STORIE/VllQUEZ MONTALBAN fanno letteratura, i filosofi della tradizione culturale francese, "... letterati che sanno le cose a metà". Questa sarebbe la traduzione. - E adesso dicci il referente bibliografico esatto. - Non ho nessun problema. Compare in una lettera a Engels scritta nel 1873, raccolta nel Marx-Engels Werke, pubblicato da Dietz Verlag. Della pagina posso ricordarmi solo con un leggero sforzo. Rideva della sua stessa pedanteria. - La madonna! Osservò Sitjar, mentre cercava di sistemare i piedi, come oppressi dal peso della manifesta erudizione di Betriu. - È impossibile competere con questo tizio. Non mangia, non caga, non scopa. Studia soltanto. · Sitjar fingeva di mangiarsi un libro, come se in tale modo Betriu fornisse alimento alla propria scienza. ~ Stai usando la tattica sbagliata. Dovresti contrastare la mia esibizione con la tua, magari anche falsa. Le citazioni false sono infallibili, basta dar loro un minimo di verosimiglianza. Per esempio, Die Wissenschaftslogik bei Marx und "Das Kapital", di Jindrich Zeleney, esiste o non esiste? - Vai a farti benedire. Certo che esiste. Non leggo altro. -È vero. Esiste, pubblicato a Francoforte dallaEuropaische Verlaganstalt. E non soltanto questo libro esiste, ma dovresti anche leggerlo, perché Zeleney è uno dei più importanti studiosi marxisti di oggi. Devi controllare quella psicologia da numerario che ti è presa. Si nota che hai il posto sicuro. Se tu fossi un precario, adesso staresti cerc<!-ndodi dimostrarmi o che non ne so tanto quanto sembra o che l'esibizionismo di questo tipo porta alla frontiera dell'inutilità scientifica, dove comincia "l'inutile accumulazione di sapere;', come direbbe Adorno. È di Adorno questa citazione? -Piantala. Sitjar si avviò· verso le sue lezioni fingendo indignazione contro Betriu. Questi rideva aggrappato a un mio braccio, come se temesse di cadere dal ridere o che me ne andassi. -È una citazione falsa. Che io sappia, Adorno non l'ha mai scritto. - Sitjar in un certo senso ha ragione. È impossibile competere con te. Non so se sia verità o apparenza, ma dai l'impressione di vivere per lo studio. di non concepire il piacere di perder tempo. Betriu ordinò un caffè macchiato e una pasta, una qualsiasi. Sembrava riflettere attentamente su quanto gli avevo detto. - È vero e non è vero. Come tutto quanto concerne il comportamento delle persone. -Accade lo stesso a Colom quando fa il numero da arabista. Nitrì più che rispondere. - Non menzionare quel falsario, quel provocatore. Mi aspettavano centododici alunni preparati ad ascoltare tutto quanto sapevo sulla concezione piramidale della società nel Medioevo e lasciai Betriu a mangiarsi una madeleinette, si sarebbe detto proprio la stessa madeleinette di Proust, conservata nel suo burro originario. Stanco di sforzarmi di far diventare il Medioevo affascinante per centododici persone il cui problema immediato era quello di ottenere l'indennità di disoccupazione prima del Duemila, tornai al ristorante a bermi un bicchiere. Era gremito di studenti silenziosi, gli uni immersi nello studio, gli altri nel nulla. altri che chiacchieravano, e tutti che sembravano un'alternativa ali' imponente paesaggio della primavera in fiore che ci provocava dalle porte a vetri spalancate. Tre o quattro ragazze esponevano la scollatura, le gambe e le braccia nude alle prime aggressioni solari, laggiu sul prato, le gonne tirate su fino all'inguine e un cipiglio da belle addormentate con gli incubi. Avevano la stessa età di quando io mi maceravo accademicamente nel vecchio edificio universitario, fra clandestinità, conoscenze sommarie e morali adolescenziali. Nel rimirarle mi sembrava di poter succhiar loro il tempo perduto, come un vampiro nell'atto di rinnovare le cellule del proprio tempo morto. Volgendomi verso l'interno del locale, la carica di sole che i miei occhi avevano accumulato me lo rese buio e dopo due o tre passi tra le ombre mi avvicinai al bancone in cerca di uno stimolante contro la malinconia che mi aveva preso. Da un'altra vetrata, Betriu sembrava pure lui contemplare lo stesso spettacolo carnale che io avevo ammirato poco prima. Ordinai un bicchiere di Fino gelato e mi avvicinai a Betriu senza richiamare la·sua attenzione. Guardava i corpi delle ragazze come se gli facessero male agli occhi. - Ti piacciono? Dopo un sussulto mi offerse tutto il candore di questo mondo dai suoi occhi eccessivamente vitrei. -Cosa? - Quelle ragazze. -Ah. No. Non ci avevo fatto caso. Pensavo a com'era qui qualche anno fa. Ricordi quando cominciarono a costruire le facoltà? - Proprio un momento fa stavo ricordando il vecchio edificio, la vecchia Università. Era tutto molto diverso. E anche noi. Più repressi, inibiti, carichi di paure reali e astratte. - Le mie paure sono sempre state reali. - Che fortuna! Mi accomiatai senza riuscire a spiegarmi perché mi sentissi infastidito. Ma di fatto evitai di sedermi allo stesso tavolo di Bettiu, giustificandomi con me stesso con l'arrivo di Luisa e la necessità di appartàrmi con lei per insistere sul tema delle vacanze. Luisa mi domandò se sarei andato alla festa dei Royo, una coppia di professori aragonesi che. davano l'addio alla facoltà per tornarsene nella loro terra. - Se ne vanno, finalmen·te? - Se ne vanno. C'è chi dice che se ne vanno frustrati per la faccenda del catalano. - Nessuno li avrebbe obbligati a far lezione in catalano. - È una questione territoriale. Ci sono territori linguistici, e qualsiasi alterazione nel loro stat_µsviene vista prima come una seccatura, e poi come un'aggressione. Ci sono reazioni molto viscerali. Non la ridurrei a una questione di imperialismo ideologico castigliano e così via. Inoltre sono simpaticissimi. Vieni alla festa. Saranno molto contenti. Dillo anche agli altri. - Gli altri chi? Con un gesto, Luisa comprese l'intera sala del ristorante. Dopo mangiato comunicai l'invito agli altri professori presenti e ad alcuni alunni dei corsi superiori, proclivi ai rapporti
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