Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

IL CONTESTO Quali sarebbero i passi necessari? Il superamento di questi gravi deficit e tutti gli sforzi per rendere la Comunità Europea più democratica, più federalista e più "pan-europea", dovranno dunque andare in direzione di una profonda ristrutturazione (forse bisognerebbe dire rifondazione)· della CE, ed in particolare verso: - il primato della politica piuttosto che dell'economia e della moneta, e quindi forte approfondimento della dimensione politica dell'integrazione europea, anche indipendentemente dal progresso e dal consolidamento· di una unione economica e monetaria (per ora sicuramente solo occidentale); a questo proposito possono utilmente influire anche altri "tavoli" dell'integrazione europea, quali la CSCE (Conferenza per la sicurezza e · cooperazione in Europa), o il Consiglio d'Europa; - deciso inserimento di elementi democratici (non solo parlamentari) nel processo di integrazione europea, per non confinarlo ulteriormente in una dimensione tutta economica ed inter-governativa; · - piena apertura a tutti quei paesi europei che desiderino entrare nella Comunità ("più Est", in buona sostanza), elemento che richiederà naturalmente la parziale ristrutturazione delle caratteristiche attuali della CE per evolverla verso una reale "casa comune europea"; possibilità di una partecipazione politica alla CE senza invece la partecipazione al mercato comune; ANTOLOGIA la gente che mangia quando vuole e la gente chemangia quando può Carlo Dossi - regionalismo, autonomie, tutela delle minoranze come elementi co-essenziali dell'architettura interna di una tale Comunità europea: le concessioni alla "sussidiarietà" sinora previste sono assolutamente insufficienti. In un simile contesto dovrebbero poter trovare spazio anche "regioni europee" che superino_le attuali frontiere statuali europee. Una vincolante "Carta dei diritti delle etnie e delle minoranze" ed una garanzia minima vincolante per tutti i membri della Comunità che obblighi al decentramento del potere statuale e all'adozione di ordinamenti autonomisti e regionalisti dovrebbe far parte degli elementi costitutivi e delle condizioni imprescindibili per l'appartenenza alla Comunità. Concludendo vorrei dire che probabilmente solo lo sviluppo di un federalismo democratico, autonomistico, pan-europeo può offire gli strumenti possibili e credibili per realizzare una politica e cultura della convivenza e dell'autodeterminazione democratica - e dunque· un'alternativa sufficientemente "attraente" alla disgregazione nazionalista. Il ritorno agli stati nazionali non può essere la prospettiva risolutiva e pacificatrice, nè lo può essere l'unilaterale integrazione "occidentale" dell'Europa ricca con la conseguente "sud-americanizzazione" dell'Europa centrale ed orientale. Per scegliere tra queste prospettive il tempo che ci rimane non è lungo. (Relazione tenuta al Convegno Localismi, nazionalità ed etnie, · Istituto Maritain, Preganziolffreviso, 6.12.1991) Sàtur est quum dicit Horàtius: Jeuhoe! Juvenalis. Alla prima edizione di questo "bozzetto,,· in un volume di Tutte le opere di Carlo Dossi · (Milano, Treves, 1913), Gian Pietro Lucini, curatore dell'opera, premetteva questa nota: Frammenti, bozzetti staccati, pagine umoristiche erano già apparsi sui periodici, dalla lontana "Cronaca grigia" del 1872 alla più recente "Cronaca bizantina" del 1884 ed in su "-La Riforma" a firma Luigi Perelli e Carlo Dossi, quando si raccolsero in questo Campionario. Di cui la prima edizione, come primo volume di Ritratti umani - ma ultimo, uscito nella serie cronologica e pur stipite in quella logica - vide la luce con questo frontespizio: "Dossi e Perelli, Ritratti umani (Campionario), Milano, Fratelli Dumolard, 1885". ste riflessioni le ha sempre fatte, il fenomeno, oltre che sospetto, scatena rabbia e seffSOdi disgusto. La pagina del Dossi serva allora almeno a stemperare lo stucchevole falso idealismo con un po' di sano, s·ulfureo, scetticismo. Ecco la gran distinzione di tùtti i secoli e di tutte le società, ecco il nettissimo taglio che, facendo del formicaio umano due parti, mostra chiarissimamente perché mai una la pensi sempre ad un modo e l'altra affatto all'opposto. È questa una distinzione, come Bajardo, "sans reproche et sans peur": di così semplice veste non usa che la Verità. Se tanti fisici occhiuti, filòsofi meditabondi, fantasiosi teòlogi, non l'hanno, prima di mè, sverginata, vuol dire che, ciechi per elezione la oltrepassàrono apposta, come fàcile troppo e quindi indegna di essi, continuando perciò a traccheggiare sull'usta di certi loro sistemi che sèntono lontano un miglio la molta smolloccolatura e i I frequente tabacco. Vero è b~ne, la distinzione tra oppressori ed Gli anni trascorsi non tolgono nulla la sapore della prosa dossiana. Sia ben chiaro: non si parla qui della sua peculiarità stilistica ma, proprio, dei significati che vi sono legati. C'è una generale melliflua esortazione che, con toni variabili dal goffo 'volemose bbene' al gesuitico 'onestà antimaterialista ', impregna ogni aspetto della realtà di questi primi anni '90. Un fenomeno di questo tipo dovrebbe suscitare non pochi sospetti in chi rifletta davvero sulle caratteristiche del mondo "civile" contemporaneo. In chi, poi, que22 Carlo Dossi e la figlia Bianca (archivio Garzanti). (Fabrizio Bagatti)

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