contati. Con lo sguardo spento fissavo le pagine morte di giornali altrettanto morti. E di colpo mi tornò in mente "il megafono impertinente" di Fellini ... "Un megafono, un augusto, si rifiuta semplicemente di mandare in onda la trasmissione di un clown bianco". Tutti questi giornali menzogneri che hanno avvelenato i nostri giorni con il solito monotono ritornello, tutti gli altoparlanti con lo stesso refrain - e se quelli improvvisamente si fossero inventati una nuova rivolta, una vendetta, una presa in giro? Con un capovolgimento, un cambiamento di registro. La storpiatura di una frase, una lettera che semplicemente se l'è svignata da un Titolo in grande, una chiazza impertinente su una idilliacafoto ritoccata. "Il megafono impertinente" che al momento giusto riesce a piazzare la battuta giusta per denigrare il tiranno: "Gli gira intorno, lo deride, mette in burla tutto quello che dice e fa il clown bianco", così Fellini. "La rivolta della macchina per mezzo di ruggiti e notizie false contro l'insensatezza offensiva che imegafoni negli anni del fascismo erano costretti a diffondere". E non solo durante il fascismo; anche la nostra generazione ha avuto i suoi clowns bianchi - e i relativi augusti. Io mi sono negato al nostro tirannico clown. Non perché avrei sdegnato la sua benevolenza. L'ho ignorato, finché ho potuto, nella speranza di essere lasciato in pace; anche quel genere di "ridicolo" mi lasciava freddo, può essere definito "il resto" solo agli inizi del terrore, ma presto e mortalmente si ingrandisce come una valanga, che raccoglie, inghiottisce e annulla qualsiasi cosa ostacoli il suo cammino. Mi guardai saggiamente dall'odiarlo, perché gli avrei dato troppa importanza . .Tuttavia come una instancabile talpa aveva già spalato tanto di quel fango, che noi lì sotto rischiavamo quasi di soffocare. Ma ora che tutti lo odiavano, tutti gli auguravano di morire, ora non si poteva fare più niente contro di lui. Solo quando il disastro è ormai evidente, e non è più possibile fare retromarcia, anche l'odio diventa unanime. Contro Hitler soltanto negli ultimi mesi di guerra (quando il disastro ricadde su tutto il popolo tedesco); contro Stalin solo dopo ta sua morte (quando il mito si era irrancidito, e il mostro non era più pericoloso). Il nostro ridicolo mostro nazionale è stato ricevuto con gli onori militari da tutti i capi di stato dell'occidente e dell'oriente. Già ai suoi inizi, quando giocava con astuzia sugli errori di valutazione e cavalcava il fantasma del bene, l'avevo trovato altrettanto disgustoso che nell'ultimo sinistro decennio. L'ho disprezzato e ho diffidato di lui istintivamente, da prima che cominciasse nella sua raccapricciante commedia a digrignare i denti. Non mi sarebbe stato possibile liquidare l'intera mascherata come un "ridicolo resto". Sempre più di frequente mostrava i suoi artigli, sempre più forte si faceva il suo abbaiare. Il ridicolo demoniaco e assassino non era certo un. "resto" qualsiasi, era il Tutto, alla cui onnipresenza nessuno poteva sottrarsi. Poco tempo dopo la sua "presJ di potere" uno scrittore che aveva delle conoscenze nella cerchia dei dottori mi mostrò la "cartella clinica" del tiranno, redatta da un gruppo di psichiatri di fama. Già allora era da temersi il peggio. Già allora il capo, il figlio prediletto del popolo, sulla base di questo documento avrebbe dovuto essere internato al più presto. La sua paranoia si faceva notare già a quell'epoca: la legge sul lavoro che vincolava al proprio posto ogni lavoratore - per

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