Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

ambigua complicità. La rappresentazione nasce come una visione ingenua dell'arte - per poi trasformarsi di colpo in una smorfia di demoniaca bruttezza. "Hitler può anche essere il più grande distruttore tra tutti i geni della storia, questo non significa che la sua formula abbia meno punti di contatto con quella di Chaplin. Tutte e due partono dal bisogno dell'emarginato di farsi accettare". 3 Benché ancor oggi senta dolorosamente vivo il sinistro "influsso" con cui Hitler e Stalin hanno vi.olentato la mia fanciullezza e gioventù, non avrei mai potuto comprendere l'essenza di questo influsso se negli anni della maturità non fossi stato costretto a sopportare fino ali' asfissia la paranoia del piccolo tiranno della provincia, che passo dopo passo volle allargare la piccola arena della sua macabra esibizione da circo a tutto il paese. "Lei colleziona ancora i ritagli della stampa umoristica, del tipo di quelli che figurano negli Anni d'apprendistato del!' augusto?", mi ha chiesto nel 1981 un giornalista durante un'intervista destinata alla stampa in questione, e che per mesi avrebbe scandalizzato quella stessa stampa rumena. Nel corso di qu~ll'intervista dicevo che "l'artista non può rendere all'ufficialità l'onore di una negazione solenne, perché vorr.ebbedire prenderla troppo sul serio e rafforzarne involontariamente l'autorità, in un certo senso accreditarla. Grazie ali' intervento del grottesco, l'artista accentua la derisione per.ottenere un sovrappiù di senso( ...) Nella nostra attuale società; in cui tutto si confonde e si annulla, la derisione rischia di inghiottire tutto -compresa l'arte, e l'artista, anche se iscritto al sindacato dei buffoni, tenta di farsi carico dell'ambiguità di questa funzione, di porsi, con un equilibrio instabile e puerile, su delle linee fluide, frammentarie, e di trasformare ciò che si è perduto in un successo rinviato a più tardi, ciò che è vuoto in una attesa, una promessa incerta e bizzarra ..." Dov'è dunque finito l'ideale orgoglioso e romantico dell'"Art"? La posizione dell'artista nel mondo è quella dell'augusto: der arme August, come il padre di Hans Hartung chiamava affottuosamente suo figlio, con un accostamento testimone di una esatta intuizione, intuizione che in seguito né la vita del pittore né la sua opera peraltr9 svilupperanno. Il vecchio Thomas Mann, scrittore molto rigoroso, grave ed etico, vedeva gli artisti come degli "eccentrici spiriti del ridicolo", "brillanti monaci dell'assurdo", dei "sospetti" e degli "acrobati", come diceva di Felix Krull, quel personaggio che non era "né femmina né maschio, quindi non umano" e che chiamava "un angelo serioso dalla folle audacia ... sotto il tetto del capitello, in alto, al di sopra della massa", vale a dire sospeso nell'equilibrio aereo del gran circo del mondo. Non è soltanto dal punto di vista del nulla e dell'inutile che tutto l'umano appare irrisorio (e quindi uguale). Visto dal cuore stesso della frenetica circolazione quotidiana, lo spettacolo ogni giorno differente e identicame9te ripetuto del formicaio umano proietta, così come le maschere della sofferenza, della gloria e della gioia, l'immagine caricaturale dell'effimero. Se osservato da troppo lontano o da troppo vicino, sembra non permèttere più di distinguere nettamente tra fattori simili, di vedere attraverso componenti inconciliabili. Nel circo del mondo il poetaha l'aspetto di un cavaliere dal volto tristo, un augusto inadatto alle pratiche di questa vita corrente che i suoi simili onorano offrendo e ricevendo, a seconda dei loro sforzi, della loro fortuna e dell'astuzia, porzioni di commestibile concreto. Questo personaggio inetto e incapace, lui, sogna altri scambi, altre scale di valori e altre ricompense, e cerca solitarie compensa-zioni . per questo ruolo che gli è stato attribuito senza nemmeno chiedere il suo parere. I frammenti del SAGGI/MANIA suo orgoglioso progetto, d'altro canto, mostrano spesso una sorprendente - perché profonda - conoscenza dei suoi concittadini, con i quali sembra comunicare solo superficialmente, e da cui preleva, per poi restituir loro in seguito, in una specie di gioco di presti-gioelaborato e istantaneo, delle sequenze che loro possano riconoscere anche se appaiono misteriose e non sempre comprensibili - a volte nemmeno lui le capisce interamente. La sua debolezza sembra di colpo una forza fuori dall'ordinario e divergente, e la sua solitudine una solidarietà ancora più profonda; la sua immaginazione diventa la strada più breve verso la realtà. Si direbbe che il suo viso si rifletta, ali' improvviso, in tutte le immagini della natura che lo circondano. Lo specchio gira velocemente. A un certo momento, un breve flash. Un istante di stupore per il personaggìo e una frazione di secondo di meraviglia nelle arene del circo. Come? Il tiranno fa anche lui parte della troupe dei saltimban~ chi? Il fragile vagabondo (e uomo di lettere e cultura) potrebbe riconoscersi perfino in questa maschera sfigurata dove tutti gli occhi vedono apparire non il bene, il vero, il bello, ma i loro contrari? Sarebbe dunque questo un tiranno: qualcuno che manipola, ordina, impone la disciplina, punisce e ricompensa secondo le leggi sadiche e sovrane del male, della cattiveria e della menzogna, sotto i loro innumerevoli perfidi travestimenti dal ghigno soddisfatto, dalle uniformi fastose e ridicole, dalle isterie manifestate ora da grida acute e bestiali ora da gemiti infantili lamentosi e spaventati, ora da calci e scalpitìi da caprone infuriato, ora dalla glaciale immobilità del vampiro. 'Sì, sembra proprio che l'abbia già incontrato nei suoi incubi o nelle sue tribolazioni. Sembra che in una occasione o nell'altra, in qualche angolo della terra, !1bbiagià sopportato i suoi capricci e la sua avversione. Sì, ora ricorda, terrorizzato da queste catastrofi. Sì, sì, senza alcun dubbio, è anche un viso umano, benché nascosto sotto strati di cerone squamato e di creme colorate. Sì, sì, poveretto ... un vanitoso fanatico, vittima della chimera del potere, un pover'uomo, un solitario malaticcio che fa passare la sua debolezza per autorità, la sua paura per sicurezza, le sue malatti~ per forza e provocazione.

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