Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

SAGGI/MANEA Scrivendo i miei saggi - come quando, in tempi precedenti, scrivevo altri libri, specialmente L'apprendistato del clown Augusto ~ ho avuto molte occasioni per meditare sul processo di formazione attraverso la deformazione, sul conflitto fra le aspirazioni individuali e la pressione soffocante, oppressiva della "grande bestia", come Simone Weil chiamava la società. In uno stato totalitario, la chiusura della società e la compressione degli individui in una massa amorfa èontrollata non solo da guardiani . ma dagli stessi concittadini, è una soluzione brutale ai conflitti sociali che le demo.crazie affrontano umanamente e anche efficientemente. Posso immaginare l'apprendistato sociale di un individuo qualunque in un luogo qualunque come le avventure del clown Augusto ingannato da false promesse. A maggior ragione lo è la vita dell'artista, creatore professionale di chimere. Tuttavia l'esperienza totalitaria è incomparabile, una situazione estrema i cui limiti possono sempre essere estesi, la cui predisposizione al male dà origine a una patologia sociale cancerosa. Questa società non è monolitica,- come i Comunisti speravano e gli anti-Comunisti sostenevano; al contrario, era caratterizzata da duplicità e ambiguità, mascheramenti efalsità. Solo il padrone del circo e i suoi domatori di animali credevano nella onnipotente magia del terrore e nell'effetto ipnotizzante delle false promesse. Se la tragedia totalitaria non deve essere dimenticata, non va dimenticata neppure la commedia totalitaria - esse sono inseparabili. Lo scrittore, un elemento estremo in quella estrema' situazione, divenne un simbolo dell'impasse di una intera società. Charly e Arthur, clowns dell'Areno Nock'e I' "augusto" del Circo Bouer (do C. Stoub, Cyrcus). 46 Se vuole rimanere onesto, il sopravvissuto non può permettersi frivole illusioni o lamenti esagerati. In quanto scrittore, questo sopravvissuto può meglio capire, paradossalmente, che il gioco dell'arte può sì confrontare ma mai domare la "grande bestia". Ilfatto che Gustave Flaubert si vedesse come un saltimbanco non sembra più, in questo contesto, una posa: l'ironica vendetta che lo scrittore può ottenere consiste nel parodiare, nella sua prosa, , il Grande Avversario. (ottobre J 99/) Il L989 ha segnato non soltanto il duecentesimo anniversario della rivoluzione francese, ma anche il centenario della nascita di due figure che seppero sfruttare - ognuna a suo modo - la sete delle masse e la loro vulnerabilità, e malleabilità. "Era un vagabondo di una grande città, che aveva come letto una panchina qualsiasi del parco. Portava una bombetta nera e consunta, sulle spalle una finanziera troppo piccola per lui, e sia vestito che cappello tradivano lo sforzo tragicomico di apparire rispettabile. Si spostava dove tirava il vento e non aveva famiglia. E neanche amici. La gente conosceva le sue strane crisi, e lo considerava un clown. E questo è in effetti quello che è diventato, un clown carismatico - figura centrale di uno spettacolo di cui non solo recitava alla perfezione il ruolo principale, ma era allo stesso tempo anche autore, direttore, produttore e scenografo. Quando i suoi minuscoli baffetti erano diventati emblematici e lui stesso idolo di milioni di persone, una delle più grandi stelle di Hollywood disse di lui che era 'il più grande attore di tutti noi'. Il suo nome ernAdolf Hitler. Nato esattamente cento anni fa, il 20 aprile 1889."1 La star di Hollywood rimasta a· tal punto affascinata dalla capacità recitati va di Hitler altri non era che Charlie Chaplin, nato Per l'appunto cento anni fa, un centinaio di l•- ore prima di Hitler. Anche lui una figura ai 1 margini, un reietto della società. Il padre un '\ ubriacone, la madre vagava da un ospizio per i poveri all'altro, il figlio dormiva nei parchi o nelle stazioni, incapace di avere degli arnie\ e con delle difficoltà di comunicativa, "ma con un in-esisti bile fascino sulle masse" 2 . .Non solo divenne il grande artista che noi conosciamo, ma fu anche un perfetto realizzatore dei propri progetti artistici, tenendo saldamente Ìn pugno tutte le fasi della produzione - dalla musica fino ai finanziamenti. Charlie Chaplin era inevitabile che recitasse la parte del dittatore nel film omonimo. Nella famosa scena del frenetico gioco trionfante con una palla al posto del mappamondo l'attore esaspera la schizofrenia infantile del tiranno fino al grottesco. Una "induzione" di lucida demenza, quasi una

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