Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

CONFRONTI La seconda morte di Tadeusz Kantor Guy Scarpetta Poco più di un anno fa, 1'8 dicembre 1990, moriva Tadeusz Kantor. Alla tristezza di chi lo ha amato, alla sensazione di irrimediabile perdita che ha lasciato la scomparsa di uno dei più grandi creatori di questo secolo, si aggiunge anche, ahimé, una sensazione di malessere, su cui vorrei dire qualche parola. Da dove viene questo malessere? Dal modo in cui l'arte di Kantor, presa in consegna dagli attori della sua troupe (il Teatro Cricot), è oggi proposta e prolungata. Mi si capisca bene: non ho nessuna intenzione, qui, di mescolarmi agli inutili litigi sulla successione, o sulla vedovanza, che hanno fatto seguito alla sua morte; e ancor meno mettermi sullo stesso terreno di chi, oggi, si presenta senza problemi come "erede" dell'autore della Classe morta. Ma mi sembra invece legittimo porre, concretamente, il problema della difficile gestione postuma di una tale opera teatrale; e soprattutto di interrogare il modo in cui certi spettacoli, da un anno a questa parte, continuano a essere chiamati "teatro di Kantor" o "regie di Kantor" -quando Kantor non è più là per garantire o sconfessare il valore di tali affermazioni. Vale la pena di ricordare, qui, alcuni degli elementi che, Kantor vivo, definivano la sua estetica teatrale. 1 °) Un controllo strettissimo della temporalità dei suoi spettacoli, e dei suoi ritmi: posso testimoniare che questo punto era oggetto di un'estremaattenzioneda parte sua, tanto più che questa temporalità, all'interno della sua arte teatrale, non era frutto di regole pre-stabilite (come, ad esempio, per Bob Wilson) ma era il risultato ultimo di quello che avveniva sulla scena, in funzione della maggior o minore densità dei movimenti e dei segni scelti. 2°) La presenza di Kantor stesso sulla scena, che recitava il proprio ruolo di regista, di "manipolatore" dei personaggi e delle · situazioni; presenza relativamente discreta, o localizzata, nei suoi primi spettacoli (La classe morta, Wielopole Wielopole ), poi sempre più accentuata, attiva, continua, in rapporto alla consistenza esplicitamente autobiografica dei suoi spettacoli (a partire da lo non tornerò più). 3°) Una concezione essenzialmente pittorica dell'equilibrio e della tensione tra i segni riuniti sulla scena, testimoniano di una vera estetica del pittore durante il lavoro sulla scena stessa. Mi sia permesso, qui, riportare una parte delle dichiarazioni che Kantor mi fece quando lo intervistai a Cracovia, nella primavera del 19891 : "Quando aggiungo un elemento che non ho previsto inizialmente, allora devo cambiare tutto l'insieme. Devo togliere qualcos'altro. O trovargli un'eco, un contrasto. Per esempio, nella Classe morta, un giorno l'attore che interpretava la parte della cameriera non ha potuto recitare e ho dovuto sostituirlo con un attore che aveva un carattere coinpletamente diverso. Non era più la cameriera molto dura, molto autoritaria che dirige tutti quei vecchi a bacchetta, e che si trasforma alla fine nella Morte. Così ho dovuto cambiare tutte le reazioni degli 'allievi' ... Il sostituto era piuttosto comicò. Perciò ho dovuto modificare la reazione di tutti gli altri attori, in modo che fossero un po' più seri durante tutto lo spettacolo. E' per questo che, secondo me, gli spettacoli sono degli organismi viventi. Basta modificare un solo elemento per dover cambiare tutto". Quello che dimostrano queste frasi, in maniera molto evidente, è la concezione "pittorica" con cui ~ Kantor si muoveva nell'elaborare il suo teatro: sapendo d'istinto che non si può sopprimere o modificare un solo elemento senza che tutto l'insieme non venga modificato, e che la modificazione del più piccolo segno comporta la necessità di trasformare tutto l'insieme. Il tradimento Allora, bisogna riconoscere che queste idee essenziali sono state completamente dimenticate, o tradite, nelle rappresentazioni che gli attori del Teatro Cricot hanno offerto al pubblico dopo la morte di Kantor. Cosa che del resto è piuttosto logica: è evidente che un tale controllo dei segni (del loro equilibrio, dei loro legami sottintesi, delle loro eco, dei loro contraDisegno di Todeusz Kontor. sti) è impensabile da parte di qualcun altro che non siRKantor stesso. E ancora: se si voleva restare fedeli ai principi che ho appena esposto, era evidente che dal momento in cui l'autore Kantor non era più presente sulla scena, tutto l'insieme dello spettacolo avrebbe dovuto essere modificato - cosa che solo lui avrebbe potuto fare. Da cui deriva la totale assurdità di pensare che delle "regie di Kantor" avrebbero potuto sopravvivergli. Per spiegarmi meglio farò riferimento allo spettacolo ( Oggi è il mio compleanno) che era rimasto incompiuto alla sua morte e che pure ha g1rato un po' in tutto il mondo presentato (abusivamente) come "l'ultima messa iri scena di Kantor". Più di un punto merita di essere sottolineato: - La prima sequenza, piuttosto lunga, era composta da un dialogo tra Kantor stesso (presente sulla scena) e i suoi "personaggi", interpretati da attori incorniciati da grandi quadri messi su cavalletti (come se si trattasse di personaggi dipinti) e che, poco a 'poco, se la prendevano con il loro "autore", gli si rivoltavano contro, uscivano dalle loro comici e Kantor faceva molta fatica a

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