Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

STORIE/VllQUEZ MONTALBAN nostra avanzata con la rigidità dell'ussaro di Cernopol. Sitjar e io fummo incaricati di portarlo a casa e vi andammo con la mia auto perché Betriu aveva scelto un appartamento con giardino ai confini della Città Universitaria. - Non ci sarà nessuno. Non c'è mai nessuno. In culo a Hobsbawm. "Se la storia di ogni economia capitalista può essere studiata come esistente in se stessa (o nella sua relazione spontanea con altre economie, il che, in definitiva, è lo stesso), è pure essenziale analizzarla all'interno del quadro globale capitalista". A voi sembra possibile andare in giro a scrivere certe cazzate? Un piccolo giardino curato, con siepi regolari di belladonna · silvestre, alloro, piante aromatiche, rosmarino fiorito, un piccolo salice ben irrigato. Poi, lo spettacolo di una casa senza una parete libera, letteralmente foderata di libri, che sapeva di chiuso e di tabacco da pipa olandese. Cercammo la sua stanza al piano di sopra. Si lasciò cadere sul letto, ma si rivoltò collerico quando cominciammo a denudarlo, con l'ossessiva paranoia di coprirsi le vergogne con le mani incrociate. Lo lasciammo solo ad affrontare l'agonica rotazione del soffitto, la respirazione intasata di un ronfare. Sitjar cercò invano dei sali di frutta o l' AlkaSeltzer. lo ebbi più fortuna e trovai una bustina di camomilla. Mentre preparavo l'infusione, udii le grida di Sitjar dabbasso. Accorsi al richiamo, proveniente dalla cantina, scendendo per una scricchiolante scala di legno verniciata da poco. Sitjar mi aspettava alla luce di una lampadina che pendeva da un filo al centro del soffitto. Tutt'intorno si stendeva un mare di bottiglie vuote, disabitate ma ammiccanti, che inquadravano una vecchia poltrona ricoperta di plastica situata sotto la lampadina e accanto a un tavolino dove, aperto, c'era il libro La crisi del Progresso di Georges Friedman. · - Interessante. Prepara qui le lezioni. E Sitjar mi adduceva le prove del posacenere colmo di resti di tabacco da pipa, del bicchiere quasi consumato dal!' u ura, che conteneva ancora depositi di un liquore denso. - Drambuie, diagnosticò dopo averlo annusato. L'ordine e il nitore dell'abitazione di sopra si annullavano in questo antro-puzzolente di alcolici inaspriti e fermentati, coperto di polvere. La cantina aveva un'uscita diretta su una via secondaria, proprio al limite dei terreni della Città Universitaria, una frontiera delimitata dal muro di cinta di un convento di clarisse. Nell'aprire questa porta si°instaurò una lotta all'ultimo sangue fra l'aria rancida immagazzinata nella cantina e l'aroma di madreselva che proveniva dal presunto giardino delle clarisse. Non potei presenziare a lungo alla battaglia perché le grida di Sitjar mi reclamavano di nuovo. Aveva aperto la porta di uno stanzino per gli attrezzi, S(tminascosto dalle scansie per le bottiglie, e al suo interno, fra oggetti rotti, forconi, salumi appesi, era stato ricavato un camerino con toletta, lo specchio illuminato, un armadietto con le ante di legno in cui pendevano flaccidi parrucchini e barbe posticce. - E guarda questo! Questo era un pugno di ferro, uno spray soporifero per l'autodifesa, un coltello a serramanico con lama di quindici centimetri, creature ortopediche, erano contenute in un.cassetto che scorreva con difficoltà perché il legno era gonfio per 36 l'umidità. Lo scricchiolio delle scale ci fece abbandonare l'abitacolo e affrontare il barcollante Betriu, che cercava di scendere come se una raffica di tempesta tentasse di impedirglielo. - Dove siete? - Cercavamo l' Alka-Seltzer. - Credete che abbia una cantina piena di Alka-Seltzer? Questo è un ripostiglio per gli attrezzi. Ci girò le spalle e lo seguimmo. Si diresse senza tentennare al frigorifero, ne estrasse una caraffa di acqua gelata e bevve direttamente di lì, senza proteggersi dal liquido che gli scendeva dagli angoli della bocca e andava a inzuppargli la camicia appiccicandola al torace. Ruttò e tiro un sospiro con godereccia ansietà. - L'anice stronca i cavalli. I suoi scarsi capelli umidi cercavano tutte le direzioni possibili per mostrare le calvizie della sua testa, la bazzana rosea del cuoio cappelluto. Occhi malaticci, arrossati, come scorticati, privi di occhiali. Labbra gonfie dalla sete. Movimenti aggricciati come se avesse piombo in tutte le giunture del corpo. Il liquido che gli bagnava il petto sembrava una miscela di sudore e di olio sgocciolante dai lineamenti disfatti. - Sto già meglio. Grazie. Era uri invito ad andarcene. Mentre accompagnavo Sitjar alla facoltà, non facemmo alcun commento ma ciascuno pensava al mistero di quella cantina fatta a misura di un Betriu sconosciuto. Quella sera dovevo lavorare alla correzione delle ultime prove d'esame trimestrali, ma telefonai a Luisa per cenare in una locanda argentina aperta da poco sulla statale. - Perché tanta urgenza? - Sono depresso. - Per la storia della ragazza? Era stata una mia alunna. L'anno scorso diedi un breve corso su "Psicologia delle Masse e Informatica". È orribile. Lo collegano all'aggressione di due donne delle pulizie nella facoltà di Economia, una a gennaio e l'altra la scorsa primavera, quasi un anno fa. Allora ci furono soltanto violenza sessuale e botte. - E l'aggressore? - Non seppero o non vollero descri verio. Il procedimento fu lo stesso, ma le descrizioni erano diverse. Dà loro un colpo al buio, le intontisce, le minaccia, poi fa quello che riesce a fare, altre botte e ciao. Quasi senza parlare, con versi gutturali. Però questa volta ha esagerato. Le raccontai quanto accaduto con Betriu e i ritrovamenti in casa sua. Mi ascoltava con un'attenzione avida, come se mi imponesse di continuare a parlare con tutto il suo corpo, di dirle tutto più velocemente possibile. - L'altro giorno hai insinuato qualcosa a suo riguardo. - Era una confidenza personale che mi aveva fatto un' alunna. Adesso credo di dovertelo· raccontare. Sai com'è Betriu, timido, riservato. Nelle donne provoca un istinto materno. Una sera una mia alunna era in una discoteca della statale. Non era sola, era con il suo ragazzo ma in piena lite, cioè stavano tirando le somme e lasciandosi, perché le cose non funzionavano. Si erano fatti un paio di spinelli ed erano un po' sballati. D' improvviso videro Betriu a un'estremità del bancone, riparato dalla luce.

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