Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

Con un dito cercò di provocare mulinelli tra i peli del mio torace e ci riuscì quaranta centimetri più in basso. Mi dimenticai di Betriu finché non la accompagnai a casa a piedi sotto la luna piena di un maggio foriero di vacanze. Luisa non aveva voluto dedicarmi nemmeno una parte delle sue vacanze, voleva· approfittarne per un reincontro col marito e con i figli. - Vi vedete tutti i giorni! - Con lui ci parliamo appena. I bambini soffrono.L'estate può rimediare. Sempre si attende un'estate/ migliore/ e propizia per fare ciò che mai si fece. ~È tua? - È una mia poesia, molto adolescenziale. - Troppo adolescenziale, direi. Tornai a casa con una lentezza da notte propizia, senza altri testimoni che i declivi verdi del campo da golf: il muro di cinta dell'Università mi indicava la via del ritorno e la luna mi ipnotizzava fino a farmi restare immobile, e allora sentivo il latte bianco, gelato della guazza nelle giunture del mio corpo, sotto gb indumenti leggeri.L'associazione della luna al mito dell'uomo 1upo mi ricordò una vecchia conversazione con il dottor Riq uer, sui casi di licantropia raccolti dalle cronache galiziane del Basso Medioevo. Aveva dedicato un breve corso al tema delle superstizioni nella storia e nella letteratura, la lunga sopravvivenza dei miti raccolti dai grandi libri religiosi, la loro volgarizzazione a partire dalla formazione delle letterature nazionali e i relativi referenti storici. Desiderai improvvisamente il breve calore raccolto fra le pareti di casa mia e affrettai il passo per accedere alla zona residenziale. Il rumore di altri passi fece sì che rallentassi nuovamente il mio ritmo per individuarne la provenienza e la direzione. Venivano verso di me, sul marciapiede opposto, accompagnati dal canterellìo discontinuo di una canzonetta, e vennero a incarnarsi in un corpo concreto che saliva e scendeva capricciosamente il marciapiede, come dubitasse della strada da prendere o non controllasse il movimento dei propri piedi. Ripresi ad accelerare l'andatura per sorpassare il tizio evidentemente ubriaco e non curarmene ma, giuntogli a lato, non riuscii ad evitare che il mio occhio destro cercasse di vederlo, grasso e ciondolante, sommerso dall'ombra cubica delle case. Captai qualcosa di familiare in quel corpo, ma non osai voltarmi a verificarlo, perché temevo perfino il male minore di un dialogo confidenziale fra due livelb etilici diversi. Mi rimase addosso l'impressione di"familiarità e, ormai a casa, mi . venne in mente la possibilità che l'uomo di quella notte fosse nientemeno che Betriu. Sei influenzato dal malevolo sospetto di Luisa, mi dissi, prima di addormentarmi con la luce accesa, perché avevo conciliato il sonno con un articolo di Spaventa dal volume collettivo Industrializzazione e Sviluppo (Comunicaci6n, 24, Alberto Coraz6n Editor, Madrid 1974). - È curioso. Si tratta di un semplice articolo metodologico, ma com'è distante da qualsiasi possibilità di affrontare il tema oggi, a questo punto della crisi del modello di industrializzazione e sviluppo. Feci questa osservazione a Sitjar il giorno seguente, di fronte al bancone del bar-ristorante della facoltà, dove fumavano i nostri due caffè doppi.e scuri. - La scienza non è neutrale e la metodologia non è astorica. STORIE/V~QUEZ MONTALBAN FredricMarch, un mister Hyde del 1932. E tantomeno la metodologia che può venire dall'Italia. - Ecco che viene fuori il germanofilo. - Chi è germanofilo? La domanda veniva da Betriu, alle nostre spalle, che non terminò il gesto di abbracciarci entrambi con le sue due braccia aperte, corte, grasse, che fini vano in due manine paffute con dita da bambino che si masturba. Perché da bambino che si masturba? Analizzai la mia metafora mentre ascoltavo e non ascoltavo la . convers~zione fra Betriu e Sitjar. - Sei una vittima dello sciovinismo di Marx, ereditato dai . suoi seguaci; diceva Betriu. - Halbwissende literati ... così qualifica Marx i filosofi che 33

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